25 Novembre 2017 – Nardò – Libreria I Volatori – Elisabetta Liguori presenta “Lo spazio dentro”


LIBRERIA “I VOLATORI” · MUSICAOS EDITORE · B&B ANTICA “DIMORA”

RASSEGNA “INCONTRI ALL’ORA DEL TÈ”

Sabato 25 Novembre 2017 · ore 17.30
Libreria “I Volatori”
(Nardò, Via Pellettieri, 19)

“Lo spazio dentro” (Musicaos Editore)
l’autrice Elisabetta Liguori
dialoga con Loredana Giliberto
e Luciano Pagano

SABATO 25 NOVEMBRE 2017, ALLE ORE 17.30 tornano gli appuntamenti con la scrittura, gli autori, i grandi e piccoli lettori, a Nardò, con la Rassegna “Incontri allʼora del tè” organizzata dalla libreria “I volatori”, con il coordinamento di Loredana Giliberto, in collaborazione con il B&B “Antica Dimora” e Musicaos Editore. Si parlerà di scrittura, in compagnia di un buon tè e cioccalata caldi, e si parlerà di musica e non solo presso la storica libreria “I Volatori”, di Nardò, un luogo che, come ha avuto modo di esprimere il cantautore Mannarino “in un antro, nascosto nella pietra, continua ogni giorno in silenzio a salvare quel che resta del mondo”.

L’ospite del quarto appuntamento della rassegna sarà la scrittrice Elisabetta Liguori, autrice de “Lo spazio dentro” (Musicaos Editore), con le illustrazioni di Emanuela Bartolotti; la presentazione è aperta sia agli adulti che ai bambini; Loredana Giliberto, coordinatrice della rassegna e Luciano Pagano, editore del libro, dialogheranno con l’autrice.

Che cosʼè lo spazio dentro?

Lo “spazio dentro” è lʼarea indefinibile nella quale è contenuta la famiglia, nata a volte per caso, senza un progetto, in altre da unʼossessione, da unʼidea fissa. In qualunque modo nasca e con qualsiasi finalità, tuttavia, la famiglia si costruisce sempre artigianalmente, utilizzando materiali personali, modelli di riferimento inevitabili, unʼossatura tecnica, e qualche abbellimento. In tutti i casi è riconducibile a un luogo, a uno spazio circoscritto.
Ma non si tratta solo di geometria: la famiglia è fatta di esseri umani. Un piccolo gruppo di esseri umani riuniti nello stesso spazio dinamico, la cui struttura cambia col tempo, seguendo lʼevoluzione dei suoi componenti.

Come può essere questo spazio? Ampio, ridotto, cubico o rotondo, ruvido o liscio? Che tipo di cambiamento è quello che avviene all’interno? Rapido, lento, improvviso, prevedibile, doloroso, piacevole? Sarebbe meglio immaginarlo flessibile, forse. Il cambiamento bussa da fuori, spinge, schiaccia, dirompe. Bisogna sapere reagire con elasticità. Più flessibile è lo spazio, maggiori sono le possibilità di un cambiamento naturale e sereno.

“Lo spazio dentro”, ideato e scritto da Elisabetta Liguori, con illustrazioni di Emanuela Bartolotti, racconta la fase della crescita e della trasformazione, ciò che nel tempo si perde e ciò che rimane, tra dialogo e conflitto, emozioni e paure. Un bambino nasce e diventa un uomo, infatti, nello stesso spazio in cui altri individui si sforzano di educarlo e si adattano alla necessità di accompagnare, guidare o anche solo osservare il suo cambiamento. Non a caso il termine educare deriva dal latino educere, cioè: trarre fuori, tirar fuori ciò che è dentro. Quindi “cambiare” significa uscire da uno spazio circoscritto, considerando che, dopo esserne usciti, quello stesso non sarà mai più lo stesso. Qual è il modo giusto per farlo, dunque? Se l’educazione è un passaggio, il varco non è scontato. Lo sa bene chi, crescendo, esplora l’esterno, e lo sa anche chi, restando, ne presidia l’interno. A volte non basta trasmettere il proprio sapere, l’esempio, la regola, la memoria delle mura. A volte non basta chiedere, osservare. Tutto questo è necessario al cambiamento, ma può non bastare. A volte è la paura a decidere, o le immagini nella testa, o la forza del legame. A volte contano persino i sussurri. Ogni confine ha il suo limite e la sua porta d’accesso, per trovarla ci vogliono fantasia, orecchie e gioco di mani. Senza fantasia e cuore il cammino è lungo, vasto e imprevedibile, ma per fortuna quasi tutti i bambini lo sanno.

Elisabetta Liguori è nata a Lecce nel 1968, dove vive e lavora, presso il tribunale per i minori. È laureata in giurisprudenza. Ha collaborato con la rivista “Nuovi Argomenti”, e per numerose altre riviste online. Collabora con il “Nuovo Quotidiano di Puglia”, alla pagina della cultura, con particolare attenzione per la letteratura al femminile.
Ha pubblicato “Il credito dell’imbianchino” (Argo Editrice, 2004, finalista al Premio Berto 2005 e al Premio Carver 2005), “Il correttore” (peQuod, 2007), “Tutto questo silenzio” (Besa Editrice, 2010, scritto con Rossano Astremo). “La felicità del testimone” (2012, Manni Editori), “Kora, una storia a colori” (Lupo Editore, 2013, con illustrazioni di Carlos Arrojo). Nel 2015 ha pubblicato il primo episodio di una trilogia urban fantasy, “Il secondo giorno – Kiss for my angel”, per i tipi di Musicaos Editore, in formato cartaceo e digitale. Nel 2016, sempre con Musicaos, l’ebook “Se gli uomini sapessero”. Alcuni suoi racconti sono apparsi sulle riviste e in antologie tra le quali: “Mordi & fuggi” (Manni Editori), “Laboriosi Oroscopi” (Ediesse), “Il dizionario affettivo italiano” (Fandango), “È finita la controra” e “Sangu, racconti noir di Puglia” (Manni Editori, 2011); “Nessuna più. Quaranta scrittori contro il femminicidio” (Elliot, 2013), nell’ambito della quale ha trovato spazio la sua attenzione e l’interesse per i personaggi femminili. Ha preso parte a progetti culturali internazionali, curando la stesura di testi musicali e teatrali.

Informazioni
Libreria “I Volatori”
tel. 0833.567062

http://www.musicaos.org
info@musicaos.it
tel. 0836.618.232

Michelangelo Zizzi, lettura critica di “Altissima miseria” (Musicaos Editore) di Claudia Di Palma


Michelangelo Zizzi, lettura critica di “Altissima miseria” (Musicaos Editore) di Claudia Di Palma

Leggo ed è come stare sul crinale di un abisso, in una pittografia dell’ottocento romantico, contemplando un paesaggio postumo e in disuso, avvinghiato alla nostalgia, per quante altre volte ci siano spirali antecedenti (all’esserci stesso), silenziose volute di poesia classica, o neoclassica, ma riviste nelle forme della tacitazione e del trionfo dell’assenza.

Ma poi questo libro iconoclasta (per varia rarefazione delle immagini di corporeità o di impressione sensoriale) nella stesura e nella percezione della storia poematica che il lettore vi ricompone a leggerlo, è anche un libro iconico anche se iconico paradossalmente. Perché è vero che le topografie, gli indici, le prossimità alla specificità della materia, alle sue aporie percettive sono quasi assenti, ma più che presente è la condizione dell’impressione dell’assenza, che, ‘a contrario’, ricompone e perfettamente il luogo sigillato dall’essere vissuti e quello dell’aspirazione a voler vivere; cosa non lontana da una fenomenologia del sentimento, ma data senza ossequi, leziosità, vizi di smanceria.

Cosa non lontana dalla ricomposizione di un cosmo: fatto di topografie, di indici, tassonomie, stati e specificatamente materico.

Claudia Di Palma al suo esordio sembra già matura, dotata di una voce evocante e certa, che soppiantando un fare facile della poesia, preferisce infiltrarsi nell’interstizio ora doloroso, ora leggero, che si insinua tra vuoto e pienezza.

Altissima miseria” è il libro ghiacciato sulla condizione di ritorno di una genealogia della morale (non Nietzschiana), ma rivista sotto il profilo anagrafico e discontinuamente storico.

Anche senza prospettiva ricognitiva, tipo anamnesi platonica o racconto di Ricoeur, è perfetta nozione di un sé isolato e possente, consapevole del fatto di mortalità, del fatto di desiderio e urgenza del sentimento e del fatto di narrarsi.

Ma questa fenomenologia del sentimento data per contrappasso e per negazione è rivendicazione di un’affettività ontologica e prebiografica [Michaelstader], di una richiesta compensativa, ma tirata sull’orlo della sapienza che in origine illetterata si ricondensa nell’espressione poematica. Per tutto ciò basti siglare il lemma ‘autenticità’. Del resto la rinuncia all’orpello, alla magnificenza, ci sembra più un fatto di indole, che di possibilità.

Perché questo è il libro della citazione dell’assenza.

E alla magrezza dell’espressione (intendo magrezza, contrariamente agli episodi di splendida poesia fagica, tipo Pound, Zanzotto o Thomas, fatti di virulenza metaforica e fagocitosi parimenti metaforica) la Di Palma, risponde con un prosciugamento meditativo, non troppo distante da altri illustri esempi (Dikinson, Anedda,certa poesia ermetica di meditazione senza oggetto, tipo Betocchi, De Angelis). Così “Altissima miseria” è il libro primo di una ricerca dell’ossatura, della struttura minerale, dell’algoritmo sedimentato e anteriore al prospetto posteriore della vita qui ed ora. Del resto concordo con la prefazione di Canzian, quando parla di tensione mistica o di ricerca ontologica. Aggiungerei, se non è stato già accennato che trattasi di teologia negativa, per dirla con i mistici medievali.

Il ritmo, persino, che pare un fantasma languente e svanente, si distilla nella condizione pulsatiile e cardiaca del narrare l’assenza. A leggere il poemetto ci si accorge di un ritmo che esula la scoria di eccesso del ritmo stesso, che è data (come dicono i formalisti, gli strutturalisti) dall’abbondanza di risonanze, assonanze, onomatopee, e metrica; perché esso è distillato nell’autoauscultazione dell’essere sé e soli.

È propriamente il ritmo di una biologia sognante e prossima all’evanescenza, come al suo contrario, che è la carenatura, la carne, l’esserci, la decisione, la volontà di vivere.

Michelangelo Zizzi · Fucine Letterarie · www.fucineletterarie.com