Caro papà


Caro Papà.
Tu che ora sei nei pascoli celesti, nei pascoli terreni, nei pascoli marini.
Tu che sei tra i pascoli umani. Tu che vibri nell’aria. Tu che ancora ami tuo figlio Alesi Eros.
Tu che hai pianto per tuo figlio. Tu che segui la sua vita con le tue vibrazioni passate e presenti.
Tu che sei amato da tuo figlio . Tu che solo eri in lui. Tu che sei chiamato morto, cenere, mondezza.
Tu che per me sei la mia ombra protettrice.
Tu che in questo momento amo e sento vicino più di ogni cosa.
Tu che sei e sarai la fotocopia della mia vita.
Che avevo 6-7 anni quando ti vedevo Bello – forte – orgoglioso – sicuro – spavaldo rispettato e temuto dagli altri, che avevo 10-11 anni quando ti vedevo violento, assente, cattivo, che ti vedevo come l’orco che ti giudicavo un Bastardo perché picchiavi la mia mamma.
Che avevo 13-14 anni quando ti vedevo che vedevi di perdere il tuo ruolo.
Che vedevo che tu vedevi il sorgere del mio nuovo ruolo, del nuovo ruolo di mia madre.
Che avevo 15 anni e mezzo, quando vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare spaventosamente.
Che vedevo che tu vedevi che i tuoi sguardi non erano più belli, forti, orgogliosi, fieri, rispettati e temuti dagli altri.
Che vedevo che tu vedevi mia madre allontanarsi. Che vedevo che tu vedevi l’inizio di un normale drammatico sfacelo.
Che vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare fortemente.
Che avevo 15 anni e mezzo che vedevo che tu vedevi che io scappavo di casa, che mia madre scappava di casa.
Che tu hai voluto fare il Duro.
Che non hai trattenuto nessuno.
Che sei rimasto solo in una casa di due stanze più servizi.
Che i litri di vino e le bottiglie di cognac continuavano ad aumentare.
Che un giorno. Che il giorno. In cui sei venuto a prendermi dalle camere di sicurezza di Milano ho visto che tu ti vedevi solo. Che tu volevi o tua moglie o tuo figlio o tutti e due in quella casa da due stanze più servizi. Che ho visto che tu hai visto che eri disposto a tutto pur di riavere questo.
Che ho visto che tu hai visto la tua mano stesa in segno di pace, di armistizio.
Che ho visto che tu hai visto sulla tua mano uno sputo.
Che ho visto che tu hai visto i tuoi occhi lacrimare solitudine incrostata di sangue masochista, punitivo.
Che ho visto. Che tu hai visto il desiderio di voler punire la tua vita.
Che ho visto che tu hai visto il desiderio di non soffrire. Che ho visto che tu hai visto i litri di vino e le bottiglie di cognac continuare ad aumentare.
Che ho visto che hai visto in quel periodo la tua futura vita.
Che ho saputo che hai saputo che tuo figlio era un tossicomane che tua moglie attendeva un figlio da un altro uomo (figlio che a te non ha voluto dare).
Che ho visto che hai visto 3 anni passare. Che ho visto che hai visto che il giorno 9-XII-69 non sei venuto a trovarmi al manicomio. Perché eri morto.
Che ora tu vedi che io vedo. Che ora il 1° sei tu che giochi questo tresette col morto facendo il morto.
Ma che giochi ugualmente, che ora vedi che io vedo che ti adoro che ti amo dal profondo dell’essere.
Che ora vedi che io vedo che mia madre rimpiange.
ALESI
FELICE
PADRE DI ALESI EROS
Che vedi che io vedo che sono fuggito ancora una volta verso la solitudine.
Che tu vedi che io vedo solo grande grandissimo nero lo stesso nero che io vedevo che tu vedevi.
Che ora continuerai a vedere ciò che io vedo.

Eros Alesi, 1951-1971
da Per la poesia. Manifesto del Pensiero Emotivo, Giorgio Manacorda,
Editori Riuniti, 1993

Andiamo? Andiamo.


voicesinwartime.jpgE’ stato pubblicato, per i tipi di Besa Editrice, “Asilo di mendicità“, seconda raccolta poetica di Simone Giorgino. Simone, che di recente ha inaugurato un blog dedicato alla poesia detta, Audiopoesia, è uno dei tre autori di Venenum. Ha pubblicato suoi versi su rivista e, soprattutto, li continua a portare con la sua voce e persona in reading e in rete. Il 2 Luglio, presso il Teatro Asfalto a Lecce sarà insieme a Andrea Cariglia e Piero Rapanà in Misericordia, uno spettacolo ispirato alla Recherche. Qui di seguito pubblico una poesia estratta da questo suo libro, una raccolta di versi la cui composizione è stata lunga e composita; il volume è accompagnato da due interventi critici inediti, uno mio e uno di Michele Truglia, dopo sette anni siamo di nuovo qui, qualcosa è cambiato, di sicuro abbiamo preso qualche schiaffo e calcio, magari siamo riusciti a tirare qualche boccata di aria salata, ma è stato un bagliore nella notte, e poi siamo tornati a correre a modo nostro, come dice Michele, esperto (non solo io) in corse e fughe. Fratelli, alla vostra!

La stirpe

Poi si morrà a novecentotrentanni
sgranchito al lato concavo del gioco
souvenir di neve, balocco
di strane torsioni strani
imbiancamenti come imbiancai la terra fiocco a fiocco
non veduto all’ombre seminando il seme
di Enoch mi parve o Enòs di Set o Sem
comunque imbattezzati dunque vani
poiché fructus ventris d’ombra
poiché il calco delle orme
è risepolto dalla neve che ricolma
a ghiacciare la stirpe al sonno che la dorme.

presentazione de “Il legame” di Fabio Omar El Ariny


Giovedì 28 Giugno, a Lecce, presso S. Francesco della Scarpa alle ore 19.00, presenterò, insieme all’autore Fabio Omar El Ariny, il suo romanzo d’esordio “Il legame” (Besa Editrice, Lune Nuove), per saperne di più su questo interessante romanzo vi consiglio di visitare il sito dell’autore.
Il tutto si svolge nell’ambito della rassegna di culture migranti Negroamaro, a cura della Provincia di Lecce, l’ingresso è libero.

“Re Kappa” su Postoristoro


Dopo la verità, il nulla
di Daniele Greco (dal blog Postoristoro)

stelarc.jpg


Re Kappa
di Luciano Pagano è un antiromanzo alla maniera dell’ “Anonimo Lombardo” di Arbasino, del “Boccalone” di Palandri o dei “Tre sistemi…” di Nicola Lagioia. Questo perché è un’opera metanarrativa che si pone l’obiettivo di investigare le possibilità coeve della scrittura romanzesca. E come ogni libro fatto di altri libri, come ogni lavoro che si porti dietro un bagaglio di concetti e riflessioni metalinguistiche – sostenuto da una scrittura, tutto sommato, robusta – finisce per essere un’opera brillante che restituisce quella verità dell’arte, che in questo caso diventa: la menzogna dell’arte. La scrittura di Pagano prova a mimare il carattere emotivo della parola parlata, ma cercando di evitare una scrittura che scada nel cicaleccio dell’oralità spinta. E ci riesce! La prosa dello scrittore leccese non ha cedimenti e si evince come egli abbia riscritto e limato l’intero suo lavoro, e, questo, a dispetto del presunto pressappochismo che egli convoglia nella figura del personaggio protagonista: ma l’autore è altra cosa. Pagano, attraverso gli espedienti narrativi legati al mondo dell’editoria, salentina e non solo, gioca con il lettore portandolo dentro un testo duplice: per certi versi divertente e avvincente, mentre, per altri versi, conduce inesorabilmente nello scadimento, nello svilimento dell’entertainment letterario, che pare l’unica forma possibile di fare letteratura, oggi.
Personaggi emblematici come Benoit e Duilio Cozzetti sembrano usciti da un fumettone trash, da un prodotto di bassissimo rango, che è appunto lo stato dell’editoria nostrana: produzione seriale di libri senza progetto alcuno, supermercato delle idee a metà tra le soffitte polverose e il macero… Ogni cosa è posta sempre, costantemente, tra la sua realtà fenomenica e il suo doppio: il finto intellettuale è anche il parvenu di provincia, l’editore illuminato è anche il massimo propalatore delle peggiori marchette hollywoodiane. Ogni elemento della narrazione – è questo il grande merito di Pagano – ha la capacità di essere fruibile a più livelli di lettura per cui l’autore vuole dirci, come fa a pagina 34, che “ci vuole un raro ascoltatore per capire cosa sia il metaromanzo a cui sto lavorando, la realtà sembra prendere la piega di un resoconto delirante, ho inventato una dimensione narrativa nella quale ci ficco dentro tutto quello che succede, stravolgendolo a tal punto che sembra di assistere al mercatino di una favoletta da quattro soldi, lì, a metà prezzo, tutta da capire all’istante, e poi invece sto raccontando tra le righe quello che accadrà nel futuro prossimo venturo, finzione di finzione”. Il futuro prossimo venturo è finzione di finzione, un po’ come nell’ “Occidente per principianti” di Lagioia, o nel “Di questa vita menzognera” del bravissimo Pino Montesano… La realtà non esiste più, ha lasciato gli ormeggi e si è gettata nel mare periglioso dell’indistinguibilità: quello per cui intere opere coeve potrebbero essere state scritte da più autori, per come si somigliano tutte, per come non apportano alcuna riscrittura immaginale dell’esistente e per come non sono altro che stanche pagine di “dolorismo giovanilista” o “apocalittiche riscritture” americanoidi.
Pagano, invece, sembra essere molto più misurato e scaltro, gioca con i mille destinatari di un’opera apertissima: della quale sarebbe già interessante valutare le differenti letture fatte, il diverso feedback instaurato coi lettori.
Benoit, Céline, Re Kappa, il manoscritto… non sono altro, allora, che l’esilissimo fil rouge di ogni opera che ambisca a una qualche unitarietà, ma in ultima analisi delineano la strada da fare, la letteratura di là da venire, il progetto sempre aperto e in continuo mutamento che tocca provare a immaginare.
Quello che sorprende, alla fine, è una cosa: riletta e corretta questa recensione ci si rende conto che le mie parole, identiche, le avrebbe potute scrivere qualsiasi altra persona: in un certo senso la mia recensione è stata scritta per intero dal libro di Pagano, senza il mio minimo apporto. Accade che, un po’ come nel finale, quando l’autore anticipa quelli che sarebbero stati i commenti successivi all’uscita del romanzo, l’atto finale del libro consista nell’inclusione del recensore entro il carrozzone, il “circo” della letteratura da asporto cui il libro è mezzo di feroce dissacrazione.
Pertanto, ingoiati dal nulla che segue la verità, scorgiamo, dietro le pagine del romanzo, una visuale radicalmente negativa del vuoto a noi circostante: un buco di morte che le parole provano a riempire, nella speranza di differire il momento in cui saremo travolti.
Ma anche dietro la negazione – l’ennesima – del romanzo, si realizza un altro passo, instancabile, della persistenza della letteratura.

(in foto Stelarc, ‘Sitting/Swaying: Event for rock suspension’, Maki Gallery, Tokyo, Japan 1980. Courtesy the artist and Sherman Galleries, Sydney)

l’eroe dei due mondi


“Due mondi”
Lucio Battisti
da Anima Latina (1974)

gallipoli.gif

L’universo che respira
e sospinge la tua sfera
e la luce che ti sfiora
cosa vuoi?
Voglio te, una vita.
Far l’amore nelle vigne.
Cade l’acqua ma non mi spegne.
Voglio te.
Oltre il monte
c’è un gran ponte.
Una terra senza serra,
dove i frutti son di tutti.
Non lo sai?
Voglio te, una vita.
Far l’amore nelle vigne.
Cade l’acqua ma non mi spegne.
Voglio te.
E’ una vela la mia mente
prua verso l’altra gente
vento, magica corrente
quanto amore!
Voglio te, una vita.
Far l’amore nelle vigne.
Cade l’acqua ma non mi spegne.
Voglio te. Mio per sempre!
Ma tu non cambi mai.
Un braccio, che altro vuoi?
Un’ora me la dai.
L’amore è qualcosa di più
del vino, del sesso che tu
prendi e dai.
Sarei una cosa tua
amore, gelosia
amor di borghesia.
Da femmina latina a donna americana
non cambia molto… sai?
Voglio te, una vita. Voglio te.
E’ una vela la mia mente
prua verso l’altra gente.
Vento, magica corrente…

“Re Kappa”, intervista su Altre Latitudini


joyce.jpgE’ il 16 giugno, una data che mi è cara per due motivi, il primo è che mi ricorda l’Ulisse di Joyce, e il secondo è che mi ricorda il 16 giugno del 2005, una data simbolo nella quale ho trascritto un racconto in ‘presa diretta’, intitolato “Il giorno della fioritura”, ovvero Bloom’s Day. A distanza di due anni festeggio in modo ideale grazie a Claudio Martini, che pubblica oggi sul suo blog Altre Latitudini un’intervista al sottoscritto, dove si parla di “Re Kappa”, Musicaos.it e altre cose.

“Re Kappa” su “Altre Latitudini”


intervista pubblicata su Altre Latitudini, il blog di Claudio Martini

Ho conosciuto Luciano Pagano nel 2004, in occasione della pubblicazione del mio primo libro di narrativa, “Sguardi”. In quella circostanza Luciano scrisse una bella recensione sulla sua E-zine Musicaos . Lo incontrai un anno dopo di persona a una presentazione del romanzo “Diecimila e cento giorni” e mi colpì una sua attenta recensione al mio romanzo.

Adesso le parti si sono invertite e sono lieto di presentare il suo percorso narrativo e letterario ai blogger di Libero.

1. Luciano, qui su Libero credo che siano in pochi a conoscerti. Vuoi presentarti brevemente?

Si. Intanto ti ringrazio per avermi concesso il tuo spazio e la tua attenzione; mi chiamo Luciano Pagano, non ricordo quand’è che ho cominciato a scrivere, una cosa è certa, la mia scrittura è connaturata alla necessità di comunicare, non solo a parole. Al momento dirigo una rivista elettronica, da più di tre anni, Musicaos.it e sono curatore redazionale della rivista Tabula Rasa, della casa editrice Besa.

2. Ci siamo conosciuti su “Musicaos”, interessante rivista aperta alle voci emergenti della narrativa salentina. Ho saputo che recentemente siete arrivati a un milione di pagine viste. Qual è la linea editoriale di Musicaos e come si è evoluta negli ultimi anni?

Musicaos.it è una rivista che partendo dal Salento ha raggiunto i lettori di tutto il web, con collaborazioni in tutta Italia. Siamo partiti dal Salento per una necessità di fondo, quella di dare uno spazio a un fermento letterario e culturale che stentava ad avere degli interlocutori. Dopo tre anni la maggior parte dei collaboratori di Musicaos non è né salentina né pugliese, d’altronde la lingua a cui apparteniamo e i testi di cui ci occupiamo non sono ‘fenomeni’ circoscrivibili a una terra.

3. Ho letto alcune tue recensioni su diversi libri pubblicati da Besa, tra cui anche il mio… che relazione c’è tra la tua attività di recensore e quella di narratore?

Mi piacerebbe pensare che entrambe le attività siano condotte con onestà. Ho scritto la mia prima recensione – con cognizione di causa – più o meno nel duemilauno, in quel periodo collaboravo con una casa editrice pugliese; la mia attività critica nell’ultimo anno si è spostata su testi di case editrici che non hanno una grande visibilità mediatica , intendo occuparmi oltre che dei libri che mi sono piaciuti e che sono pubblicati dalle case editrici più conosciute, anche di quei testi pubblicati da editori ‘medi’, sarebbe bello che lo spazio guadagnato con Musicaos.it sia (anche) messo a disposizione di autori, libri e operazioni che altrimenti rischierebbero di essere ‘obliterate’ dal tempo del marketing editoriale.

4. Hai pubblicato recentemente con Besa“Re Kappa”, un breve romanzo che tratta di uno scrittore che cerca di terminare il suo romanzo in un Salento infuocato. Fino a che punto hai tratto spunto, nello scrivere il libro, dalla tua personale biografia?

Lo spunto biografico è di certo presente e sotteso a tutta la narrazione, tuttavia ho preferito lasciare più elementi biografici al carattere del protagonista e non alle vicende vere e proprie, non fosse altro che nel racconto c’è sempre quel margine di possibilità in più che vengono offerte rispetto alla vita di ogni giorno, con meno errori, più perfezione, sicurezza, capacità di analisi.

5. Spero di non “spoilerare” il tuo romanzo, ma vorrei chiederti perché il protagonista sceglie di rubare un libro altrui, un prezioso manoscritto, invece di dedicarsi alla conclusione del suo lavoro. Desiderio italico di scorciatoie oppure metafora dell’impossibilità di una costruzione narrativa originale?

Diciamoci la verità. L’antagonista del romanzo, il critico fittizio Michel Benoit, si meritava una fine del genere; certo, ad una prima lettura è lui che si occuperà della curatela del testo di Céline, quindi apparentemente ne esce vincitore, ma a chi è che va in tasca il vile denaro? Una scorciatoia? C’è stato un momento in cui non riuscivo a immaginare un libro diverso da questo, con una storia che raccontasse se stessa contenendosi in sé.

6. Com’è il tuo rapporto con il Salento? Lo odi? Lo ami? Entrambe le cose? Certo non mi sembra che ti sia indifferente…

Sono nato a Novara e lì ho vissuto fino a quattordici anni. Adesso che ne ho trentuno e che la maggior parte degli anni della mia vita li ho trascorsi in Salento non posso che ritenermi fortunato. Nonostante – come dice il Nobel Rubbia – qui piova un barile di acqua all’anno – il Salento è la terra più magica e carica di energia che possa esistere.

7. Da ultimo, vorrei chiederti: cosa vuol fare Luciano Pagano da grande? Scatenati e stupiscici, Luciano.

Sarò sincero, non ho mai potuto dire con anticipo che cosa sarebbe stato di me dopo un anno, o sei mesi, spero di riuscire a continuare nel fare ciò che mi piace, assieme alle persone a cui tengo, un pensiero poco letterario forse, ma il primo che mi viene in mente.

Grazie, Luciano.

Il giurato. Notizie sparse.


Assieme a Marco Archetti (l’autore di “Vent’anni che non dormo” e dell’ultimo “Maggio splendeva”, in foto) e al professore Carlo Alberto Augieri ho avuto il piacere di fare il giurato del NuArt Festival, organizzato presso l’Ateneo leccese nel mese scorso, un’occasione unica per conoscere Marco, uno scrittore dal volto umano e per (ri)conoscere le due autrici, Margherita Macrì e Francesca Maruccia, rispettivamente vincitrici per la sezione poesia e narrativa. A questo indirizzo potete leggere il resoconto della giornata scritto da Marco Archetti.

Domenica scorsa invece sono stato a Fiesole, per il Meeting “Le voci, la città” (del quale la casa editrice Cadmo pubblicherà atti & racconti), organizzato dai due impareggiabili Luigi Nacci e Gianmaria Nerli. Ringrazio loro e l’organizzazione per tutto ciò che è stato. Finalmente dopo letture e visite a blog e affini ho avuto modo di conoscere di persona Marco Candida, il suo “La mania per l’alfabeto” è di sicuro uno degli esordi più interessanti di questo 2007, per non parlare di tutti i partecipanti al reading, come Laura Pugno, Alessandro Scotti, lo stesso Gianmaria Nerli; interessanti, puntuali e senza fingimenti gli interventi critici a cura di Andrea Cortellessa. Indimenticabili le puntate/blitz-dadaisti assieme a Marco nelle librerie di Firenze al lunedì mattina in cerca dei libri per ‘testare’ la bontà delle distribuzioni. E’ stato bello trovarsi finalmente faccia a faccia, a distanza di anni dal reading “Terribili e Ammutinati” con Luigi Nacci e Furio Pillan, per scoprire la comune passione per il teatro di Carmelo Bene, la stessa comune passione tra me e Marco per l’autore Stephen King. Insomma, una bella esperienza.

Altra bella esperienza quella di Marco Montanaro, che giunge a momentanea tappa di conclusione e riflessione…come…chi di voi non ricorda le 9 lune nuove comparse in rete qualche mese fa? I racconti sono terminati, il tempo è passato in fretta, c’è il bisogno di sostare per rileggere il tutto, il file completo in PDF è stato congedato. Scaricare per credere.

A proposito di ascolti. E’ in preparazione il secondo libro di poesie di Simone Giorgino, dal titolo “Asilo di mendicità”. Simone ha dato il via ad un blog sonoro su piattaforma splinder, il titolo è ambizioso e di sicuro manterrà le aspettative, lo trovate qui, ed è audiopoesia.

Vi auguro una buona lettura/ascolto del tutto, in attesa del prossimo e imminente numero di Musicaos.it, il 26, che si intitolerà “Anelli deboli“.

“Re Kappa” sul Corriere del Mezzogiorno


Besa pubblica un meta-romanzo sull’arte di scrivere e di trovare un mercato nel Salento di oggi
“Il caldo, le feste, le danze e un inedito d’autore”
E’ il “Re Kappa” di Luciano Pagano

di Massimiliano Zambetta

Sarà bene attrezzarsi per tempo.
Anche se l’estate sembra allontanarsi, con il maltempo di questo torno di stagione, sappiamo bene che il grande caldo, il mare e il resto sono alle porte. Non è il caso di opporsi a questa annata ormai dichiaratamente anomala: inverno inesistente, primavera ridotta al minimo necessario, ora legale anticipata, un accenno di piogge autunnali. Piuttosto che cedere alle complicazioni metereopatiche, è utile dotarsi di strumenti in gradi di accelerare l’ambientamento e uno di questi può essere Re Kappa, il romanzo di esordio di Luciano Pagano (classe 1975, nato a Novara ma residente a Lecce da adolescente).
Siamo in Salento, una terra dove una stagione calda cinque mesi non rappresenta una anomalia. In un eccesso di luce, afa, umidità, la voce narrante deve terminare la stesura del suo manoscritto, ma in condizioni ambientali estreme, persiane socchiuse, aria rarefatta, al coraggio di accendere il computer non segue una sessione di lavoro. I limiti della tecnologia ci permettono di evitare un racconto da camera chiusa. L’estate è alle porte anche nel libro e Pagano ci descrive il fervore che precede l’organizzazione di incontri di poesia e festival danze popolari, ma anche di produzioni di fiction autoctone. C’è poi Re Kappa, un manoscritto attribuito a un notissimo scrittore del novecento, uno di quelli amatissimi e contestati. Re Kappa è un testo che l’autore maledetto ha perduto in circostanze misteriose, inserendone i frammenti nelle opere successive quasi per compensare i sensi di colpa per lo smarrimento. Il testo perduto è apparentemente giunto in Salento, tramite uno di quei personaggi altrettanto tipici di questa terra: dai cognomi esotici ereditati (in gran parte solo quelli) da bisnonni che ai tempi avevano abbandonato l’Europa per stabilirsi in finis terrae. L’inedito, o l’uso scaltro della sua leggenda, è per il suo possessore una ragione di vita, di collocazione sociale e un altalenante fonte di guadagno molto simile a una pensione di invalidità civile. Nei limiti dei riferimenti casuali a fatti e persone, la bravura di Pagano sta nella descrizione affettuosa dei personaggi che con artigianale abilità levantina sanno trasformarsi (quando c’è bisogno e c’è la prospettiva di un contributo a pioggia) da editori a organizzatori di eventi, da critici letterati ad operatori culturali, da attori di filmini di compleanno a piccole star. C’è affetto anche quando di Re Kappa si tenta di realizzarne un guadagno congruo e immediato: la realtà provinciale viene abbandonata e le prospettive economiche vedono la loro ipotetica realizzazione in quella industriale dell’Italia più a Nord. Rimane l’imbroglio, ma cambia l’approccio: si liquida e si brucia tutto molto in fretta. E si perde tutto il divertimento.

“Re Kappa” su Psiche


recensione di “Re Kappa” scritta da Irene Leo
e pubblicata sul suo blog
Psiche (Frammenti&Dettagli)

“…cerco di ultimare la revisione del terribile romanzo che mi tiene impegnato da così tanti anni, una vera chiavica, la dannazione domestica del non essere mai contenti di una forma, di nessuna forma.(…) “

Aprire un libro a volte è come spalancare una finestra. Leggerlo è esperienza diretta con il mondo dell’autore.
I suoi passi fanno letteralmente rumore, le parole diventano la sua voce, e le circostanze descritte sono fermo immagine reale.
Un lettore attento si accorge subito se l’autore è presente, se il tutto è appendice dell’essere oppure mera esercitazione stilistica, stupefacente ma dalla breve vita e memoria. Qui la storia è viva. Il linguaggio è calibrato al respiro con netta maestria, incisivo e senza trappole lessicali o mere ridondanze.
RE KAPPA, accende i contorni di un paesaggio familiare, mentre il ritmo tra le pagine diventa incalzante, nervoso, spontaneo, specchio diretto dello status del protagonista.
Catapultati nel bel mezzo della storia, sentiamo il telefono squillare nel cuore della notte, mentre si aprono le danze e si snoda l’intera vicenda.
Attraverso i suoi connotati sociologici e la sua storia personale, ci viene presentato un giovane che lotta tra il suo attuale concreto e l’attuabile sognato, e desiderato. Il protagonista è alle prese da due anni con il romanzo che oramai richiede “The end” e la consacrazione ai lettori, e vede Gastone Gallo, editore “impegnato”, bizzarro ed egocentrico, fornirgli dritte ed indicazioni per porre fine al progetto letterario tanto atteso.
Un idealista, quest’Io narrante, che fa metaforicamente “a botte” con il presente posante il passo su meccanismi discutibili, imbrigliati e controllati dalla maschera di un critico-presunto tale- Michel Benoit. Caratterizzazione precisa ironica e senza sconti, di un volto, di un modus operandi e vivendi, talmente assurdo che diviene più che reale.
“Volontè du Roi Krogold”, dello scrittore francese Céline, RE KAPPA appunto, da il titolo al primo romanzo di Luciano Pagano.
Benoit detiene suddetto manoscritto, leggendario quanto una reliquia crociata, in maniera equivoca, per presunta eredità. Ed il protagonista, che immagina un futuro diverso per sé e per il manoscritto, passa all’azione, intrecciandosi nel mentre alle storie di attori in cerca di fortuna, di una gioventù che vuole riscattarsi ma che si trova a fare i conti con una contesto aspro e difficile e poco lindo, di reading, di pizzica e vino e taralli piccanti. Emerge l’ambiente di un Salento afoso e asfissiante che diviene allegoria dell’ambiente umano coronato da finte personalità che si muovono dietro le quinte e in prima linea, spacciandosi per ciò che vorrebbero essere, immagini lontane dello scrittore/poeta innamorato del suo “ruolo” .
RE KAPPA è anche o soprattutto la storia del duro mestiere di scrivere, un romanzo esordio, testimonianza enfatizzata del processo personale dello scrittore, che ha da combattere una guerra contro i raggiri, i simulacri attorno, che spesso rischia di diventare una lotta contro i mulini a vento, come nella migliore tradizione cervantesca.
Ma c’è sempre il momento del riscatto.
Accade che il paladino della giustizia, metta a tacere-anche se in maniera sotterranea-il cattivo di turno, che i giochi si riequilibrino, e che il nodo si sciolga in maniera salvifica. E giustizia sarà resa a Cèline, e al protagonista.
Luciano ha avuto il merito di aver proposto un’idea originale, una scrittura personale, un romanzo adrenalinico, vissuto, SUO.
E la personalità che si coglie è evidente, e la partita è vinta, ed asso…anzi Re, piglia tutto.

“Re Kappa” su quiSalento


“Il romanzo in attesa del romanzo”
di Eleonora Carriero

Non sorprenda la brevità e frammentarietà della recensione: c’è poco da dire, Re Kappa (un romanzo breve? un racconto lungo?) è da leggere come un bel bicchiere di acqua fresca nei pomeriggi dopo pranzo in agosto a Lecce (che molti conosceranno e riconosceranno nel libro), ma soprattutto nel panorama spesso asfittico della letteratura nazionale “dove [è vero] il tempo di vita medio di una bottiglia di plastica è maggiore di quello di un romanzo”, ma dove anche tanti romanzi valgono meno di una bottiglia di plastica.
Da “Alcuni giudizi su Re Kappa”, contenuti nello stesso libro, si sceglie il seguente: “Sfacciatamente ironico, cinicamente delizioso, brillantemente noioso, tutto, eccetto che stupido”. Scherzi a parte (leggere per capire), Pagano è un narratore abile: scrive in modo intelligente (senza concessioni-rese “moccianesche” al parlato adolescenziale e pseudo-adolescenziale), usa in modo intelligente la sua cultura (letteraria e non), costruisce il suo racconto in modo sapiente, ha una creatività ironica e soprendente.
E’ preferibile pensare al lavoro dell’autore come ad un racconto lungo: il primo capitolo del giovane scrittore salentino alle prese con la stesura del suo romanzo.
Si considera l’epilogo dell’episodio sul furto del manoscritto Volonté du roi Krogold di Louis Ferdinand Céline da parte del nostro come una conclusione momentanea, e restiamo in attesa del prossimo capitolo (o questa volta romanzo? Pagano dovrebbe e potrebbe concedere e creare più spazio e più tempo all’interno della sua narrazione; ma che non ci metta due anni come il suo alter ego: aspettiamo il seguito, o anche altro, ma noi aspettiamo).
Torniamo a Re Kappa: tutti i riferimenti a fatti, cose, persone, per quanto casuali, finiscono con l’essere inquietantemente reali e circostanziati: il sarcasmo (che a volte si spinge fino al grottesco) nella costruzione dei personaggi, delle situazioni, delle ambientazioni no trasfigura, ma rende il tutto ancora più evidente e concreto nella mente e nello sguardo del lettore. E in questo forse è il pregio più grande della scrittura di Pagano.
Il giovane scrittore alle prese con il romanzo d’esordio, il “solerte” editore Gastone Gallo e il figlio Mariolino con i suoi manga, il “tremendo” Michel Benoit, lo “scrrrittore” Duilio Cozzetti, Ruggero (“senza la i”), Monica, la salentina naturalizzata milanese (“Ma daaai? Ciaaaao! Dove sei, sei qui a Milanoooooo?”) e su tutti (perché tutti comprende e contiene) la città, Lecce (con il suo Ateneo, i ritrovi “culturali”, le campagne infuocate, la stazione, i monolocali in affitto), meritano un romanzo di Pagano. Noi lo aspettiamo.

da quiSalento, Giugno 2007