L’abisso dello spettacolo. Andata e ritorno. su “Contro la comunicazione” di Mario Perniola


controlacomunicazioneperniolaMario Perniola inizia il suo ultimo lavoro, “Contro la comunicazione” raccontando tre brevi storielle, indicative dell’atmosfera, forse meglio dire ‘pneumosfera’, della quale si avvolge il mondo della comunicazione. Farò ugualmente anche io, raccontando un aneddoto. Sono stato iscritto alla facoltà di Filosofia di Lecce dal 1995 al 2002, anno in cui mi sono laureato. Nel 1995 i corridoi di Palazzo Parlangeli erano sempre affollati di studenti, si poteva addirittura fumare, praticamente dovunque, e una delle scene più consuete era rappresentata dallo studente/studentessa, seduto/a sui gradini delle scale a chiocciola in puro cemento armato non rivestito, a leggere un libro (Hegel, Feyerabend, Kant). Il nostro professore di Estetica, ogni tanto, si accendeva una sigaretta in aula durante la lezione, mentre quello di Teoretica non alzava lo sguardo dal testo della Gessammelte di Kant, prima leggendo in tedesco e poi traducendo a memoria. Nel 21002, anno in cui ho abbandonato quei corridoi non si poteva più fumare e, gli iscritti al corso di laurea erano una quarantina. Dov’erano finiti tutti gli altri? Forse perduti nel passaggio tra un vecchio un nuovo ed un nuovissimo ordinamento, persi alla ricerca di un metodo che potesse trasformare in lavoro una laurea. Dove si iscrivevano i nuovi diciottenni, freschi di maturità? A SdC. Ed è lì che sono confluiti, insieme ad un cngruo numero di interessati alla materia un altrettanto congruo numero di disinteressati alle facoltà scientifiche (di cui SdC conserva l’aura, per molti e poco convinti, di tecnico esoterismo). Il carattere trasversale di SdC, molto più accattivante della trasversalità di saperi offerta dalla facoltà di Filosofia, ha fatto centro. Fine dell’aneddoto, con l’indicazione che anche a Filosofia c’erano molti studenti parcheggiati. Importante per comprendere come la lettura dfi questo saggio interessi una larga parte di ‘pubblico’, per due motivi. Il più importante è forse quello che in questo testo si tenta di individuare una soluzione che va oltre la critica di uno stato delle cose. Perniola nel suo testo analizza i caratteri distintivi della comunicazione, con esiti che sono centrati :”[…] emerge una differenz rilevante con lo spettacolo: buon attore è chi sa recitare in modo coerente molte parti di una commedia, ma buon comunicatore è chi, pur non interpretandone bene nessuna, riesce sempre ad occupare la scena”. Nell’era della comunicazione il modulo in voga è quello della ‘performance’, e del tentativo consumato di eternizzare l’effimero, in ciò, la comunicazione, anche grazie ad “una catena di ingenui pronti a scrivere la storia dell’ultima idiozia”, compie la sua opera in modo egregio.
Il concetto sosstenuto da Perniola è che la comunicazione, con la scusa di presentare la superficie con tutto il suo sfavillante splendore, nasconde invece un sostrato di oscurantismo, la pretesa e scultorea eternizzazione dell’attimo, comunicazione del nulla. La comunicazione necessita di una soglia d’attenzione da mantenere sempre alta per nascondere il vuoto. Perniola affronta diversi ambiti/accezioni sotto il profilo della comunicazione, il segreto, la violenza, la new economy, ma anche la vita, i valori, la pornografia, il fascismo e altri, fino al termine ‘obliquità’.
La prima parte del testo è dedicata infatti agli aspetti della comunicazione. ne deriverebbe un quadro molto poco confortante se la seconda parte non fosse dedicata all’estetica e alle sue chance di vittoria critica sulla comunicazione. Mario Perniola insegna per l’appunto Estetica presso l’Università Tor Vergata di Roma e presso l’Università di Kyoto. Ma torniamo alla facoltà di SdC, dopo un’attenta analisi comparata di fascismo e comunicazione Perniola parla degli studenti: “Quando una massa enorme di studenti si accalca davanti alle segreterie dei corsi di comunicazione, essa offre uno spettacolo che è indubbiamente più rassicurante delle adunate fasciste, perché non vuole <<credere, obbedire, combattere>> ma sostituire il lavoro col gioco, Thanatos con Eros, la guerra con la pace universale. La mia simpatia è tuttavia piena di mestizia, perché sono destinati a essere gabbati non meno dei loro antenati fascisti”.
A conclusione della prima parte, saremo in sospeso con una domanda: dopo che l’insensatezza della comunicazione viene fatta discendere ed è affiancata all’insensatezza del pensiero occidentale, pervasiva, invasiva, livellante e distruttiva, dopo di ciò, esiste qualcosa che può contrapporsi alla comunicazione? Esiste una superficie altrettanto forte, ma dotata di un’ontologia propria, tale da prevaricare ogni paradosso e resistere allo strapotere del nulla, magari utilizzando mezzi che apparentemente, per alcuni, possono sembrare simili? La risposta sottintesa è un sì, l’affermazione di Perniola è Estetica. L’estetica dispone di tutta una serie di sfaccettature –non ultima la sua storicità, intesa come riflessione su diversi concetti filosofici – che la mettono nelle condizioni di contrapporsi allo strapotere della comunicazione massmediatica. In questo senso va intesa non una sua riscoperta, di cui questo testo non vuole tessere l’incominciamento, bensì una sua attuazione come forma di resistenza e lotta.

Mario Perniola, Contro la comunicazione, Einaudi, 2004