Archivi categoria: Poesia

Gennaio 2004 – Gennaio 2011 – Sette anni di Musicaos.it


2004 – 2011 Sette anni di Musicaos.it.

Grazie ai lettori, ai collaboratori, e a tutti quelli che chi hanno aiutato e che ci continuano a sostenere.
Musicaos.it – uno sguardo su poesia e letteratura” è una rivista online di letteratura, che è un portale, che è un sito. All’indirizzo di Musicaos.it potete trovare le istruzioni per collaborare. All’indirizzo musicaos.wordpress.com, questo sito, trovate le coordinate e i link per navigare nell’archivio della rivista, dal 2004 in poi. A questo indirizzo trovate tutto il materiale che viene pubblicato, i racconti, le recensioni, gli articoli, i suggerimenti di lettura.

“Anche quando i costi della rete saranno abbattuti, anche quando l’elettricità necessaria per accendere i computer, ai server e collegarsi ad internet sarà fornita da fonti energetiche rinnovabili e disponibili il libro non potrà essere rimpiazzato dall’e-book. Ci sarà sempre un servizio il cui accesso prevede un pagamento. Guattari in anticipo sulla diffusione della rete pensò un futuro ricco di password che aprono e password che chiudono, rubriche digitali dense di pin e numeri di accesso. Il tempo della lettura ed il tempo della scrittura, il tempo dell’ascolto e il tempo della ricezione. Il tempo è la misura dentro cui si iscrive la ricezione di un testo. Immettere contenuti, sia su internet che nell’editoria, in modo sempre più facile e veloce, dovrebbe responsabilizzare maggiormente chi questi contenuti gestisce. Le pagine su internet e le pagine di carta stampata sono miliardi. Come trovare la qualità? La qualità di una scelta, di una selezione, di un filtro, con l’avvento di internet hanno raggiunto lo stesso grado di importanza della qualità del testo stesso. E torniamo al punto di partenza. Le differenze tra internet e libro sono puramente tecniche. In sostanza i due mezzi seguono gli stessi percorsi di funzionamento. Sui manuali di html-design è consigliato di dare molta importanza ai contenuti nello sviluppo dei propri siti. Un sito può essere strabiliante dal punto di vista grafico della presentazione, tuttavia il motivo che ci fa tornare a visitare quel sito è il fatto che lì troviamo quel che ci serve. Lo stesso accade nei libri. Il libro dovrebbe essere l’oggetto par excellence orientato ai contenuti.”

Luciano Pagano, Webook,
9 gennaio 2004/3 febbraio 2004

Se volete comunicare direttamente con la redazione inviate un email a lucianopagano [at] gmail [punto] com

Per festeggiare il settimo compleanno postiamo una poesia postuma di Charles Bukowski, “e così vorresti fare lo scrittore?“.

Mal di Primavera


Finalmente la Primavera, tra gli altri giorno dedicato alla Poesia, quella con la P maiuscola. I più si attrezzeranno, come al solito, citando la poesia di Alda Merini “sono nata il 21 a primavera“. Auguri a Alda, la più grande. Per tutti gli altri l’appuntamento è qui per le  RarefAZIONI futuriste. Riuscirà la poesia a farci dimenticare ciò che ci circonda? Oppure: riuscirà la Poesia a farci ricordare, verso dopo verso, tutto ciò che ci circonda?

Poesie nel cassetto. Edizione 2008.


Musicaos.it riprende le sue pubblicazioni dopo la pausa estiva. Approfittiamo di ciò per segnalare  con piacere un’iniziativa, “Poesie nel cassetto”, che negli ultimi anni sta riscontrando una buona crescita dal punto di vista dell’organizzazione e della qualità dei lavori, la cui selezione è affidata a una giuria di esperti presieduta dal poeta e insegnante Ivan Fedeli. Potete scaricare il bando completo in formato PDF cliccando sull’immagine.

Il Salento (è) dei Poeti.


Associazione culturale Fondo Verri
Città di Lecce, Assessorato alla cultura e allo spettacolo
Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce
Amministrazione Comunale di Minervino



Lecce
Mediterranea – Estate 2008
giovedì 17 luglio
ore 21.15
Teatro Romano

Minervino di Lecce
domenica 20 luglio
ore 21,15
Piazza Umberto I

Qui, se mai verrai…
Il Salento dei Poeti
un concerto-recital dedicato al Salento e ai suoi poeti

Qui se mai verrai…” – un verso di Vittore Fiore, un invito ed un auspicio per i viaggiatori -è il concerto-recital che il Fondo Verri dedica al Salento e alle voci dei suoi poeti.

Le date del debutto, una a Lecce, scena di molti versi e di tanto poetare, giovedì 17 luglio alle ore 21.15 sul palcoscenico del Teatro Romano – per la stagione 2008 della rassegna dell’Assessorato alla cultura e allo spettacolo della Citta di Lecce, Mediterranea – e l’altra a Sud, a Minervino, sulla strada che ci avvicina a Finibusterrae, domenica 20 luglio alle ore 21,15, in Piazza Umberto I con il patrocinio e il sostegno dell’Amministrazione Comunale di Minervino e dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce.

Qui se mai verrai…” è anche un Cd ed un libro (in vendita a 10€ con QuiSalento), la proposta di un itinerario, di una visita che guarda il territorio cercando nei luoghi il riverbero della poesia: un audioguida poetica, nata dall’incontro di Piero Rapanà, Simone Giorgino, Angela De Gaetano e gli Adria di Claudio Prima, Maria Mazzotta, Redi Hasa, Emanuele Coluccia, Ovidio Venturoso.

L’opera, introdotta da Antonio Errico, è composta di due sezioni. Una ampiamente rivolta al capoluogo Lecce e l’altra al Salento con versi dedicati ad Acaya, a Roca, a Martano, a Otranto, a Castro, a Poggiardo, a Palmariggi, a Vitigliano, a Cocumola, a Porto Badisco, a S. Maria di Leuca e a Gallipoli. I poeti che costruiscono con i loro versi l’itinerario sono: Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Ercole Ugo D’Andrea, Rina Durante, Vittore Fiore, Vittorio Pagano, Claudia Ruggeri, Salvatore Toma, Antonio Verri.

La conferenza stampa di presentazione si terrà martedì 15 luglio alle ore 11,30 presso il Fondo Verri, in via Santa Maria del Paradiso 8, Lecce

La musica e la poesia di Vincenzo Mastropirro


Luciano Pagano
La musica e la poesia di Vincenzo Mastropirro

Vincenzo Mastropirro è nato nel 1960, a Ruvo di Puglia, attualmente vive a Bitonto. Musicista e poeta, la sua passione per la poesia si unisce alla sapienza posseduta nel fare incontrare alle parole i suoni, con la composizione di musiche interessantissime. Ha collaborato con Paolo Fresu & Alborada String Quartet e per il duo Sakis Papadimitriou e Giorgia Sylleou. Il tema dello “Stabat Mater” è uno dei topoi che acquisiamo dalle celebrazioni della Pasqua, “Mater Dolorosa. Stabat in nove quadri su laudi dialettali pugliesi” è il titolo di un’opera musicale scritta da Vincenzo Mastropirro e suonata dal Mastropirro Ermitage Ensemble. Seguire le musiche originali composte dal musicista di Ruvo di Puglia fa ripercorrere la vicenda umana che si lega alla passione e alla sua riproposizione rituale, in quest’opera avviene un percorso analogo a quello operato da Fabrizio De Andrè ne “La Buona Novella” (1970), dove la tematica religiosa classica si cala in sonorità che già dal primo impatto evocano le metropoli di oggi, dove il canto lirico ‘alto’ in dialetto si mescola agli assoli di chitarra elettrica (Figlio mie). Mastropirro, compositore, flautista, si autodefinisce non a caso, “personalità eclettica”; non nuovo a questo tipo di operazioni, nelle quali l’intento principe è quello di legare a filo la cultura popolare e contadina, contemporanea e passata, fino a quella sofisticata delle atmosfere classiche, con contaminazioni rock e progressive. “Songs” è il titolo di un suo lavoro nel quale partecipano come ospiti Patrizia Nasini, Gianni Coscia, Roberto Ottaviano e, anche lui poeta e musicista di prima categoria, Vittorino Curci; sono proprio le poesie di quest’ultimo (da “La stanchezza della specie”, Vittorino Curci, Lietocolle), a incontrarsi con la musica di Mastropirro, che in “Mater Dolorosa” affida la narrazione alle laudi dialettali. Un lavoro, “Songs”, che tocca le corde della sensibilità e che la stessa Giovanna Marini ha definito un “lavoro di alto livello”, un viaggio sonoro e poetico, ‘artisticamente onesto’. In ‘Songs’ si passa da una partenza sonora che unisce alle acquisizioni della ricerca di musica classica contemporanea la dolcezza della voce della Nasini. Le melodie affidate ai fiati creano una dimensione di attesa continua per ciò che verrà suonato, tipica di un’improvvisazione che ricorda l’atmosfera del jazz ma anche quella del tango. A ciò si aggiunge il passaggi tra gli stili, possibile anche grazie al virtuosismo dei vari ensemblers. Entrambe le opere composte da Mastropirro “Songs” e “Mater Dolorosa” sono incisi per la Essemmegi di Bari. Del 2007 è invece la sua prima opera in versi, intitolata “Nudosceno” (Lietocolle). I versi di Mastropirro si fanno portatori di una dimensione in cui la corporalità assume un ruolo centrale, con il ricorso frequente a immagini in cui l’ineluttabilità del tempo fa da sfondo alle vicende umane. Versi osceni, come ricorda il titolo, in cui l’oscenità è data più dallo squallore insito nella rappresentazione dell’esistenza, piuttosto che dalla vita stessa, dove l’amore si riduce a un esercizio ginnastico e la vecchiaia incede mutando il nostro corpo, lasciandoci l’unica certezza, nel percorso, delle due estremità, vita e morte. “Trasloco i miei ricordi con pazienza certosina/li avvolgo nel tessuto felpato senza far rumore/nessuno potrà godere la fragranza dell’amore appena sfornato/nelle ore passate i rintocchi delle campane erano assordanti/ora vanno protetti”. In questi versi c’è cinismo, autodissoluzione, forte critica nei confronti dell’ipocrisia, le poesie di Vincenzo Mastropirro possono in tal senso essere definite ‘immorali’, perché ogni suo componimento trova le parole per mettere a nudo e dare in pasto all’oblio i concetti cui siamo più affezionati, la pace, l’amore, il sesso, la bontà, perfino il mare, con il suo solito via vai; un processo che può essere portato alle sue conseguenze soltanto dalla poesia.

Sicilia Poetry Bike 2008


L’evento “Sicilia Poetry Bike 2008” consiste in una serie di tappe ciclistiche, realizzate dai poeti Enrico Pietrangeli e Ugo Magnanti, che avranno luogo dal 02/08/08 al 09/08/08 nella parte orientale dell’Isola, un happening artistico-performativo che prevede incontri culturali in cui verranno invitati a partecipare diversi artisti. La rilevanza dell’evento, il primo nel suo genere, pone in relazione il suggestivo binomio “poesia e viaggio” in quegli stessi luoghi che hanno visto tanto la genesi della poesia italiana quanto la sua antica vocazione itinerante. Il viaggio, nella fattispecie, qui reincarna una dimensione tradizionale, prossima alle terre attraversate e alla gente incontrata. La poesia, nondimeno, lascia intravedere anche briciole di futurismo, a partire dall’azione intrapresa. Il tour si distingue, anzitutto, per essere aperto a tutti e, tra le altre cose, vedrà collegate due radio, una dalla Sicilia (Radio Sis di Catania) e l’altra dal Lazio (Radio Immagine di Latina). Attraverso ogni tappa si susseguiranno appuntamenti poetici che saranno anche luogo di ritrovo e confronto. L’iniziativa, che si svolgerà ininterrottamente per una settimana, parte il 2 agosto da Messina (con la collaborazione della Libreria Hobelix e il B&B Le Case Pinte), poi, il 3 agosto, è la volta di Taormina (con la collaborazione della Libreria Bucolo, Fondazione Mazzullo e il B&B Sole) e, a seguire, Catania (con la collaborazione della Libreria Tertulia e l’Associazione Akkuaria), Augusta (con la collaborazione della Libreria Mondadori e il B&B Le Cinque Pietre), Siracusa (con la collaborazione della Libreria Metrodora e Aretusa Vacanze), Noto (con la collaborazione della Libreria Liber Liber e il B&B La Voce Barocca), Modica (con la collaborazione della Libreria Mondadori e l’Agriturismo Torre Don Virgilio) per finire, il 9 agosto, a Ragusa (con la collaborazione della Libreria Saltatempo, Proloco Ragusa e La Villa del Lauro). Nel corso degli incontri gli ideatori proporranno, insieme ad inediti, versi tratti da Rapido blè (UME 2003), Venti risacche (Acume 2007), Di amore, di morte (Teseo 2000) ed Ad Istanbul, tra pubbliche intimità (Il Foglio 2007) oltre ad alcune traduzioni e libere interpretazioni di altri autori. Percorrendo l’intero tragitto in bicicletta, porteranno nelle librerie e nei luoghi storici delle città attraversate una poesia ricca di temi e di suggestioni mediterranee.

PROGRAMMA:

Venerdì 25 luglio 2008, alle ore 12.00, conferenza stampa con Enrico Pietrangeli e Ugo Magnanti presso la Sala Serra del Palazzo Municipale del Comune di Nettuno. Interverrà il sindaco, Alessio Chiavetta, che delegherà un messaggio di amicizia mediterranea rivolto ai comuni siciliani prima del trasbordo a Messina per la partenza:

Esiste un ponte ideale che unisce tutte le città e i luoghi che si affacciano sul mare;  eppure ogni posto di mare ha colori propri, luci e suoni particolari e unici. Forse per questo l’uomo non si è mai stancato di viaggiare, consapevole della bellezza che lo attende alla tappa successiva. Per questo motivo il viaggio di Ugo Magnanti ed Enrico Pietrangeli, tracciando un percorso fatto di sole, immagini e parole, è ad un tempo romantico e poetico. Pertanto invio con grande soddisfazione il mio saluto a tutte le città siciliane che costituiscono le tappe di questo singolare viaggio sperando che questa inedita occasione divenga ponte per future iniziative di scambio e collaborazione

Il sindaco di Nettuno Alessio Chiavetta

TOUR:

Sabato 2 agosto 2008, alle ore 18.30, nel Parco Horcinus Orca – Capo Peloro a Messina inizia il tour ciclistico poetico, per l’occasione interverranno, tra gli altri, Vitaldo Conte, Enzo Salsetta, Clara Monterossi, Maria Froncillo Nicosia, Giovanna Turiano, Fabio Orlando, Luca Frudà, Carlo Barbera, Dominga Carruba, Flavia Vizzari e Vittoria Arena.

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Hobelix via dei Verdi, 21 – Messina

[Web: www2.glauco.it/hobelix/ E mail: libreria.hobelix@alice.it Tel: 090774046]

B&B Le Case Pinte viale della Libertà, 251 – Messina

[Web: www.lecasepinte.com E mail: info@lecasepinte.com Tel: 0903694740]

ed è dedicata alla memoria di Matteo Moraci, poeta e sportivo di recente scomparso, che aveva aderito alla manifestazione

Domenica 3 agosto 2008, alle ore 19.00, evento nel Giardino del Palazzo dei Duchi di S. Stefano di Taormina, interverranno, tra gli altri, Fabio Orlando, Gilbert Paraschiva, Luca Frudà, Rocco Fodale, Gianni Sanò, Andrea Ingemi, Pasquale Vinciguerra e Maria Teresa Prestigiacomo.

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Bucolo piazza Leone, 3 – Taormina

[E mail: bucololibrerie@jumpy.it Tel: 094224873]

B&B Sole Contrada S.Venera – Taormina

[Web: www.beb-sole.it E mail: info@beb-sole.it Tel: 0942680264]

Fondazione Giuseppe Mazzullo

Lunedì 4 agosto 2008, alle ore 21,00, presso la libreria Tertulia, nello spazio aperto antistante (isola pedonale), si svolgerà l’incontro di Catania, interverranno, tra gli altri, Vera Ambra, Luca Frudà, Ninni Magrì, Carmen Russo, Samia Zbidi, Mariella Sudano, Alfio Patti e Vitaldo Conte.

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Tertulia via Michele Rapisardi, 1/3 – Catania

[E mail: tertulia.tertulia@libero.it Tel: 0957152603]

Associazione Akkuaria via Dalmazia 6 – Catania

[Web: www.akkuaria.com E mail:  veraambra@akkuaria.com Tel: 0957223831]

AN.P.O.S.D.I. Sicilia, Associazione Ethos, Associazione Marranzatomo

Martedì 5 agosto 2008, alle ore 19,00, presso la libreria Mondadori di Augusta, ci sarà un incontro nel quale interverranno, tra gli altri, Andrea Durante, Francesco Luca Santo, Raimondo Raimondi e Alessandro Mascia.

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Mondadori via Principe Umberto, 82 – Augusta

[Web: mondadoriaugusta.myblog.it/ E mail: libreriamondadori.augusta@hotmail.it Tel: 0931 975743]

B&B Le Cinque Pietre Contrada S. Giovannello – Carlentini

[Web: www.lecinquepietre.it E mail: info@lecinquepietre.it Tel. 095 991466]

Associazione Megarese

Mercoledì 6 agosto 2008, alle ore 21,30, presso la libreria Metrodora appuntamento per il meeting di

Siracusa, interverranno, tra gli altri, Lidia Pizzo, Maria Marino e Antonio Nicoletta.

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Metrodora via Castello Maniace 23 – Siracusa

[Web: www.290677.splinder.com E mail: metrodora1@gmail.com Tel: 3485450025]

Aretusa Vacanze vicolo Zuccalà, 1 – Siracusa
[Web: www.aretusavacanze.com E mail: info@aretusavacanze.com Tel: 0931483 484]

Giovedì 7 agosto 2008, alle ore 21,00, ritrovo presso la Libreria Liber Liber, accanto alla Chiesa del Carmine di Noto, interverranno, tra gli altri, Erminia Gallo, Luca Sebastiano Nici, Pietro Nigro e Sebastiano Adernò.

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Liber Liber via Ruggero Settimo, 17 – Noto

[E mail: librerialiberliber@simail.it Tel/Fax:  0931574774]

B&B La Voce Barocca via Giordano Bruno, 5 – Noto

[Web: www.vocebarocca.com E mail: info@vocebarocca.com Tel: 0931825231]

Venerdì 8 agosto 2008, alle ore 19,00, happening-incontro nello spazio antistante la libreria Mondadori di Modica, interverranno, tra gli altri, Mauro Cavallo, Enza Giurdanella e Giovanni Scilio.

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Mondadori corso Umberto I, 8 – Modica

[Web: www.mondadori-modica.it/default.asp E mail: info@mondadori-modica.it Tel./Fax: 0932 945363]

Agriturismo Torre Don Virgilio strada provinciale Rocciola Scrofani, 260 – Modica

[Web: www.torredonvirgilio.it Tel: 0932909116 Fax: 0932909302]

Sabato 9 agosto 2008, alle ore 21,30, evento nel Chiosco del Conte di Altavilla – Giardini Iblei – Ragusa Ibla per la chiusura del tour a Ragusa, interverranno, tra gli altri, Giorgio Càsole, Tito Cauchi, Salvatore Vicari e Pippo Di Noto

Questa tappa è stata organizzata col contributo di:

Libreria Saltatempo via G. B. Odierna, 182 – Ragusa

[Web: www.saltatempo.it E mail: info@saltatempo.it Tel./Fax: 0932625959]

Villa del Lauro via Ecce Homo, 11 – Ragusa

[Web:  www.villadellauro.it E mail:  info@villadellauro.it Tel:  0932655177]

Proloco Ragusa, il presidente Antonio Recca, Barocco in Bici di Daniela Di Natale

UFFICIO STAMPA:

Comune di Nettuno

ufficiostampa@comune.nettuno.roma.it

Mobile: 3471076650

Tel: 0698889265

Poesia, scrittura e immagine

uf.stampa@fastwebnet.it

P come Poesia


“Sempre nuova è l’alba”
(libera notte di poesia)
direttore artistico
Antonio Natile

Venerdì 1 Agosto
Noci – Scalinata della Stazione
dalle ore 21.00

Sono lieto di pubblicizzare dalle pagine del mio blog questa iniziativa curata da Antonio Natile, che con energia infaticabile promuove la poesia. Ogni anno a questa ‘libera notte di poesia’ hanno preso parte alcuni dei poeti più interessanti, non soltanto pugliesi, non soltanto già affermati, anche perché si da ampio spazio agli esordienti e alle sperimentazioni. Un’occasione da non perdere soprattutto per chi desidera leggere i propri versi, senza alcuna preclusione di sorta, in quel di Noci. La platea, ve lo assicuro, è calorosa. Tanto è che la differenza tra il pubblico di Noci e quello delle platee che spesso affollano i reading è presto detta: lì il pubblico è interessato, accorato, partecipe e molto spesso interveniente, anche perché non è composto dai soli ‘addetti ai lavori’. Per farla breve Natile (con l’aiuto di valenti collaboratori e di un’associazione) riesce in quel di Noci, a far vivere il corpo della poesia.

Vi aspetto Sabato a Copertino per la presentazione di “Ieratico Poietico”


Medi_terra_neo – Sabato 17 maggio – ore 20,30
Ieratico poietico di Stefano Donno – Besa Editrice
presentano Antonio Errico, Luciano Pagano
video installazione di Andrea Laudisa
Ex Palazzo Colonna – Via Ruggeri- Copertino (Le)

Ieratico Poietico” segna la cifra dell’incontro, non solo poetico, con Stefano Donno; incontro germinato nell’estate del 2003, e che ha portato diversi e ottimi frutti, dibattiti, scritture. Sabato sarà l’occasione per mettersi/ci a confronto, discutendo insieme a Antonio Errito di questo bel libro.

Giulio Perrone. Un'antologia per raccontare la vostra PUGLIA.


Accogliamo e diffondiamo l’invito di Vincenzo Mastropirro, musicista e poeta, curatore di un’antologia che uscirà per Giulio Perrone Editore, rilanciando a tutti i lettori del nostro sito l’invito di partecipazione.

Nuovo appuntamento poetico, con il progetto Italie dedicato ad una splendida regione ricca di storia e di bellezze naturali come la Puglia a cura di Vincenzo Mastropirro

PUGLIA ovvero Gargano Murgia Salento per una rete di incontri, di vite e di storie che s’intrecciano, di fili che s’annodano in grandi e piccoli luoghi, con la flemma meridionale dove il sole c’è sempre e l’aria è frizzante. Questo succede soprattutto se viviamo in una grande regione. Una regione in movimento, un luogo intriso di luce, odori e sapori unici. Dietro le città che conosciamo, dietro i posti che percorriamo ogni giorno, si nascondono altre piccole realtà che spesso ci sono rimaste estranee. Scovatele con le vostre parole, scavate nel vostro immaginario.

Per partecipare è sufficiente inviare una poesia (in lingua o in dialetto) o un racconto di massimo 3 cartelle (ogni cartella 1800 caratteri) in un unico file word che contenga anche tutti i propri dati personali (nome, cognome, indirizzo, telefono, email) a mastropirro@libero.it

Ad Istanbul, tra pubbliche intimità. Enrico Pietrangeli


Alessandro Maria Carlini
su “Ad Istanbul, tra pubbliche intimità.” di Enrico Pietrangeli

Dalla diffusione del geniale epigramma “M’illumino di provvisorio” Enrico Pietrangeli potrebbe conseguire la fortuna letteraria che merita. Indovino un’intera generazione di precari pronta ad appropriarsene. E dello splendido ricordo di un anziano Ungaretti orco del carosello, in molti desidererebbero certo disporre in prima persona, e averlo potuto condividere. Un poeta è anche un conservatore di esperienze mancate da altri: per distrazione, assopimento precoce, o futilità nelle ossessioni.Pietrangeli è una specie d’apocrifo scapigliato. La contiguità di vincoli affettivi, orgasmo, riposo, morte, lo sgomenta, e come dargli torto? Un poeta è anche un nostro troppo simile. Pietrangeli, al pari di Ungaretti, patrono designato della raccolta, ci sa davvero fare con le città in quanto soggetti poetici. Con Roma e Istanbul, perviene a un rapporto vertiginoso di mutua esplorazione in cui forma urbis e forma mentis si conglomerano. La sua personalità letteraria ha qualcosa dello stratificato disordine delle due capitali dell’impero romano. Musicologo per vocazione, Pietrangeli è un poeta rock: non nelle pose, ma perché dalla musica popolare americana ha assorbito quel desiderio incessante e vitale di un altrove. Le varianti circolari e numerabili all’infinito del suo salmo sufi Re Mix, mi è venuta voglia di intonarle: non mi ha trattenuto la prossimità di estranei. Mi convince meno il Pietrangeli d’occasione, del suo Undici Settembre, ad esempio, o il neo futurista che sperimenta l’HTML come infrastruttura sintattico-semantica. Atteggiamenti che stridono col suo peculiare intimismo, il suo alchemico combinare estasi e sfinimento, orrore della morte e cupio dissolvi, esaltazione amorosa e sulfureo risentimento. Il Pietrangeli a nudo in pubbliche intimità nasconde habitus sottopelle. Taluni suoi passaggi possono dapprima sembrare meri riempitivi, acquisendo invece rilievo tornandoci sopra. Sollecitano con amicale premura riletture. Il senso antico e seventies della strofa di cui dispone, distoglie dall’affaticarsi in ricerche genealogiche per restituirgli poeti-fratelli della sua generazione. Laddove altri giocano innocentemente con le parole, Pietrangeli mescola pericolosamente umori. Le sue poesie d’amore si direbbero scritte sul comodino in quei momenti di lucidità altrimenti inattingibile tra il prodigio organico dell’orgasmo e il baratro atavico del sonno. Ci sono sillogi poetiche adatte alla vigilia di una battaglia; raccolte adatte al frammentato otium metropolitano; volumi atti a lenire le disillusioni con i loro poetri [mantengo il lapsus di digitazione] catartici; raccolte da tenere a portata di mano in libreria come un farmaco antisintomatico nel cassetto; altre -ancora- compilate per accompagnarci a lungo nella decomposizione. Ad Istanbul tra pubbliche intimità mi appare indicata per ciascuno di questi usi.

Ad Istanbul, tra pubbliche intimità, Enrico Pietrangeli,
Edizioni Il Foglio – 2007 – 10€

IL VOLO DEL CALABRONE. Un progetto di poesia performativa


IL VOLO DEL CALABRONE. Un progetto di poesia performativa
(postfazione di Gabriele Frasca, a cura de “Gli Ammutinati”, Battello stampatore)



È appena uscito

Il volo del calabrone. Un progetto di poesia perfomativa

postfazione di Gabriele Frasca, a cura de “Gli Ammutinati”, Trieste, Battello stampatore, 2008, euro 10.

Testi di:

Dome Bulfaro, Silvia Cassioli, Matteo Danieli, Luigi Nacci, Adriano Padua, Luciano Pagano, Furio Pillan, Silvia Salvagnini, Christian Sinicco.

***

Dalla nota dei curatori:

[…]

Pubblicare l’ennesima antologia non è di certo un esercizio di sopravvivenza, né per chi l’ha scritta, né per chi la leggerà. Il motivo che ci ha spinto a pensarla e a realizzarla è un altro: ci è parso di individuare nella poesia degli ultimi anni due tendenze, se non dominanti perlomeno più aggreganti rispetto alle altre: da una parte un sostanziale arretramento della lingua poetica a bisbiglio prosastico, privo di ritmo, di musicalità; dall’altra parte invece un rinsaldarsi delle posizioni post-avanguardiste attorno a una lingua experimentum, la quale a volte si ri-metricizza rigorosamente, a volte si fa canto, a volte si struttura quasi a simulare il rap. Non stiamo affermando che questi siano i filoni maggioritari o più importanti, sosteniamo soltanto, basandoci sul dato empirico delle nostre esperienze, che a noi queste due linee sembrano oggi nell’atto di venir marcate con più forza, anche grazie a riviste, case editrici, siti internet, blog e festival che prediligono più dichiaratamente l’una rispetto all’altra. Postulata tale visione come base del nostro ragionamento, a noi sembra che manchi l’attenzione verso la linea o l’incrocio di linee che ricercano una zona mediana tra le due sopracitate: un limbo in cui la parola riesca a stare, come un equilibrista, in bilico tra ricerca di senso, costruzione di una visione del mondo e ricerca metrico-prosodica (anche in direzione di nuovi spazi metrici) senza che nessuna di tali tensioni si sacrifichi per far spazio all’altra. Consci della pericolosità del nostro dire, non ci azzardiamo avanti in disquisizioni teoriche che potrebbero ricordare la prosopopea di certi manifesti del passato. Qui non vi sono proclami. Ci siamo sforzati di immaginare quella zona mediana, dopodiché siamo andati alla ricerca di coetanei (nati dopo il 1970) che a nostro personale modo di vedere possano rientrare in quella zona, quindi abbiamo chiesto loro di spedirci dei testi che a loro modo di vedere potessero rientrare in quella zona, infine abbiamo selezionato i loro testi cercando di farli stare nel cuore di quella zona il più possibile. Et voilà: ecco – sarà un caso? – un gruppo di autori che sa anche performare i propri testi!

Il calabrone vola tenendo come rotta la linea che taglia in due parti uguali (ma non per forza superfici fatte solo di angoli retti) quella zona mediana. Il calabrone simboleggia la parola carica di senso e di vitalità che crepitando/risuonando tiene la rotta senza abbandonarla mai: un calo del battito vorrebbe dire caduta/morte, la mancanza di una meta verso la quale volare genererebbe titubanza, cioè temporeggiamento, cioè caduta/morte.

[…]

***

(sopra, particolare della copertina: disegno di Ugo Pierri)

Per info o acquisti, scrivere a:
ilvolodelcalabrone@gmail.com

Viaggio a Panafon


santacesarea.jpg

Maggio: mi manchino pure gli stupidi sciami
di riso mi manchi l’andare i passaggi di coste
nel fresco o non so che non so le mie mani
alla nuca mi siano spettabile tramonto
di fuochi gli eppure di sole
un bel mese può esistere sempre, ma non è maggio
se come maggio intendo
un po’ di fresco, quest’arietta e
quest’ombra industrioso silenzio, solare.
Mastico gli scogli e dico santo vespro.
Più me, più poesia, più dire celeste
sanato dispero. Più me, più puntate sul tavolo
giusto, maggio:
mensile come arridere sfortune arate
al maggese che attende una semina
sporca si spetra nell’ibrido niente di pasto
comando un innesto ed il seme violato
nel cuore di seme frantumo. Impudente. Incanutente.
Incespicante. Manifesto di un’ousia passata,
risolto in un tutto scimunito, comando picchiare.
Comando improperio del gusto,
defungersi è buono, defungersi è meglio che dire bestemmie
e può darsi che il meglio è difforme.
Ballavi nascosta celata e davanti restava
l’arietta gentile, un bel mare, gommoni
e per questi ascoltavi il tramonto di maggio:
ahi maggio, dicevi turismo bestiale…

da “Il volo del calabrone” (Nota introduttiva di Aldo Nove, Postfazione di Gabriele Frasca, a cura de “Gli Ammutinati”, con poesie di Dome Bulfaro, Silvia Cassioli, Matteo Danieli, Luigi Nacci, Adriano Padua, Luciano Pagano, Furio Pillan, Silvia Salvagnini, Christian Sinicco)

L’antologia “Il volo del calabrone” verrà presentata Giovedì 20 marzo alle ore 21.00 a Lissone, presso la Biblioteca Civica in Piazza IV Novembre, 2

ai senza nome


brunobozzetto.jpg

ai senza nome

Tu che da secoli inchiodi i secondi
Fai che dal giorno la notte ritorni
Originale differente.
Troppo spesso ho veduto giorni
Farsi tenebre buio vestite
Notti violate dai bagliori di proiettili
Imprecisi se è vero che la luce
È più rapida di tutte le cose
Il buio un manto.

pubblicata su “Il Bardo”, Anno XVIII
Numero 1, Febbraio 2008

(fermo immagine da Allegro Non Troppo, di Bruno Bozzetto, 1977)

Nel cristallo un vino astrale


NEL CRISTALLO UN VINO ASTRALE
di Alessandro Canzian

Sono figlia del cielo e della terra, / Pura ed impura come tutti, forse.
(M. L. Spaziani)

Sono questi i primi e bellissimi versi di un lungo percorso che prima d’essere costruito è stato amato, bevuto ed imbevuto nell’entusiasmo d’un brindisi, d’una ricerca della poesia oltre ogni facile etichetta. Nel cristallo un vino astrale è il primo progetto editoriale di Whipart onlus e conclude un ciclo di articoli che hanno avuto come oggetto d’interesse, appunto, il vino. Dal vino nell’antichità come strumento di conoscenza al vino nei tempi moderni come strumento religioso da una parte e mezzo per evadere la realtà dall’altra. Poi il vino come approfondimento di una particolare corrente artistica primonovecentesca italiana: il futurismo. Per concludere con uno sguardo all’oggi che si è rivelato, nel sodalizio tutto poetico che rappresenta questa antologia, un polisemico osservare la vita stessa.
Dallo sconforto benzoniano de roso / dallo sconforto, dall’ebbrezza di / un giorno rivederti alla dolcezza spirituale di Conte La mia anima è sulle mie labbra: / la cerchereste altrove invano. […] Inumiditela prima di vino, / e che sia libera di andare. Dalla malinconica verità di Piersanti ho pianto con la faccia dentro i vini / ché ogni cosa il tempo trascolora alla preghiera quotidiana di Buffoni Il vino bianco in cucina serve sempre / Sia lodato Gesù Cristo / Sempre sia lodato. Il vino acquisisce man mano colori e sfumature differenti, è il rosso / è il bianco / è bere un colore / come Van Gogh che si attaccava / ai pennelli afferma emblematicamente Cavalli nel suo testo. Il vino è Amico e nemico non so, / compagno del passato, / antico pensiero trasognato dice parimenti Cucchi.
Il vino come un simbolo del quotidiano, e della condivisione. Questa raccolta con la scusa di parlare del vino, vuole, a suo modo, raccontare la vita afferma il presidente Guido Roberto Saponaro nella sua prefazione. E leggendo questi versi è difficile non pensare al vino come a un leggero e inebriante strumento di navigazione attraverso la vita, una barca di Caronte, forse, attraverso il male e le aspirazioni umane. è ormai sfiorito il tempo delle rose: / la vita sa di tappo / e -come il vino- è solo da buttare afferma Mancini. Ma Le poesie vanno lette ubriachi […] solo così si colgono i respiri / gli affanni affacciati / dalle ampolle dei versi dice Cipriano quasi componendo un manifesto poetico. Vino, vita, e poesia, un trittico ed un unicum che ha come filo conduttore la voglia di bere e di brindare alla vita, osservandola, gustandola e rendendola sostanza umana calda e comprensibile, amicale. Perché la vita, come afferma Astremo nei versi scelti a conclusione di questo percorso, è forse questa poesia che serve o non serve, / ma è necessaria, come sangue che pulsa.

NEL CRISTALLO UN VINO ASTRALE
http://www.whipart.it/e-book/nelcristallounvinoastrale.pdf

Autori presenti nell’antologia Nel cristallo un vino astrale

Maria Luisa Spaziani, Maurizio Cucchi, Giuseppe Conte, Ferruccio Benzoni, Antonella Anedda, Umberto Piersanti, Paolo Ruffilli, Franco Buffoni, Silvio Ramat, Gian Mario Villalta, Giorgio Bàrberi Squarotti, Ennio Cavalli, Roberto Pazzi, Roberto Deidier, Rosaria Lo Russo, Erminia Passannanti, Maria Pia Quintavalla, Alessandro Agostinelli, Antonio Spagnuolo, Arnold de Vos, Claudio Mancini, Tita Paternostro, Giuseppina Tundo Carrozzi, Feliciano Paoli, Maria Luisa Bigai, Domenico Cipriano, Claudia Ruggeri, Rossano Astremo.

E di nuovo verrai di niente vestita


“Avrei potuto deliziarvi col mio silenzio
Se soltanto mi aveste usato
La cortesia di tacere”

da “e di nuovo verrai di niente vestita”
Vito Antonio Conte

***
Sabato 23 febbraio 2008
, alle ore 19:00.
presso la Sala Consigliare del Comune di Lequile
in piazza San Vito, alla presenza del Sindaco, Dr. Fabio Lettere
e dell’Assessore alla Cultura, Avv. Antonio Filigrana

Mario Calcagnile  presenterà il libro “e di nuovo verrai di niente vestita” (Luca Pensa Editore, 2007) ultima raccolta di versi pubblicata da Vito Antonio Conte.

Le note del duo per chitarra e flauto di Patrizia Sambati e Stefania Palma armonizzeranno l’incontro.

***
Vito Antonio Conte vive a Lecce. Suoi versi sono presenti in antologie e scritture corali: Vignacastrisi Caffè Letterario (Officina d’arte di via S. Francesco, Vignacastrisi); Pace e libertà (Ed. La Comune, Roma); I Quaderni di “Athena” (Circolo Cittadino “Athena”, galatina); Dolmen (Ed. Vitruvio, Lecce); Majanu (Ed. Calcangeli, Magliano); Canto Blues alla Deriva (Besa Editrice), Il Sibilo Lungo (BigSur, Lecce). Ha pubblicato quattro raccolto di (liberi) versi: Blues delle 14:30, Polvere di sesso ed altre (brevi) storie, Liberando pensieri e stanchezza, Di immutati respiri, e un romanzo breve: L’improbabile vera storia di un uomo chiamato Luna, tutti per i tipi di Luca Pensa Editore.

“Psicofantaossessioni” di Faraòn Meteosès


Luciano Pagano
su “Psicofantaossessioni” Faraòn Meteosès

Nella sua introduzione scritta per questo libro di versi edito da Lietocolle, Claudio Comandini ci mette subito in guardia sull’ipocrisia e sulla falsa promessa di veridicità insite in tutte le introduzioni. Elucubrazioni autoevisceranti per mettersi in mostra o viatici che sollevano dalla lettura delle stesse poesie? Un discorso che in modo analogo si potrebbe fare con le poesie, i romanzi, in un’infinita rincorsa che come meta finale avrebbe un unico termine, l’onestà intellettuale. Il libro di Stefano Amorese (che in arte utilizza il proprio anagramma eufonico Faraon Meteoses) è un libro che raccoglie la produzione di un autore che come testimoniano i diversi video rintracciabili su Youtube, scrive pensando con attenzione all’oralità della propria produzione. Una caratteristica che potrebbe costituire allo stesso tempo una forza o un limite. Una forza perché la poesia, legata alla performatività del proprio autore, dona un’espressività del risultato che utilizzato con assiduità appaga degli sforzi, anche in termini di espressione. Un limite perché una volta viste, ascoltate e eseguite dal vivo, le poesie per conservare la stessa tenuta devono essere eccezionali. Come ad esempio lo sono quelle di Mariangela Gualtieri. Le assonanze e i rimandi vocali all’interno dei testi sono molti. I componimenti sottendono una vulcanica protervia compositiva, i più riusciti sono ottimi spartiti. Basta leggere poesie come “Verso il Bo”, “L’alternativa” o ancora “KM 1999” per accorgersi che dietro alle intenzioni di coinvolgere la poesia in tutti i sensi ci sia dell’altro. Anzitutto un forte sentimento di critica nei confronti della società delle convenzioni, non solo ritmiche, con le quali siamo abituati a confrontarci. Queste poesie aiutano a risvegliare i sensi del lettore dall’intorbidimento. Può la poesia una rivoluzione? Una materia così ostica eppure sempre capace di rinnovarsi nella sfrontatezza del sapersi proporre, può rivelarsi ancora in qualcosa di interessante, nuovo? Mi vengono in mente certi versi del pasoliniano “Trasumanar e organizzar”, così forti e prepotenti da cercare il bisogno dell’essere detti, malgrado così privi di musicalità, tutti senso e sensazione che non c’è mai abbastanza tempo per raccontarlo, il tempo. Stefano Amorese, poeta, musicista e performer riesce nell’intento di dare materia di canto a un tempo sfuggente, e lo fa senza sbavature “sulla spalla e la cervice del bombardiere/precipitato sulla puleggia/del tuo condilo occipitale, femminile cerniera/che chiude il solco del dente/del crotalo canilicolato, secreto digerente/di un veleno esfoliante/che picchietta la ghiandola,/sul pelo incarnato nel tuo segreto/placcato da squame nella tua formula incognita/di grado secondo”. Un dettato che è in cerca di una soluzione e che resta in armonia con il suono e con il senso dell’invettiva. Ha suoni e talento da vendere, Stefano Amorese, che malgrado la dichiarata latitanza di Virgilio, come dice in una poesia, possiede gli anticorpi per affrontare il mare magnum della poesia di un tempo post-avanguardista. Per lettori curiosi.

Psicofantaossessioni, Faraòn Meteosès
Lietocolle, 2007, €10

"Il passaggio". Maria Zimotti


Maria Zimotti
Il passaggio

Le metamorfosi dei figli vanno da sé.

Non le guardo, facendo solo il cambio degli armadi
estenuante lotta dei vestiti che non riescono a stare dietro

alle loro cellule che si moltiplicano

Non le foto mi hanno dato il senso
che mio figlio è ormai un uomo

che per sempre se ne è andato quel bambino
come le sue tutine date via

Solo quel suono

qualche giorno fa quando sentivo
in una casa impregnata dall’odore

tipico del pannolino misto a pastafissan
a latte in polvere. Quel suono

del bambino che piangeva.

Il richiamo senza parole, musica
che contiene, lo so, il principio di tutte le parole

il principio di tutto l’amore.

Nostalgia di un amore più facile
perchè lui era parte di me

e lo vorrei rifare per la serenità
che dà il pianto di un bambino

con l’odore tipico di pastafissan latte e pannolino

Ora lui ha amori suoi
nascosti nell’oblio dell’i-pod

Non posso che dargli qualche carezza di notte
quando più assomiglia a quel bambino

e solo perchè incosciente si arrende al mio tocco

o forse perchè nei suoi sogni ancora io ci sono
in quella memoria ancestrale del suo primo vagito

il suo abbandono mi fa meno male così
ma sono film che si fanno le mamme

sempre alla ricerca di bravi bambini

La sputacchiera e il santo.


Davide Nota
La sputacchiera e il santo

Conosco i luoghi e i tempi che hanno incubato e visto nascere questo «primo vagito» poetico: sono gli squarci notturni di un piccolo paese della Vallata del Tronto, Spinetoli, in provincia di Ascoli Piceno. Sono i suoi bar deserti oppure, il sabato, colmi di una disperata allegria. Sono le sue strade melanconiche, immerse nel silenzio feriale, oppure invase fino all’alba dalle etrusche grida degli ubriachi. Poeta autodidatta, istruitosi da sé alla grande poesia degli eretici del Novecento, da Dino Campana ad Allen Ginsberg, da Jean Genet a Dario Bellezza, da Sergej Esenin a Salvatore Toma, Augusto Amabili si inserisce naturalmente in quella famiglia di poeti e di artisti per cui scrittura altro non può né vuole essere che una solitaria forma di rigetto e assieme sete di vita: «Voleva partire. Mai ci eravamo piegati a sacrificare alla mostruosa assurda ragione…» (Dino Campana).
Parrà certamente di cattivo gusto, nel panorama civilizzato della poesia italiana contemporanea, il riferimento a questo “Non-canone” incivile e irragionevole. Benissimo, perché la poesia di Augusto Amabili nasce con convinzione nel ventre inquieto di questo cattivo gusto. Essa germina con impura innocenza tra le cementizie fronde della “dopo-Storia”, dalle reclusioni casalinghe del dopo-lavoro, in fabbrica, ai riti sciamanici del fine settimana. Conosco bene le bevute e gli abbracci, e le poesie passate o lette, o scritte, a tarda notte nei pressi di un bancone. Conosco la violenta grazia di una fede reinventata in questi luoghi di lacrime e silenzio, la necessità fisiologica di iniziarsi al musicale oltraggio della “poesia impura”. E se il rischio del maledettismo è sempre in agguato, Augusto Amabili sa dribblarlo con disinvoltura, con la grazia con cui, ammettendo che «anche questo è bluffare», alterna a tutta una serie di posture liriche o anche classiche, uno slang informale con cui si rivolge direttamente al lettore: «tu ci sei dentro», «ciao», «troia», «te lo giuro», «per favore», «questo intendo».
La convalescenza è il taccuino personalissimo di questa “iniziazione”, e pure di un “viaggio” (per tornare al nostro Dino Campana, ma anche al Non per chi va di Gianni D’Elia – libro molto amato da Augusto), tra le ombre e gli spettri di una “notte” vissuta ed interiorizzata in quanto “assenza”, “mancanza” e “malattia”; dalle “prime ossessioni” serali alla finale “alba”, che rapisce e pure denuda. Nei gironi di questo piccolo inferno di provincia, Augusto Amabili è il dannato che prende la parola dall’interno di un pantano ardente. Egli così può e sa dimostrarci, per dirla con le parole di Roberto Roversi, che «non sempre nell’inferno c’è soltanto il fuoco». Fuor di metafora, questa plaquette prima è il resoconto interiore di un’esperienza del tutto extra-letteraria: la vita di un giovane uomo nato nel 1976 in un piccolo paese sud-marchigiano e qui disordinatamente cresciuto fra scuole tecniche mal frequentate, lavoro in fabbrica, isolamento e disagio giovanile. La convalescenza è la presa d’atto, poetica e dolente, di questa condizione esistenziale: «molto è dovere, intorno, feste d’ubriachi. / con esse adagio la mia colpa scorre / o corre via con l’origliare dei salvati».
E pure Augusto ama il fango in cui sprofonda. In questa irrisolvibile contraddizione originaria, l’«osceno» «mostruoso» del “reale” viene classicamente ritmato in calchi lirici che, sebbene soggetti a continue frane e smottamenti formali, sanno rendere il materiale poetico – gli umori diretti di un’umanità randagia ed orfana – con una sorta di pre-civile, selvatico, candore. Ha già scritto di questi testi Gianluca Pulsoni: «Pieni di livore compassionevole, secco, bruciante, pieno di errori, di digressioni, di “cadute di stile”, questi versi sono il sangue stillato di una creatura che vive in un marasma di impoeticità, capendo e carpendo tutto: sapendo che ogni gesto è lì!» (Carta sporca, ottobre 2006). Ed è proprio questo magma, questo fiume lavico di umori e di visioni, il segno più intenso che questa neonata poesia, genuina e pure oscura, innamorata e pure sporca, sa donarci. Essa ci offre cioè l’opportunità di sapere quali misteriosi eventi, quali miracoli, possano accadere nel tragitto che separa il «bancone tarmato» di un bar dal distributore delle sigarette: nel «punto dove una sputacchiera / battezzò il santo».
Se prima non lo sapevamo, adesso possiamo saperlo; e di questo dovremmo essere profondamente grati alla poesia di Augusto Amabili.

Paludi di Gravisca, topi di Cosa.


vallidicomacchio.jpg

L’alba brillò rugiadosa nel cielo di porpora:
spieghiamo oblique le vele, rigonfie al vento;
fuggiamo, allargandoci un poco, le secche alle foci del Mignone,
le onde alle piccole bocche trepidano malfide.
Quindi scorgiamo i tetti sparsi di Gravisca,
spesso oppressa d’estate da odori della palude;
però i dintorni boscosi verdeggiano fitti di macchie
e l’ombra dei pini trema sul margine dei flutti.
Vediamo incustodine le antiche rovine,
le mura diroccate di Cosa deserta:
ed imbarazza esporre fra cose serie la causa ridicola
dello sfacelo, ma non posso tenere nascosto il riso.
Dicono che un tempo i cittadini, costretti a migrare,
abbandonarono le case perché infestate dai topi!
Crederei prima alle disfatte dei Pigmei
contro le gru confederate per le loro guerre.

(Il ritorno, Rutilio Namaziano, a cura di Alessandro Fo, Einaudi, 1992, vv. 276-292)

Non si sa esattamente quando, se nel 415 o nel 417, sappiamo soltanto che era d’inverno (presumibilmente tra novembre e fine dicembre), possiamo immaginare giorni simili a questi, giorni di disordine apparente che invece dispiegano mille volontà differenti, ognuna con il suo minuscolo e microbico interesse sul piatto. Rutilio Namaziano, è costretto a lasciare Roma per fare ritorno in Gallia. Il motivo è semplice, sui suoi possedimenti sono passati i barbari. Rutilio deve far ritorno a casa per controllare di persona che cosa ne è delle sue proprietà. Cosa si prova a intraprendere un viaggio di centinaia di chilometri senza sapere che cosa troveremo? Il ritorno è il poema in cui si racconta il suo viaggio Rutilio decide di risalire l’Italia sulla costa, anche perché il tempo è sfavorevole e quindi è meglio trasportare il proprio bagaglio sull’acqua, riparando a riva in caso di maltempo. Dopo una sessantina d’anni verrà deposto l’ultimo imperatore di Roma. Nell’aria si respira aria di declino. O forse no. Forse si stanno gettando le basi per qualcosa di più grande e importante, soprattutto nella cultura ‘europea’, i primi, strani, gruppi di monaci, il cristianesimo. Ne Il ritorno la fonte principe della geografia e della poesia è l’Eneide. Il luogo di cui si narra nei versi 276-292 è la fonte del Mignone.

Nymphaea Armonyshow


Domenica 27 gennaio, 20.30
Nymphaea Armonyshow

Sprofonderei sin d’ora
nell’umida quiete
di quei boschi
specie nel sottobosco
ninfale che
bagnando nutre

(Rosemily Paticchio per Nimphaea)

Chiusura della mostra fotografica di Rossella Venezia
Visioni poetiche di Rosemily Paticchio
Performance di danza di Lea Venezia
Videoproiezione “Nimphaea”
________
Aperitivo
*****
NYMPHAEA, IL RITORNO ALLA NATURA
Domenica 27 gennaio alle 20.30, presso il Circoletto di Lecce in via delle Bombarde 13/b, nei pressi di Porta Napoli, si svolgerà la serata conclusiva della mostra di opere fotografiche di Rossella Venezia, risultato di un’originale esperienza fotografica, con espedienti digitali e tecniche che decantano tutta la naturalezza della corporeità femminile; un lavoro poliedrico che indirizza gli sguardi verso argomenti che oggi interessano tutto il mondo femminile e non solo.
Il messaggio prioritario che questo intervento vuole trasmettere coincide, infatti, con la riscoperta della vera naturale bellezza, che scaturisce principalmente dall’interiorità, e con l’esaltazione di un certo aspetto di leggiadria femminile che è del corpo ma soprattutto dell’anima. Ciò consente di sganciarsi dalla pesantezza dei soffocanti schemi mentali che tanto influenzano l’esistenza “sociale” di ognuno di noi. Solo in questo modo è possibile recuperare la piacevolezza dell’essere se stessi, e non falsi burattini di una società certamente molto difficile e complessa, che rende schiavi di un’immagine artificiosa. In particolare, si fa riferimento a problemi legati all’estetica, che spingono molte donne e adolescenti a situazioni d’insicurezza psicologica a causa della propria forma fisica, a volte con conseguenze drammatiche o persino fatali.
L’allestimento fotografico sarà accompagnato dalla performance di danza della danzatrice Lea Venezia, video-performance, e testi di poesia contemporanea a cura di Rosemily Paticchio.

Nymphaea

Rappresenta il ritorno alla natura, alla bellezza umana vera e propria.
Senza artificio alcuno…come un bozzolo che aspetta di divenire farfalla, come un girino che lentamente si trasforma si evolve come noi uomini.
Veniamo al mondo, crescendo subiamo metamorfosi, mostrando la nostra immagine, oggi alterata, migliorata, per renderla più gradevole agli occhi di chi l’osserva, per renderci conto poi che dura pochi istanti, il piacere della bellezza che diviene morboso quasi una malattia, ci si rende conto poi che non basta avere canoni prefissati, ma… il piacere d’essere se stessi per non sembrare falsi burattini di una società che ti rende schiavo dell’immagine, siamo uomini non oggetti che si ricostruisco, rimodellano, ma solo esseri umani.
….I bozzoli sfioriranno e avranno l’unicità della bellezza, unica, dissimile per ogni essere vivente.

Incipit


Luciano Pagano
Incipit

Dal profondo della terra preme
Nelle vene il sangue
Di padre di madre ogni globulo chiede
Che io ami in eccesso
Sia il bene assoluto che assolve
Per ciò che avete fatto di ciò che non avete fatto
Delle cose visibili in quelle invisibili
Delle cose buone e di quelle ingiuste
Grido che stridulo rende secco
Il rumore della finestra alluminio roveto
In estasi di serrande di serrande un giorno
Hai udito il tuono.

La lettera al padre
Miniata da Kafka pure iniziava
Con queste parole: “Caro Papà”.

(in foto Guglielmo Malato, Famiglia)

I poeti non dormono mai. Incontri e letture di giovani e giovanissimi autori


I poeti non dormono mai
Incontri e letture di giovani e giovanissimi autori

I Poeti non dormono mai è un progetto nato da un desiderio comune: riuscire ad ottenere uno scambio tra i migliori giovani poeti dell’intera penisola, attraversando tutte le maggiori città italiane, da Bologna a Milano, a Roma, fino a Napoli e Lecce. Le serate vedranno la partecipazione di poeti, professori e critici letterari, che introdurranno i reading e saranno chiamati ad esprimere pareri in merito ai testi dei poeti coinvolti negli incontri.
I giovani poeti, selezionati dal Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna, leggeranno i propri versi a partire dall’inizio del prossimo anno, confrontandosi con il pubblico e accompagnati dalla musica di diverse band e artisti locali, colpi di scena, cultura e divertimento. Chiunque fosse interessato a partecipare e leggere i propri versi, purché abbia un’età pari o inferiore ai 30 anni, invii  i propri dati e almeno 10 poesie all’indirizzo  poesia@alma.unibo.it.
I più promettenti saranno selezionati dai membri del Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna e prenderanno parte alle letture.

IBRID@POESIA. L'amore virtuale.


Arti della connessione è il nostro macro-tema



Vogliamo valorizzare le nuove modalità creative del nostro agire comunicativo in rete e dare spazio alle strategie privilegiate della comunicazione in ambienti virtuali – alle quali stiamo dedicando in altri spazi tutta la nostra attenzione analitica – senza dimenticare che l’interazione e l’interattività hanno anche radici nella nostra storia e della nostra cultura.

In questa prospettiva, stare dentro la rete e presentarsi perciò come autori che creano nel virtuale significa anche poter rileggere, reinterpretare e innovare la nostra tradizione culturale e letteraria. In questa direzione il blog, fin dalle sue origini, tende a bruciare le distanze tra scrittura e vissuto, tra linguaggio e vita; lo fa utilizzando nuovi canali espressivi: al tempo stesso comunicativi e facilmente accessibili.

All’interno della rete è sempre possibile individuare, nella nostra scrittura, la trama delle appartenenze, il gioco dei rimandi incrociati, la complessità proliferante dei riferimenti. L’autore, certamente, continua ad esistere, ma la sua identità è, sempre di più, lo specchio abitato da una molteplicità di volti, di vite parallele, di storie, di avvenimenti, di culture. In questa prospettiva vogliamo dare spazio, tramite VOCI DELLA POESIA – IBRID@POESIA, alla poesia virtuale del terzo millennio.
Coordinatore di VOCI DELLA POESIA – IBRID@POESIA è Marco Saya.

IBRID@POESIA. L’amore virtuale è qui.

(immagini tratte da Virtual Love, Desire Inc., Binge, di Lynn Hershman Leeson)

Viola Amarelli


Viola Amarelli
Poesie

Alfabeto

S’affanna, è importante
telefona, scrive
solleciti fili di ragnatela
il saggio, il racconto, la presentazione
polemiche a freddo contando i contatti,
corteggia editori, spia critici e amici
schernisce new entry e le top dei successi,
tra scambi e contratti giurie e recensioni
blandisce, recide, esibisce pulsioni,
la sera è stanchezza
però soddisfatta
in fondo qualcuno lo chiama scrittore.

Quartieri Spagnoli

Magro il palazzo pigiama, la canottiera
nera su nero lungo i quartieri
spande eleganza,
guepiere di pizzo in pieno giugno pallido avorio
incede assorto, le rughe tese, in processione
asceta in cerca della bellezza
intorno il vuoto, nessuno guarda
mentre gli fanno tacito largo
come da sempre,
segno e rispetto
statua vivente sacra a follia.

Senile

La vecchia non riusciva a morire
ogni tanto cambiavano un pezzo
questioni ereditarie ma grazie a dio la memoria
era oramai un oblio.
Con la dentiera in giada e caolino
-sopravvivono spesso le ricche-
lampeggiava sorrisi ai passanti
bisnipoti generalmente, loro raccomandando
di non prender molto sul serio.
La vita alla fine, quella che a lei non riusciva,
non pareva valerne la pena.

Nullius

Oh, i retori della metafisica,
gli agghiacci afasici, le immagini kabuki
o sul versante del pudor composto
artatamente il tono medio basso.
Torniscono fonemi lemuri
ormai del vacuo, degradano
cascame sintagma raffinato
il nulla un tempo ierale.
Incùbe li sovrasta la morte
al singolare, analfabeti e a nascite
e a voglie, eros, immortali
anche a voler trascurare i letti
poi da rifare.

§

Viola Amarelli, tirrenica di nascita e di elezione, ha pubblicato con diverso eteronimo ricerche storiche ed economiche. Sul versante poetico si segnalano gli e-book “Encausto” (2004) e “Notizie dalla Pizia” nella collana Ekesy di Vico Acitillo,124 e la raccolta “Fuorigioco” (2007) per Edizioni Joker. Suoi testi sono disponibili in rete su “Poiein” ed “Erodiade”. Hanno scritto di lei Antonio Fiori, Raffaele Piazza (qui e qui). Suoi versi tratti da “Notizie dalla Pizia” sono stati interpretati dalla poetessa performer Rita Bonomo e possono essere ascoltati su OboeSommerso (qui)

 

Io sto alla poesia come mia madre all'aspirapolvere


Giovanni Santese
10 Poesie



Io sto alla poesia come mia madre all’aspirapolvere

Avevo
non senza fatica
trovato la chiave
per scardinare riserve pregiudizi
e invidie (che non si sa mai).
Avevo
non senza fatica
ravanato fra l’humus di parole
sparse nei fogli disposti
a raggiera
fra il pavimento e la scrivania.
Avevo
non senza fatica
allontanato la confezione tentatrice
di antidepressivi
sciolti nella vodka
prima che nel mio sangue.
Avevo
non senza fatica
legato insieme parole eterne
(avrei scoperto poi)
che lette d’un fiato
potevano stordire il cervello
prima di sciogliersi nel sangue.
Avevo
non senza fatica
creato parole immortali
(avrei scoperto poi)
e pure mia madre quando aprì
la porta
ebbe modo di farmi notare:
“Pensa alle cose serie meglio
che la poesia non ha mai dato da mangiare
a nessuno.
Tieni, passa l’aspirapolvere che fai una cosa utile!”
Per la prima volta ho faticato a darle torto.


Commiserie

Entrava
con l’arroganza
e con
gli orpelli consueti
stentava l’italiano
e la sincerità
“Tu dai soldi per latte
lui fame”diceva
indicando il bambino
che intanto trafficava
sotto il banco dei dolci
e dei soldi.
“io no soldi”risposi
“se vuoi mangiare dare panino
e un latte bambino”
preso da una forte crisi
d’identificazione (un po’ comune
invero)
“sei stronzo…
bastardo che la morte sia
per te un sollievo….
per la vita che ti aspetta.”
Ribattè lei in un italiano
perfetto.

27 ottobre 1996
A CLAUDIA RUGGERI

La luce di poche stelle
segna il limine oscuro
tra il davanzale e il solco profondo
nella tua anima.
E’ una vertigine che cresce
e offusca e divora
che spinge all’urgenza del verso
che sia forte, riconoscibile, devastante.
E’ una musica che accompagna
i tuoi piedi scalzi
che ti fa girare in tondo
giro giro tondo
giro intorno al mondo.
E’ ancora vertigine urgenza
che ti fa pensare ai tuoi versi
e ti lancia nella tua ultima danza semiotica.
” volli/ il folle volo delle streghe/volli”


Alla corsa dei cavalli

Penuria
di pecunia
la pelle
ruvida sotto i rivoli
di sudore
i numeri
scorrono veloci
dentro i cristalli
liquidi
Il respiro aumenta
avvicinandosi l’arrivo
insieme ai santi
di tutto il paradiso.


Apparenza e facciata

Le porte dei sinonimi
si aprirono
alla creatività dei singoli
per sciolinature
che si volevano perfette

Le porte delle scuole
ludico-creative
si aprirono
per insegnare a essere bambini
o ad opporre l’aggettivo
al verbo

Le porte della politica
si aprirono
al sociale in difesa della forma
del politicamente corretto
i ciechi dunque non vedenti
i sordi non udenti
i paralitici diversamente abili
si aggiunsero poi
i bidelli operatori scolastici
gli spazzini operatori ecologici

Domani
qualcuno aprirà ancora
quelle porte
vorrà arricchirle della beneficenza pubblica
resa mediatica
da studiosi di marketing
accenderà pozzi in Africa
filmerà i sorrisi
dei bambini più poveri
del mondo intero
lui
sarà quello in disparte
appena dietro il gruppo

Poi
verranno loro
i turisti giapponesi
ai quali le porte
si apriranno
i flash dei loro scatti
illumineranno le tante
cornici vuote ma lucide
tenute ben spolverate
i loro scatti
fermeranno la forma
impressa con la pressa
delle pari opportunità
respireranno l’aria linda
delle pari dignità
mentre qualcuno
sarà ben attento
con i piedi
a tenere nascosta
la polvere
e le incrostazioni
negli angoli
o sotto profumati tappeti.

P.E.

Dialogo principiato, abbandonato e mai ripreso con Antonio Verri

Perché vedi Antonio
ad uno scrittore capita, di trovarsi di fronte una campagna arida,di parole, estesa fin dove posano gli occhi, polverosa e sbrindellata quanto basta (e se non capita è perché non si è scrittori), matta e spessa ad assorbire i raggi dell’ispirazione, del tumulto, dell’abbrivio poetico potente quanto serve ad arare di solchi immortali tanta arsura spianata.

perché vedi Antonio
in quei momenti, in quei momenti là dico,è bello (o utile, dico) avere un alter ego, che parli per noi, che come un menestrello riunisca in uno spartito parole vuote apparentemente senza senso, ma che assumono leggendole una musicalità strabiliante, un alter ego insomma…con panni d’arlecchino, la faccia impiastricciata di neve e di farina, al lieve andare sbandando la figura, mima, sorride, fa boccacce..oh grandioso figlio del nulla, ma…è stefan, è stiffan l’inventore, il solitario impostore, lo svagato cercatore di lucchi, l’eterno pellegrino suasore, il sognatore cocente, babelico, fumoso..ma è proprio galateo questo mago che viene, questo diavolicchio che cresce come il timo..tira una parola dietro l’altra, simula uno squilibrio, continua il gioco..è tanto preso, però, che il tutto spesse volte gli sfugge di mano: ecco, allora è qualcosa di divino, piroettante, aristocratico (per usare i suoi suoni), allora nient’altro che parole, neologismi, accettazione propria, doppie, elisioni, d’una musicalità strana, umorale, faticante..(da parte, la mar: istigazione a movimenti lenti, riflessivi,a godere del tempo, istigazione al tabulare, all’intrico di fatterelli, numeri, folletti, cuoricini..istigazioni, istigazione alla cabala..) oh no, guatarazzi no, scalcioni puttenosi, minnàculi spersi, sguanci, ronze, parse, pizzi, gustose pasticche, quaresimali, mustocciomini, non v’è più alto mondo di questo vigneto,cellule serrate, rami a stella familiare..; e sotto questo vigneto, vi dico, è luce, è luce che pressa sul gran vuoto, che arrotonda l’idiozia dei caseggiati – questi che sono cristalli, questi che sono sorde caccole di luce, cadute in terra, diventate costoni pali treni, muntagne staziose, burri, corpi di luce melampina, croste graalitiche, varicellose, foolmoni e sarsi ferrosi,cloache..sono diventati

perché vedi Antonio
se la paura di dare mortal sospiro aguzza l’ingegno e rende impavidi quel lunghissimo secondo di agonia celeste, innocuo il dolore, arioso il corpo e leggero, come parole posate sulle nuvole e con le nuvole lasciate andare, o ancora se dato mortal sospiro io continuo a parlarti fusse ca fusse ca su nu pocu fessa?

perché vedi Antonio
io direi poco umilmente- datemi un fonema e vi racconterò il mondo-mentre tu
da come arrotoli la lengua di pesce, sembri dire, mio stiffan, l’ordito d’o mundo è intrigante, l’òrrito delle cose di voialtri è sconvolgente, perciò i miei scoppi di vuoto, perciò le finezze malianti, le rughe color croco, lo stupore profondo, smemorante, le cische caddenti, i frisi festonnati..perciò perciò s’arrischia la lengua, quando spunta s’arrotonda- fummi, corsieri, busti, corpetti- è di un biancore a pois, gelide chiazze, tepori rosati, petaccio però: che sia petazzo, sfiziomio, che lascimpiedi la tremolante cassarmonica, che tutto scoperchi, tutto sprofondi in una nuova scia sotterra, che porti con se la mia metà faccia, qualche foca che ho per troppo fuoco, per veluscio, per vinetto..che porti via tutto ‘nsomma, che porti di me quel che vi ho detto, che scivoli senza arresto senza fondo

perché vedi Antonio
se dall’evoluzione della specie l’uomo, somiglia sempre meno a se stesso… allora
io tanto fervore non lo capisco, questa ostinazione a voler salvare i poeti dalle fiamme dell’inferno più inferno della terra, questo voler liberare i poeti dal loro impegno di buffoni di corte, dalla malasorte, con quell’ondeggiare fra la vita e la morte, ma poi ..a noi che ce ne frega, noi sappiamo come è iniziato tutto..e come andrà a finire tutto questo..perché noi vediamo all’orizzonte che corre, già corre la tila corre…e noè noè galleggia, non s’accorge ma perde consonanti, gemendo, tondeggia..e la tila intanto corre e corre…la luce stupirà…stupirà i suoi occhi…e i miei così vergini di luce…che corra dunque… che corra questa scia, che giri sul giro della terra..che scinda, che scanni se vuole, porti erva di taglio e, nelle isazze gli sfinimenti di un dio vendicativo, che ama le fòffule e i miraggi, corbelle frottole appannaggi..cantate cantastorie cantate, mimate cavalieri mimate le imprese dell’orzo bollito, suonate suoni suonatori suonate suoni non trasportabili in codici tipografici

perché vedi Antonio
o animale favoloso, o mio sperso, gnorreo, ciciarroso, o dolloso, o dolloso mio vecchio sogno che consumo in una città di boati o beoni, in un tempo che non tollera più buffonerie…ma pitto, farro, sbarro…cazzo…buffonerie saranno.

Eccome.

Nota: liberamente tratto e ispirato da ” Il Fabbricante Di Armonia- Antonio Galateo ” di Antonio Verri

P.E.


Dissoluzione dissolvente

Ero a un passo dalla poesia di peso
-se posso dare un peso al passo della poesia-
quando una nuvola oscurava il cielo
rubando il passo alla poesia di peso
-se posso dare un peso al passo della poesia.-
Così mi ritrovai
da – solo un passo dalla poesia di peso
-se posso dare un peso al passo della poesia-
da – un verso che l’umano sentire oltrepassa
al vuoto di una nuvola che passa.


Oh Desdemona!

Fu
il giorno primo
di quel mese
che alle pene d’amor
m’opposi
e
all’idillio che la notte
mi destava
fine posi.
A rallentare il cuore
che batteva con tedio
m’aiutò la chimica
a porre rimedio.
Immobile la barca
di Caronte resterà
e
se Ade nel suo regno
m’aspetta…
aspetterà.

L’araldo

Parlava a bocca pienal’araldo
negli occhi della platea
si accompagnava a Nietzsche
durante l’antipasto
gli occhi puntati degli astanti
a sorreggere parole nuove
bene impostate scandite a colpire
nel giusto cuore
il lavoro dei figli la pensione dei padri
una casa per tutti per tutti l’ascolto
Parlava a bocca piena
l’araldo
ma si spiegava bene
durante il primo
chiedeva a Proust della sua ricerca
e consigliava a tutti di decidere
da che parte stare
facendo notare che la sua strada
era l’unica percorribile
perché spianata da lui personalmente
e dalla sua mole imponente
“che presto sarò Presidente
e avrò ai miei piedi la gente”
Parlava a bocca piena
l’araldo
ma si faceva capire bene
viveva di parole e la gente le ascoltava
la sua retorica era nota a tutti
dava ai ciechi l’illusione di vedere
ai poveri la certezza del pane
alle madri il latte per i figli
prometteva pani e pesci
a chi gli chiedeva semplicemente dell’acqua
non risparmiandosi mai quando
c’era da distribuire una buona parola di conforto
non era un materialista
tanto che nulla può essergli attribuito
ma le parole quelle si
sono rimaste nel cuore della gente
e quel modo gentile di sussurrarle
con la mano sul cuore
e il tono mesto proprio delle persone sensibili
Parlava a bocca piena
l’araldo
ma sapeva bene cosa dire
agli assetati l’acqua
agli affamati parlava del pane
ai disoccupati di come li aiuterebbe un lavoro
capiva bene le disgrazie
e le plasmava con parole che
lui ben conosceva e che
liberava accendendo la speranza
ridando la vita a chi altrimenti
sarebbe morto
non perdeva occasione per aumentarsi
diminuendo con pervicacia
chiunque gli fosse contro
Parlava a bocca piena
l’araldo
ma sapeva cosa dire
poco prima della frutta
ebbe modo di confermare
che Berto per vincere il suo “Male oscuro”
si era aiutato con le pastiglie di litio
aveva una risposta per ogni domanda
e quando risposta non c’era lui
la inventava
di lui si diceva fosse nato per fare politica
di quelli come lui in Italia
si dice siano “forgiati per la politica”
Parlava a bocca piena
l’araldo
ma sapeva cosa dire
anche quando gli elettori stanchi
di vederlo mangiare
gli si rivoltarono contro negandogli il voto
Qualcuno gli sentii dire
“sono quarant’anni che faccio politica
qualche incarico il partito me lo darà comunque
e la farò pagare a questi ingrati”

Parla ancora a bocca piena
l’araldo
la vita sembra non gli abbia
insegnato nulla
“quello che semini raccogli”
“quando pensi che la gente sia stupida…”
“non fare mai il passo più lungo della gamba”
Ma è la saccenteria la pienezza di se
quell’arroganza spesso fuori posto
e con persone umili
ad avergli dato il colpo più forte
quel luogo comune che ormai da tempo
gira negli ambienti intellettuali e politici
della Città, e cioè:
“E’ l’unico politico in Italia
che viene pagato
purchè (basta che) non faccia niente”

L’araldo
appunto.

Dei ventenni è il mondo

Si crede all’amoreterno
che non muore mai
a ventanni
si deve credere.
Sale la luna
prima che sia sera
a ventanni
e la si vede con chiarezza
il sangue ribolle
si odia con forza
e non c’è posto al mondo
che resista
a ventanni.
La luce acceca
e il vento libera i capelli
a ventanni
si sente il sangue ribollire
per le ingiustizie
si lotta per uno sconosciuto
e si vince
a ventanni
non esiste causa
che non sia la nostra
trionfi della fierezza
possiamo farci carico
del peso del mondo interno
e non ne sentiremmo la fatica
ne siamo certi
a ventanni.
Si sposano le cause
le più derelitte
le più sballate
le più lontane
le più contrarie
perché a ventanni
il nervo è scoperto
e vibra forte ché l’impeto si plachi.
È per questo
che vi prego
giovani ventenni
lasciate stare le vostre playstation
il vostro cazzeggiare
da nullapensanti obliqui
i vostri vitabassa
e i concerti dei negramaro
e svegliatevi
cominciate a muovervi
nei vostri ventanni
magari potreste
spaccare qualcosa
anche solo per capire
cosa significhi
porre rimedio.
Spaccate cazzo.
Spaccate.

sono uscita a raccogliere un tuo bacio


Andrea Cati
Poesie inedite

Sono uscita a raccogliere un tuo bacio
i ricordi ghiacciati
nella polvere del tempo
quello che non riesci a raccontarti.
E sei la voce delle notti insonni,
la chiave
e la fessura sbiadita delle mie malinconie.

Sono venuta a riprendermi le gioie e i rimorsi
il figlio che non ho mai partorito
e lo splendore che ci proteggeva
non dico il cuore,
ma una parola avvelenata dalle ore
dal quel silenzio prolungato in fondo agli occhi
curvi
e lucidi nel brodo.

§

Non intendeva misura alle parole
era una pietra lanciata
oltre la staccionata dell’infanzia
il movimento indeciso delle foglie
quando a settembre mute e nude
sanno già il bitume che le aspetta
il becco e la suola fredda dell’inverno,

la saliva avvelenata di un padre,
che là, fermo da secoli,
le fissa e non teme
l’ingiallirsi al proprio dolore,
l’abbraccio a quella cicca
spenta fino a bruciarla.

§

La gente seduta ai bar

Guarda la gente seduta ai bar
così partecipe alla vita
alle file interminabili al di fuori delle poste,
al formoso dondolio delle signore
mentre entrano, pronte e maliziose,
nel “buongiorno” dei macellai.

Guarda com’è breve la durata di una birra
per la gente che seduta al bar
s’abbevera ed accende la Diana,
la foto del nipote nella tasca delle monete.

Un sogno sepolto, mai nato
è in quella vista così severa:
loro non sanno la promessa
che ogni bimbo lascia alla sua terra,
a quei pomeriggi spesi nel volo di una farfalla:

gli uomini che vedi dietro i tavoli del bar
hanno l’intuito esatto per la prossima partita
e se gli chiedi cosa sia “coscienza”
rimangono a guardarti, ad offrirti un’altra birra.

Ma basta la pronuncia “mamma”
a smuovere quel crocifisso d’oro
attaccato al proprio collo, a quel calore
che dagli occhi io non vedo eppure ascolto
ogni volta che le guardo
le persone sedute al bar.

§

Oggi è un’accontentarsi
di pigmenti, di piccoli sfarzi
catturati ogni volta
che il passo s’apre
all’ora meno triste
alla preghiera realizzata
quando incontri le sue braccia
così intere – vere –
da illuderti che esista solo lei
o un noi
quando cammini e sostieni il mondo,
ad accostarti perfino alle panche
più isolate, ai tossici di via Petroni.

Ma siamo ancora diffidenti
abbiamo paura:
e quando il respiro si fa debole
e l’asfalto, la notte, e le piazze tremano,
cerchiamo una casa
la lingua del nostro cane
che sondi le ferite più segrete,
ci aiuti a spalancare le finestre
quando è la luce
l’ospite d’eccezione.

§

Spiega l’autunno, l’aprirsi della piazza
calpestata da foglie, da barboni
o ruote abbandonate ai margini

gli amanti decisi verso una stella,
i clacson assoluti, le file silenziose
e le signore più belle

a rapirti da ogni tristezza.

Spiega almeno una porzione di giornata
dove il pensiero s’arrenda
al simultaneo contatto tra due cuori
al fedele germoglìo dell’azzurro:
prometti cura, la stessa cura
che conservi ai tuoi sogni
più reconditi e veri.

Cerca di spiegare la rarità dell’esser qui
quella che ci domina ad ogni respiro,
e non temere se le stagioni
ritorneranno insieme ai dolori
alle speranze invecchiate
come la suola delle tue scarpe:

tutto si ripete affinché la morte
diventi l’estrema dimora sacra
di un sonno che sempre ci veglia,
ci avvisa dell’al di là che aspetta.

§

Un uomo (da) lontano

Oggi sono il bagaglio in quell’aereo,
il disordine che non trovo
per le strade e le case.

E sarò la tromba, il soffio rotondo,
duro di quel bambino.

Oggi lascio questi sogni per le scale
e salgo nel 28
per capire che il mondo non può darsi
solo per intrattenimento
o nei cortocircuiti tra gli sguardi degli sconosciuti.

Ne vale la pena cercare, cercare:
ma cercare cosa?

§

Le noci, i biglietti e un mazzo di chiavi:
una per la porta di ingresso, l’altra per il garage
una sola per l’auto. La tivu accesa
a qualsiasi canale – sopra il primo vero
sguardo fisso e fiero (era la comunione).
L’oroscopo del mese prossimo, la lista delle cose
e le bollette da pagare. Il tramonto infilato in mezzo
ai baffi del gatto e, la sua coda, come una lancetta,
a contare i minuti prima dell’arrivo.

Pensi: “viaggio escluso, sono nove ore al giorno.
Prima almeno ero a due chilometri.
Le chiavi sono sul tavolo e Angela
torna alle 20. Ok, vado e torno.
O rimango?”.

La vita oggi è stata proprio in questi piccoli eventi:
per la prima volta a mensa si serviva pasta al forno
ed un uomo nel bus ha esclamato a gran voce
“ti amo” alla sua bella.
Con gli occhi fissi come in quella foto
“Una mano mi è sembrata passare sul capo,
un’emozione ha vibrato per pochi lunghi attimi”.
La monotonia era il vento che non potevi udire
perché ancora eri seduto.

§

Ma in fondo anche io trascorro le giornate simili ad un cane,
a soddisfare l’eterna fame
di una gioia mai cantata,
incastonato come servo
nella preistoria delle passioni:
a colonizzare la terra degli onori.
E rimango fedele:
incatenato tra le ombre del costume
in tutta questa povertà che non riconosco,
nella ricchezza che non ho mai assaggiato.

Speme di parole con suono


Secondo appuntamento della Rassegna di parole e suoni “Le Mani e l’Ascolto” che il Fondo Verri organizza, per il settimo anno consecutivo, con il patrocinio del Comune di Lecce.

Venerdì, 28 dicembre, dalle ore 20.00 i suoni di Vito Alusi faranno eco e contrappunto ai versi di Elio Coriano. “Speme di parole con suono” il titolo della performance.

Elio Coriano è nato a Martignano (Salento) nel 1955. Poeta ed operatore culturale, insegna Lettere nella scuola media superiore. Calibrate da grande lavoro compositivo le sue numerose pubblicazioni. Scrive una poesia della voce, da sempre attento all’aspetto performativo, “legge e insegue le parole incontrando gli occhi di chi sta intorno, s’avvicina e legge ad alta voce, con tono di sfida, di allerta, di colui che sollecita”. Ecco, i suoi versi sollecitano, sommuovono nella costruzione di una ritualità densa di senso. Forte in lui la critica all’eccedenza del contemporaneo senza nostalgia scrive rivolto ai poeti e a se stesso:

“Renditi inutile a quello che non ti piace, al distorto travestito da chiaro. Per chi mi devo crescere? Per cosa devo crescere? La mia coscienza nutrita a sputi è forte per spargere buone novelle, per seminare i campi arati di semi faticati, di semi faticosi. Renditi inutile dove tutto è spacciato per efficienza, dove lodano gli onesti e fanno affari i furbi. Renditi inutile quando vogliono solo il tuo sangue, le tue mani, la tua lingua, per inquinare libertà e democrazia. Renditi inutile quando ti dicono che devi salvare il mondo, che sei l’unico che può farlo. Forse il mondo non vuole essere salvato”.

link a “Elio Coriano: poesia senza maestri” (Musicaos.it, archivio 2004)

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Canto di natale


Silla Hicks
Canto di natale

Io non ho fede
soltanto una stella
cucita al cappotto
ma Dio non è razza.
Non ho confessioni
che scrostino il pus:
dal cilicio del cuore
mi cola anima sporca
rossa di sangue
infetto di niente
di giorni di notti
di gente di luoghi.
Soltanto adesso
che dopo tanto ti guardo
mentre ridi
e affondi coi denti
piccoli e aguzzi
dentro al mio cuore
allora
finalmente dal cuore
io prego.

POESIAPresente 2008 a Monza


POESIAPRESENTE
vi augura una serena fine del 2007

e vi aspetta

il 9 gennaio 2008
con il primo appuntamento
della nuova stagione poetica in Monza e Brianza
mercoledì 9 gennaio 2008, ore 18.00 Caffè Letterario di Binario 7 MONZA
Inaugurazione della stagione 2008 di PoesiaPresente

si prosegue la sera stessa con
IDA TRAVI: “Poesie per la Musica”
e con Adriano D’Aloia, Paolo Ornaghi
(mercoledì 9 gennaio 2008, h.21.00 – Teatro Binario 7 MONZA)
e poi
mercoledì 16 gennaio 2008, h. 21.00 – Teatro Binario 7 MONZA
PATRIZIA VALDUGA e GIOVANNI RABONI (in video): “La Poesia di Giovanni Raboni” e con Roberta Castoldi, Antonio Loreto
venerdì 1 febbraio 2008, h. 21.00 – Auditorium ORNAGO
“Poetry Slam Monza e Brianza under 35”
mercoledì 6 febbraio 2008, h.21.00 – Teatro Binario 7 MONZA
LELLO VOCE (ospite d’onore) “Poetry Slam Nazionale”

Per una civiltà di memorie.


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Per una civiltà di memorie.
Su “Visite inattese” di Stefano Cristante

La poesia filosofica, o la poesia del pensiero, è quella poesia che si interroga sulla flessione dell’io lirico, sul ripiegamento in se stesso dell’io poetante. Davanti a poesie di questo genere l’unica estroflessione notevole è il fatto stesso che la poesia sia in apparenza l’unica traccia accreditabile della presenza di questo io. La poesia è uno sperimentare allo stesso modo in cui l’esperimento, in fisica, viene condotto per certificare l’esistenza di un qualcosa che si presupponeva esistere e che sotto gli occhi dei più – non è. La prima impressione che ho avuto leggendo “Visite inattese” di Stefano Cristante è stata quella di una vicinanza alla poesia di cultura e meno al culto della poesia. La prima sezione, intitolata “Tipi di cose”, costituisce una sorta di tipigrafia degli affetti, luoghi distanti nel passato dove osservare quel che è stato senza rimpianto. Colpiscono le descrizioni del paesaggio, un assente noto nella media della nuova produzione lirica. È nei modi di articolare la poesia dinanzi al paesaggio che possiamo scoprire il rapporto del poeta con se stesso prima ancora che con il suo ambiente, un paradosso che è possibile soltanto in poesia. C’è il rapporto dell’autore con una terra d’adozione “Abitare è amare questa terra/per quante vie di fuga mi regala”. “Tipi di vento”, “La pioggia di tutti”, e la bella “2 stagioni +2” partecipano di un sentire nel quale la poesia di Stefano Cristante si astrae rapida dal poetese: “tutto è verde, brilla, risplende/la luce rimbalza esotica sui davanzali/si accresce col verde/si espande, sovrana,/regina-pupilla della tua verde mente”. Termini come il vento, la nebbia, la pioggia, i rami, le foglie, sono comparse rarefatte, segnali di oggetti tangibili, presenti. L’impressione è di un libro che è sunto della propria esperienza intellettuale e diviene il presente di una gnoseologia per frammenti, suggerimenti. Nella sezione intitolata “Anatomie” c’è una poesia “Storie senza tempo”, dove i versi danno forma, in un cantilenare ritmico, a una riflessione sul passato che si intreccia al presente. In questi versi sono ricchi i richiami al mito e alla fondazione della società civile, è come se le memorie di quest’ultima venissero chiamate in causa con l’intenzione di concedere alla lirica la possibilità di esprimere ciò che il tempo annienta, sotto forma di conflitto per la pura sopravvivenza. Vi può essere lotta per la sopravvivenza (struggle for life) nella vita di ogni giorno, dalla grecia antica a oggi, tuttavia nella poesia diviene consistente la voce del riscatto (ad esempio in Minotauro, e in Problemi di stirpe e etnia…). La poesia di Stefano Cristante desidera realizzare ciò che le fotografie non riescono a realizzare, perché testimoni di un posto giusto preso nel momento sbagliato. Non a caso “Il poemetto” occupa la parte centrale dell’opera, esso è infatti il componimento nel quale vengono impegnati tutti gli accordi presenti nelle altre sezioni. Il contrasto tra le civiltà e il desiderio di fuga, sono termini a quo della poesia di Cristante e non, come si potrebbe errare in letture improvvisate, termini ad quem; qui non c’è l’anelare di Rimbaud a chiudere i conti con l’occidente per finire i suoi giorni da esploratore in Africa. L’esplorazione razionale e in versi cui si dedica l’autore di “Visite inattese” è una rivisitazione delle “Amenità” del nostro tempo, continuamente in bilico tra ragione e rivoluzione “Oh, l’ipotenusa! L’ipotenusa è quel tratto che dall’ombra del pino attraversa paesi e contrade e si tuffa dentro le spighe gonfie di chicchi gialli e arancio e li oltrepassa giudiziosa, su e in poco tempo geme d’entusiasmo nel provare l’abbraccio del mare” (da Escursioni). La poesia si assume il rischio del ripensamento, “Fa’ come sai e come si deve./Riesuma la Musa. Il gatto si assuma/il rischio delle fusa.”. Sembra che la conclusione di questo libro conceda, così come la dedica “A chi non sa amare”, la critica al cuore dello stesso sistema che con versi si cerca di scardinare, la poesia dell’esteriorità commossa e dell’occasione di fronte alla riflessione del poema naturale. Una sorta di Lucrezio contemporaneo, autore di un poema umano della conoscenza così come poteva essere concepito in epoca pre-cristiana, periodo in cui non c’era uno iato così forte tra scienza e poesia. In “Visite inattese” c’è questo tipo di poesia, che recupera una dimensione di indagine conoscitiva del mondo e dell’uomo. La tradizione e il passato giocano un ruolo importante finché servono, appena prima di divenire pesantezza e impedire il volo.

Stefano Cristante, “Visite inattese”, Besa Editrice

Le 1000 – blog di Stefano Cristante

anticipazione da Musicaos.it – Anno IV, Numero 27
“Fermi immagine da un treno che attraversa la prateria”