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Roberto Saporito è il caso editoriale dell’anno.


Roberto Saporito è il caso editoriale dell’anno.”
Luciano Pagano

La prima volta che ho incontrato la scrittura di Roberto Saporito è successo quasi per caso. Collaboravo, una decina di anni fa, per una casa editrice nella quale oltre che a svolgere sporadicamente il lavoro di editing su testi tradotti da altre lingue, mi occupavo anche della schedatura di manoscritti e proposte editoriali. Mi imbattei, allora, in una storia che raccontava il passato prossimo e il presente incerto di personaggi che provenivano dall’ambiente della lotta armata.

Il romanzo in questione, poi pubblicato, presentava una nota che spiccava sulle altre caratteristiche, ovvero sia la capacità di raccontare l’animo dei personaggi nell’essenzialità di una narrazione senza orpelli, con uno stile maturo. I caratteri e i sentimenti comparivano nella giusta misura dei vari ruoli, le diverse scene, in sequenza, erano iscritte in un affresco omogeneo, dove una storia inaspettata riusciva a intrattenere e allo stesso tempo coinvolgere il lettore.

Tutti elementi presenti nelle successive prove di Roberto Saporito, che ho imparato, romanzo dopo romanzo, ad apprezzare per le doti di autentico story-teller. Un percorso inconsueto, il suo, proposto con cura e dedizione al raccontare, che fa di lui un autore vero e indipendente. Prima ancora di proseguire in questa analisi, senza citarli uno per uno, mi sento di suggerirvi la lettura di tutti i suoi romanzi, magari a partire dai più recenti: “Carenze di futuro” (Zona, 2009), “Il rumore della terra che gira” (2010, Perdisa Pop), i racconti di “Generazione di perplessi” (2011, Edizioni della sera), senza dimenticare l’ebook “Un’educazione parigina” (Perdisa Pop).

“Il caso editoriale dell’anno” (edizioniAnordest), sia per il lettore che per lo scrittore, è uno shock all’ennesima potenza, dove Saporito sfrutta al meglio le sue potenzialità di padrone del ritmo narrativo. Ci sono la virulenza e la rapidità di Bret Easton Ellis, la crudezza di Charles Bukowski, il disincanto e la ‘dipendenza’ dalla scrittura di John Fante, l’impossibilità di ogni artista onesto, letterario o meta-letterario, nel riuscire a fare a comando ciò che gli potrebbe riuscire solo naturalmente: scrivere e vivere.

Questa storia infatti è intrattenimento puro, è la dimostrazione di ciò che si può scrivere quando ci si accosta a una trama con un’esatta cognizione dei propri mezzi e, allo stesso tempo, di ciò che si vuole trasmettere al lettore, uno spaesamento e un’inadeguatezza che bandisce da subito quell’atteggiamento confortante da giudice super partes della vicenda osservata.

C’è una frase mancante, a mio parere, tra il frontespizio e l’incipit di quest’opera, un viatico, un disclaimer, un “allacciatevi alle cinture”, che viene spontaneo invocare dopo nemmeno cinque pagine di vortice narrativo. Nel suo ultimo romanzo Roberto Saporito presenta in sequenza tutti i momenti della catarsi ideale di uno scrittore italiano contemporaneo. Il protagonista, in partenza, è un autore di romanzi interessanti ma modesti, usciti con piccoli editori, e si dedica alla scrittura di un ‘capriccio’ letterario, senza neppure crederci troppo.

Ciò che gli accade è inaspettato, proprio il romanzo in cui crede di meno gli apre le porte di un successo incontenibile, e, specie agli occhi dello stesso autore, privo di merito. Ciò che succederà, in sequenza, è un’autentica giostra di situazioni, così verosimili, così plausibili, che nessun lettore (o scrittore), volente o nolente, leggendo questo romanzo, non può non riconoscerne qualcuna che gli sia realmente accaduta. Quello che ne consegue è un viaggio in un circo non più circuito letterario, una giostra, un inferno a gironi multicolori, accompagnato e condiviso con gli incontri del destino.

È questa la dimensione in cui Roberto Saporito esterna un’altra caratteristica, così rara nella recente narrativa italiana, ovvero sia lo ‘spasso’, quel naturale gioco di invenzione autoriale che si traduce in distacco da ciò che si racconta, e ottiene un’immediata adesione da parte del lettore.

“Il caso editoriale dell’anno” è, con molta probabilità, uno dei romanzi più riusciti di questo 2013, riuscito nei tempi e riuscito nella distanza dalla materia narrata, figlia di una vicinanza estrema alla stessa unita a una capacità immediata di far presa sull’attenzione e la curiosità di chi legge.

Ma soprattutto è riuscito, il libro di Saporito, perché arriva con leggerezza dove altri autori, pur con ottime premesse, non hanno ottenuto lo stesso effetto; penso ad esempio al romanzo di Antonio D’Orrico, “Come vendere un milione di copie e vivere felici”, uscito nel 2010. Di recente Marco Cubeddu, con il suo romanzo di esordio, “C.U.B.A.M.S.C.” ha giocato una carambola simile, anche essa altrettanto azzardata e vincente.

Roberto Saporito qui si confronta con i suoi miti, i suoi colleghi, le sue nemesi, è una dimensione metaletteraria, la sua, in cui leggiamo una fotografia divertita, scritta da un autore che ha percorso ‘palmo a palmo’ l’industria culturale, e che qui rimescola le carte nell’invenzione. Il risultato è semplicemente, mi ripeto, spassoso, molto al di là delle premesse ‘esistenziali’ contenute in quarta di copertina. Saporito è un autore completo che, al momento presente, può permettersi il privilegio di tradurre in scrittura la realtà, un desiderio che non tutti gli scrittori sono capaci di attuare così spesso e in così tanti luoghi della propria produzione.

Interessante anche la possibilità di scarto offerta dall’anonimato, per rimescolare le identità del proprio sé autoriale, mettendosi in gioco da zero, al puro giudizio del lettore, non solo critico, ma anche umano. Una prova riuscita e un romanzo che è capace di tenere banco dal solstizio d’estate al solstizio d’inverno, in una stagione insolitamente lunga per i tempi (letterari) che corrono.

Il caso editoriale dell’anno, Anonimo, edizioniAnordest, €12.90, isbn 9788896742839

(foto Franco Giaccone)

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Un cuore in autunno. Su “Carenze di futuro” di Roberto Saporito.


Un cuore in autunno. Su “Carenze di futuro” di Roberto Saporito.


L’ipotesi di trovarsi davanti al proprio futuro come davanti a un abisso non è certo l’ingrediente migliore con cui si possa affrontare la propria vita. Roberto Saporito, scrittore e pittore originario di Alba, più di ventimila copie vendute con i suoi racconti “Harley-Davidson” (StampaAlternativa), torna al romanzo con la sua terza prova, dal titolo “Carenze di futuro” (Zona Editrice) dopo un silenzio di tre anni (Millenovecentosettantasette. Fantasmi armati, Besa Editrice). La crisi economica che imperversa sul nostro pianeta ci ha abituati a osservare in tv le file di ex-banchieri che portano via le loro scatole piene di effetti personali fuori da uffici sui quali non fa in tempo a comparire il cartello di qualche immobiliare che subito il posto viene ceduto a un nuovo inquilino. Ci sono eventi che costringono gli uomini a flettersi su se stessi e ripensarsi. Il protagonista del romanzo di Saporito è un uomo che all’inizio della sua vicenda decide di fuggire da un presente troppo scomodo, un presente che non lo vuole, fatto di realtà nelle quali si sente stretto, calato come un personaggio che parla la propria lingua in un mondo fatto di attori che vengono doppiati o da comparse che leggono un copione senza essere a capo di una storia. È la storia di un uomo che ha perso tutto, scientemente e dissennatamente. Nel peggiore dei modi. C’è la moglie che non lo vuole, i figli che lo disdegnano con un po’ di apatia. C’è l’amico che lo aiuta a fuggire dai creditori e nello stesso tempo sembra dargli una pugnalata alle spalle. C’è il compagno di un tempo che ce l’ha fatta in un altro paese, e che sta lì per ricordare, come se non ce ne fosse bisogno, che un’altra vita è possibile, se solo il protagonista volesse lavorare trecentosessantacinque giorni all’anno. C’è un passato, gli anni settanta tumultuosi e universitari, vissuti a Torino in compagnia di una amante francese, professoressa in facoltà. La bravura dell’autore sta nel comporre una storia scorrevole, con colpi di scena sapienti, il tutto senza lasciare spazio a nulla di scontato. Il protagonista dopo avere infilato una sequela di colpi andati a male decide che è meglio andarsene. Il lettore benevolo vorrebbe che il cerchio si chiudesse, che la professoressa tornasse indietro, che il passato confortevole del ricordo facesse nuovamente capolino dalla finestra di una mansarda, come un raggio di sole che fende la nebbia. Tornare indietro è difficile, quasi impossibile. Impossibile come andare a Parigi in bicicletta, che detto così suona improbabile ma che a esserci, nel “qui e ora” di una fuga irredimibile, suona quasi come una speranza. Nulla succede a caso in questo romanzo che è un po’ noir e un po’ commedia, dove riecheggiano alcune scene e inseguimenti a là Besson e allo stesso tempo il lettore viene vorticato nei paraggi bui di un labirinto con la consapevolezza che sa avere solo chi decide di abbandonarsi al flusso degli eventi, come una chiatta su un fiume. Sembra di trovarsi nel video di una delle canzoni (una delle più belle) citate dal protagonista, quella “Sabrina” degli Einstürzende Neubauten, dove un novello Minotauro piange allo specchio, perso nel cesso di un labirinto post-moderno. Nella prosa di Roberto Saporito i riferimenti a Houellebecq sono mitigati dal calore delle atmosfere autunnali e dalla morale ingenua del protagonista, che solo dopo essere stato vittima di diverse peripezie, decide finalmente per il ‘proprio‘ meglio. A prescindere che questo esito sia più o meno vicino a ciò che il mondo considera utile. Una prova matura, degna e misurata come accade di rado.

Carenze di futuro“, Roberto Saporito, Zona Editrice, € 12,00, 9788864380261

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“Carenze di futuro”, in libreria dal 22 settembre del 2009, verrà presentato domenica 11 ottobre 2009 al Pisa Book Festival (Palazzo dei Congressi di Pisa) alle ore 14.00 presso la Sala Arancio.

Vacanze intelligenti


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(1)

Buone vacanze, arrivederci alla prossima settimana.
Letture sotto l’ombrellone: “Uccidiamo la luna a marechiaro. Il Sud nella nuova narrativa italiana” (Donzelli), Daniela Carmosino – Nefertiti, L’amore di una regina eretica nell’antico Egitto (Stampalternativa/Nuovi Equilibri), Jasmina Tešanovic – “Carenze di futuro” (Zona), Roberto Saporito – Memorie a perdere, Racconti di ordinarie allucinazioni (Edizioni Akkuaria), Luigi Milani – SURF/Sono un ragazzo fortunato (Lupo – Coolibrì), Marco Montanaro – Eneide, Virgilio (ed. Mondadori, trad. Luca Canali) – Canto della caduta, Massimiliano Parente.

(2)

– Ho fatto un sogno.
– E che cosa hai sognato?
– Ho sognato che Bossi finiva di sparare tutte quelle cazzate sui salari del sud
– Se la smettesse il sogno si avvererebbe…
– Non è finita, il sogno continuava.
– …
– Ho sognato che Libero diventava un mensile danese in spedizione ai soli abbonati.

(3)

Vieni a veder la gente quanto s’ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien della tua fama.
E se licito m’è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
O è preparazion che nell’abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto dell’accorger nostro scisso?

(Dante, PG, VI)

(4)

“è avvenuto tutto in questi ultimi cinque sei dieci anni, è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire e adesso risvegliandoci forse da quest’incubo e guardandoci intorno ci accorgiamo che non c’è più niente da fare”.