Giù le mani da Punta Palacìa


Ricevo da Valentina Stamerra all’indirizzo di Musicaos.it e pubblico
GIURISTI DEMOCRATICI LECCE
Via Lamarmora 2 -73100 Lecce – 0832/301734 e 349/2874987

GIÙ LE MANI DA PUNTA PALACÌA


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La Marina Militare Italiana, nel 2006, ha presentato al Comune di Otranto (Provincia di Lecce), per conoscenza e senza richiedere pareri o autorizzazioni, un progetto di ampliamento della base militare presente sulla scogliera di Punta Palacìa (o Palascìa), il punto più a est di Italia di una bellezza paesaggistica indescrivibile.
Punta Palacìa fa parte a pieno Titolo del Parco Naturale di Otranto-Leuca, recentemente istituito dalla Regione Puglia e sarà presto incluso nel costituendo Parco Marino. Si tratta dunque di un sito di interesse paesaggistico ai sensi dell’art. 142 del Decreto n. 42/2004 “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”.
Il progetto prevede una costruzione destinata ad alloggi per la Marina, due torri di cemento alte 11 metri ciascuna, un grande parcheggio per i mezzi della Marina e la ristrutturazione di un edificio già esistente.
Le associazioni locali, che hanno già coinvolto, ove esistenti, le rispettive sedi nazionali (Giuristi Democratici, Legambiente, Coppula Tisa, Cultura Ambiente, SOS Coste, Comitato Giù le mani dalle coste, Gruppo speleologico Andronico, Forum Donne Native e Migranti, Meetup leccese di Beppe Grillo, Coordinamento Salentino contro la Guerra e le basi militari, Manifatture Cnos, Arci Terra Rossa, Circolo Arci Zei, Comitato contro Eolico, Accademia Kronos, Comitato contro la 275, Comitato No Tav, Verdi e Rifondazione Comunista) stanno organizzando la costituzione di un Comitato di Coordinamento “Giù le mani da Punta Palacìa” ed hanno già chiesto di essere invitati a partecipare alla Conferenza di Servizi.
La Conferenza di Servizi è stata chiesta dal Comune di Otranto sulla base dell’art. 147 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio D.Lgs. 22.1.2004, n. 42.
La Marina Militare riterrebbe che, trattandosi di territorio appartenente al demanio militare, l’Autorizzazione paesaggistica delle Autorità Amministrative locali non sia necessaria.
Le leggi recenti e l’interpretazione datane dalla Cassazione penale e dal Consiglio di Stato, però, richiedono detta autorizzazione come necessaria, ravvisando il reato di deturpazione delle bellezze naturali (art. 734 c.p.) che ora dovrebbe essere assorbito, secondo il principio di specialità, dal più grave delitto di Opere eseguite in assenza di autorizzazione di cui all’art. 181 D. Lgs. N. 42/2004, in caso di realizzazione delle opere senza l’autorizzazione paesistica.
Le sentenze citate sono Cass. Pen. Sez. III 24-11-1995, n. 12570 e Cons. di Stato 7-10-1997, n. 560, il parere del Consiglio di Stato è il n. 852/99 del 25-10-2000 e Sentenza Semplificata Cons. Stato 6312/2005.
In base a queste pronunce “anche le opere destinate alla difesa militare sono soggette alle leggi a tutela del paesaggio e la loro costruzione in zona vincolata necessita, pertanto, della preventiva comparazione con l’interesse alla cui tutela è posto il vincolo paesaggistico, perché la Costituzione attribuisce al paesaggio (art. 9) un valore primario che non può essere sacrificato a quell’altro, di pari dignità, della sicurezza del paese (art. 52)” (Cass. Pen. Sez. III 24-11-1995). Ed ancora: “Deve ritenersi necessaria l’autorizzazione paesistica per tutte le opere destinate alla difesa nazionale ivi inclusi gli alloggi di servizio anche se realizzate su aree ubicate all’interno di basi militari o al diretto servizio di esse” (Cons. Stato 6312/2005).
Anche il parere del Consiglio di Stato n. 852/99 sostiene l’obbligatorietà dell’autorizzazione paesaggistica per tutte le opere militari.
Autorità chiamate a partecipare alla Conferenza di Servizi sono il Comitato Misto Paritetico fra Autorità Militare e Regioni o Province Autonome (istituito dalla l. n. 898/1976 e d. P.R. n. 780/1979) l’Ufficio Parco, La Regione o l’Ente Locale eventualmente delegato dalla Regione per tali funzioni.
Le istituzioni locali (Regione Puglia Comune di Otranto e Provincia di Lecce) stanno lavorando per cercare un dialogo con la Marina Militare e, unitamente alle associazioni, che hanno assunto una posizione consistente in un netto rifiuto a qualsiasi intervento di impatto ambientale su Punta Palacìa, stanno cercando di salvaguardare il proprio territorio.
Il partito di Rifondazione Comunista sta lavorando per presentare un’interrogazione parlamentare.
Gli obiettivi del costituendo Comitato sono di mobilitazione della popolazione, di monitoraggio e di partecipazione attiva di cittadini ed istituzioni, che si concretizzerà oltre che in manifestazioni e richieste alle Autorità, anche nella partecipazione alla Conferenza di Servizi ed eventualmente nella proposizione del ricorso al TAR o (in mancanza di autorizzazione) di un esposto alla Procura della Repubblica.

 

Avv. Valentina Stamerra
– Giuristi Democratici Lecce –

“Re Kappa” su “loSchermo” di Lucca


“Carta” – abbiamo letto per voi…
del 03/08/2007 di Flavia Piccinni

E’ il precariato, il tema del momento. Lo sa bene l’editore che chiama nel cuore della notte lo scrittore e gli dice: se non lo scrivi tu, lo faccio scrivere ad un altro. Inizia così il bel libro di Luciano Pagano, trentenne salentino con il pallino per la letteratura. Pagano dirige infatti la rivista elettronica Musicaos.it ed è redattore dell’interessante Tabula Rasa, pubblicata dalla stessa Besa che ha mandato in stampa il suo esordio. Re Kappa è il diario di una vita, fra il giugno 2005 e l’ottobre 2006, che apparentemente sembra bloccata e, in realtà, si dipana fra cambi di facoltà, rivalità letterarie e non solo. Nodo centrale del romanzo è la scrittura. Il problema che le ruota intorno, e arriva a inglobare le pareti della stessa narrazione, è il desiderio di fare della scrittura un lavoro. Pagano però conosce le difficoltà che un giovane aspirante autore deve affrontare e tutti i personaggi che ruotano intorno al portafogli vuoto, il frigo vuoto, il vuoto dentro, sono armi che accumula e che con il caldo salentino si squagliano al sole, ricomponendosi in quella misteriosa figura che è Michel Benoit, emblema di quel mondo letterario che osanna e s’inchina alle promesse mai mantenute. Benoit, nella fattispecie, per uno strano processo d’alchimia, deve la sua fama a Céline, di cui dice di possedere il leggendario manoscritto della Volonté du roi Krogold. Così, fra citazioni del Maestro francese, riflessioni mistiche e letterarie, il viaggio di Re Kappa si concluderà con un’amara riflessione, fulcro di ogni pensiero che ossessiona chi scrive: se è più facile barare perché continuare a sudare sulle proprie carte? La risposta è in questo incredibile esordio, che è giri di carte e giri di vite in quel mondo bicefalo che è l’editoria.

Di precariato hanno parlato in tanti. Penso ad Aldo Nove o a Mario Desiati. Il primo aveva scelto un’impegno quasi militare, e il secondo una storia d’amore. E lei, come mai hai fatto questa scelta?
“In realtà nel mio romanzo il precariato non entra in gioco come tematica bensì fa da ‘sfondo’ ambientale a ciò che accade, qualcosa contro cui dobbiamo lottare e che dobbiamo al tempo stesso accettare in via provvisoria, il vero precariato del protagonista senza nome di “Re Kappa” è forse quello dei rapporti che regolano il funzionamento di un mondo, quello culturale ed editoriale che lo circonda”.

La scrittura. La scrittura come lavoro, la scrittura come svago, la scrittura come ossessione. Il libro ruota intorno alla narrazione e, per lei, che cosa rappresenta scrivere? La visione del protagonista è autobiografica?
“Il personaggio non è autobiografico per quanto riguarda la vita, non al cento per cento, non quanto non lo sia nei pensieri, che rendono in modo alterato e eccessivo alcuni punti di vista personali.
Per me la scrittura ha sempre rappresentato e continua a rappresentare la necessità di comunicare me stesso agli altri e, in questa comunicazione, filtrare il mondo”
.

Il problema dei trentenni sembra quello di non riuscire a trovare un lavoro che corrisponda pienamente a quello che vogliono. Crede che effettivamente sia così?
“Il problema dei trentenni è forse più nel fatto di vivere in una società che ha concesso di arrivare fino a quell’età senza un inserimento possibile nel mondo del lavoro, molto spesso si tratta anche di giovani laureati, un peccato perché la loro formazione è un bene prezioso. Quello di cui mi rendo conto guardandomi attorno è che il lavoro non manca, semmai il governo presente ha ereditato strumenti legislativi (e dissesto) che rendono più difficoltosa una stabilizzazione in termini economici del lavoro precario. A ciò si aggiunge il fatto che l’Italia è un paese di evasori fiscali genetici”.

Call center, pubblicazioni a pagamento, aiuti economici da parte di parenti e istabilità emotiva. La generazione che descrive è quella che vorrebbe avere tutto e invece non ha niente, non ha quello che vuole almeno. La realtà è questa?
“Per quanto riguarda la descrizione del precariato in “Re Kappa” mi piacerebbe che emergesse il senso di fretta congenita di questa generazione, una fretta dovuta all’ansia di raggiungere senza un abbozzo di futuro l’età in cui non ci è dato più di porre le basi per costruire un futuro”.

Il pubblico spesso viene descritto come un ammasso di lettori cui è facile modificare il gusto. Crede che sia effettivamente così?
“Per nulla. I lettori non sono un ammasso, i lettori costituiscono una massa soltanto quando vengono considerati come acquirenti, in tal modo possono essere suddivisi in base agli acquisti, si può tentare di individuarne i gusti e prevederne i desideri, con un grande margine di errore e fallibilità, grazie al cielo. Prima di ciò i lettori non esistono, ma esiste il lettore”.

Il libro si conclude con un’epistola al lettore. Le piacerebbe essere contattato come chiede ‘Re Kappa’?
“In parte è ciò che sta accadendo, mi riferisco alle email che sto ricevendo da marzo in qua dai lettori e dai critici”.

Il tempo di vita medio di una bottiglia di plastica è maggiore di quello di un romanzo”. Si conclude così il romanzo. È una constatazione amara, come le riflessioni disseminate nel libro. Perché dice così?
“È il modo che mi è venuto in mente, parlo in particolare per la frase conclusiva, per rendere al lettore quello scoramento che a volte provano i critici, i lettori appassionati e gli scrittori, quando si accorgono che il tempo e le contingenze non ci permettono di dedicarci come vorremmo alla lettura dei libri che più ci interessano. È triste pensare che nella mare magnum delle pubblicazioni annuali di narrativa, poesia e saggistica, si potranno scegliere soltanto una manciata di titoli, piccola se paragonata agli sforzi e all’ingegno che ogni autore, nel bene e nel male, ha speso per cercare di raggiungere l’altro, il lettore”.

È facile barare. Chi crede che siano i Michel Benoit dei nostri tempi?
“Chiunque non si comporti con onestà, non solo intellettuale”.

Che consiglio darebbe ad uno scrittore giovane per pubblicare?
“Di non fermarsi al primo ostacolo ma nemmeno alla prima offerta”.

da loSchermo di Lucca del 3 Agosto 2007