“Troppi paradisi” di Walter Siti. Una lettura.


waltersiti_troppiparadisi.jpgTroppi paradisi”, il terzo romanzo pubblicato da Walter Siti, racchiude una dimostrazione – non la dimostrazione – di come sia possibile, per le lettere, continuare a generarsi di continuo, al di là di ogni dibattito, sulla propria materia vitale, trasversale, sorvolando le operemondo e le fiction e le faction e le novel e le antinovel. Questa è una di quelle opere che azzera il contatore e ci riporta in direzione di una ricerca che coniuga almeno tre aspetti fondamentali. Il primo, l’autobiografia in letteratura; l’ammirazione che il “Walter Siti” (personaggio del romanzo) esprime nei confronti di Alberto Arbasino è segnale di una filiazione/fratellazione diretta – scolastica in certi punti – con la leggerezza e la vitalità di certe pagine aeree contenute in “Fratelli d’Italia”. Siti è un ottimo descrittore delle dinamiche psichiche della mediocrità, che qui è sinonimo di quotidianità progredita d’occidente. Già dalle prime pagine del capitolo che contiene la disanima del suo rapporto di sessantenne con i genitori ‘resistenti’ in ogni senso al suo essere arrivato ad occupare una posizione comprendiamo che in questo romanzo ogni convenzione e singola ipocrisia verranno passate ad un setaccio finissimo. Il secondo elemento che viene dichiarato è il rapporto tra realtà e finzione, un rapporto che a mio parere non è così cruciale (così come appare nell’economia della narrazione), non come sembrerebbe in virtù di una dichiarazione iniziale che risulta essere più un salvacondotto della veridicità del personaggio e non della materia, poco importa che i nomi e i cognomi siano o non siano quelli, bastano gli asterischi disseminati se uno vuole celare davvero, una volta nel romanzo la sospensione è in atto, crediamo ciecamente ad ogni cosa che viene letta, detta, dai personaggi. Un’autobiografia ‘contraffatta’, una realtà che replica la realtà in modo identico, l’identità vera è infatti possibile soltanto nella similitudine approssimata del reale. “Troppi paradisi” è un romanzo sull’amore che emoziona le persona, è un romanzo sulla possibilità di provare un amore disperato e dissennato, a tutti i costi. Il gossip e lo sfondo socio-televisivo presenti nel romanzo sono nella norma ambientale cui il lettore odierno – non solo di libri – è abituato, l’impatto che i reality-show hanno avuto nell’immaginario del nostro paese ha fatto sì che tutti conoscano Taricone come in un tempo mitico Ercole, quindi sorvolati l’agio e il disagio (per chi rifiuti di datarsi all’oggidì) di questa invasività mi(s)tica è l’amore che domina la narrazione, con l’attrazione, i dispetti, la dipendenza e i sospetti, le lontananze, i ricongiungimenti. Sergio ha trent’anni in meno di Walter, il protagonista che lo vede come un nipote; Sergio è dominato da un desiderio di arrivare apparendo, ignaro di tutto ciò che si nasconde dietro un sorriso o un ingaggio per un programma televisivo; pagherà le conseguenze di questo suo carattere con una breve esclusione dal suo mondo preferito, dimostrando la capacità di riprendersi e conquistare una sua autonomia che coinciderà con un’autonomia/affrancatura affettuosa da “Walter Siti”, il mediocre virtuoso. Interessante il racconto delle ‘voci’ legate alla presunta pedofilia, cresciute e diradate nel sottobosco di personaggi dubbi (Mario Lucchi et coetera); queste voci rischiano di far naufragare per sempre ogni tentativo di Sergio al crearsi un’immagine e una professione. L’effimero e la fragilità dei Personaggi Televisivi abbondano, l’incapacità di interagire con le persone normali. Walter ha bisogno di sesso (e di Sergio), cercherà di ampliare le sue esperienze e conoscenze con ragazzi a pagamento, toccando i vertici della mediocrità e dell’abiezione, senza mai perdere se stesso e – il Walter Siti autore – senza smarrire la bravura nella narrazione. Walter non è ricchissimo, conosciuto Marcello, il secondo amore nel romanzo, decide addirittura di trascorrere sei mesi (giugno/dicembre) spendendo e vivendo oltre il limite massimo delle sue possibilità. Marcello sembra incarnare il ‘Riccetto’ pasoliniano elevato all’ennesima potenza e calato nella contemporaneità del mondo fitness, degli elettrostimolatori e delle droghe dopanti, si accompagna ad un corpo perfetto che coincide con la sua anima, anch’essa tutta visibile, spontanea e priva di macchie; il suo corpo e la sua anima sono quelli di un super-puer che è tutto lì, prendere e prendere, l’amore di Walter è così meno cerebrale, meno ansioso di doversi a tutti i costi mutare per essergli il più vicino possibile, dovrà fare quattro lavori (sempre meglio che lavorare! diceva a Sergio) per mantenerlo. C’è un elemento tragico, sotteso alla narrazione, che è continuo, la morte (Alfredo, Renatone) non è un campanello d’allarme utilizzato dal narratore per riportare alla realtà con la sua crudezza, la morte serve ai personaggi per accorgersi d’un tratto di essere cose vere, tante autobiografie romanzate e non una soltanto affollano questo romanzo. Le stranezze promosse ad epifanie, si potrebbe dire per sovvertire una frase presente in “Troppi paradisi”, a voi sciogliere l’enigma. L’amore di “Troppi paradisi” è l’amore bisessuale, le donne che compaiono nel romanzo sono o apparentemente disturbate dall’omosessualità (la Catapano protettrice artistica e iniziatica di Sergio), oppure, come Chiara (la pseudocompagna di Marcello), sono disposte ad accettare un quasi-tutto sempre celato, narrato e descritto da Walter (il filtro credibile), tutto pur di riuscire a far fede all’immagine di rapporto che si sono costruite come materialmente accettabile, “a proposito di donne sole e infelici”. Il fatto di essere rappresentazione di una ‘realtà depotenziata’ (p. 96), concede all’autore di presentare ottimi scorci di surrealtà vera (vedi il dialogo COSTANZO-GRILLINI-MUSSOLINI presente nelle stesse pagine).
Così scorre la vita di Walter Siti, che si autodichiara campione di mediocrità fin dalla prima pagina e nel corso di “Troppi paradisi” acquisisce una consapevolezza dell’amore e del sacrificio così forte da divenirne un portatore sano e anticorpo necessario presso la sua cerchia di amici, verrebbe da dire che non c’è nulla che riveli più profondità dell’esatta descrizione di ogni superficie. Buona lettura.

anticipazione da “Musicaos.it, anno 3, numero 23”

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