
n. 6 // giovedì 6 aprile 2017
Questa newsletter è dedicata alla poesia. Sono quattro gli autori pubblicati, al momento, nella collana poesia di Musicaos Editore. Elio Coriano, con la sua raccolta “A nuda voce. Canto per le tabacchine”, Marco Vetrugno, con “Proiettili di-versi”, Fernanda Filippo, con “Brucia con gli occhi chiusi tutto il tuo mondo” e “Altissima miseria”, di Claudia Di Palma; proprio quest’ultimo titolo ha ottenuto dalla giuria del Premio Letterario “Interferenze”, di Bologna Lettere, il Premio Speciale del Presidente della Giuria, premio che, nelle motivazioni, viene assegnato “ad opere che più delle altre hanno evidenziato una particolare connotazione o che sono comunque proiettate verso una specifica autonomia testuale in quanto a intenzioni, uso del linguaggio e ricerca stilistica”.
“Altissima miseria” è il titolo della raccolta di esordio di Claudia Di Palma. Abbiamo conosciuto i suoi versi, per la prima volta, con i nostri lettori, in una serata dal vivo organizzata presso la Chiesa dei Diavoli (Tricase, Lecce), durante un reading con gli autori di Musicaos Editore. Era il 18 luglio 2016. Il suo libro è uscito nel dicembre dello scorso anno, avendo già un buon riscontro da parte dei lettori e dei primi critici. Il volume è introdotto dalla prefazione del poeta e editore (Samuele Editore), Alessandro Canzian. A proposito dei versi di Claudia Di Palma, hanno scritto, Alessandro Moscè, su Pelagos Letteratura “Delle generazioni già monitorate dalla critica, Mariangela Gualtieri è la poetessa che più potrebbe ricordare Claudia Di Palma (che della Gualtieri ha citato dei versi in esergo al libro), ma si avvertono anche gli echi di Giovanna Sicari, che decifra fatti passati, remoti, liquefatti, espiantati. La domanda sull’eterno rito del non sapere, delle ombre esistenziali, conduce ad un “misero dono”, ad un inizio del quale possiamo solo riconoscere creazione, sostanza, “misera misura”. Il partorire è quasi un’ossessione in questa poesia, tanto che la nascita, paradossalmente, è identificata come un trapasso. Non la morte, ma appunto il dare vita alla vita, quando il buio si fa bagliore e non il contrario. Il mistero, però, è sempre lo stesso.”
Anna Vallerugo, sul blog di Nicola Vacca, Zona di disagio: “Di Palma affronta il suo reale opponendogli quella che pare una resa, un esilio in un non luogo ricercato, di elezione, contrapposto a scenari di sola apparente comunione, i “luoghi del giorno, il bar, la villa comunale” (quest’ultima dove si fa “commercio d’alberi”) e invita il suo interlocutore – non necessariamente il lettore, si scopre leggendo- in un altrove […] Ricorda talora Emerson, questa giovane scrittrice, quando toglie i nomi alle certezze, e le riescono felicissimi accostamenti di parole mai fini a se stessi, a un autocompiacimento che si faccia sterile, ma in densità anzi di immagine e senso: la sua Madre è una “disangolata figura”, la persona che ama sarà oggetto di uno sprone dolce eppur deciso ”
Gianluca Conte, sul blog Linea Carsica: “Un lavoro in equilibrio tra il segno più e il segno meno dell’umanità, tra la materia e l’antimateria, con l’annientamento totale che fa capolino dietro l’angolo e che tuttavia non sembra trionfare su quell’entità piccola, a volte bieca, che è l’essere umano.”
Giulio Maffii su Carteggi Letterari: “Il senso della scrittura della Di Palma è proprio questo , scoperchiare attraverso dissacramenti continui, le consapevolezze flebili del lettore. Il lettore è un lettore-dio a cui l’opera è diretta, non ci ingannino i riferimenti ad un sacro che non c’è. Un lettore terrestre protagonista, suo malgrado, delle belle “invenzioni” piene di altissima miseria umana.” La raccolta è stata ospitata sul blog RaiNews – Poesia, a cura di Luigia Sorrentino.
Fabio Simonelli su Poesia: “È una realtà dove l’ombra si sparge nel mondo cadendo come un frutto maturo, dove la vita è assenza, dove si marcisce di un bellissimo marcire, quella di Claudia Di Palma. L’autrice possiede una scrittura matura e crudele, calcarea, avvolgente. Il suo ultimo lavoro, Altissima miseria (Musicaos Editore), appare immediatamente al lettore come un libro denso e perfetto, che con un andamento sottilmente musicale è in grado di presentare l’horror vacui dell’esistenza nella grazia di un ultimo respiro. Si parla di vita, si parla di morte, si parla delle relazioni a volte non possibili tra esseri umani. Ma si parla anche d’amore, di ironia e di scrittura, tra qualche vecchio affranto di verde e un’intima, meravigliosa, anarchia.”
“A nuda voce. Canto per le tabacchine”, Elio Coriano – Poesia 1
Elio Coriano con questa sua opera intende restituire una voce alle tabacchine morte il 13 giugno 1960 a Calimera, a causa di un incendio nei locali della ditta Villani e Franzo. Questo canto si unisce a quello di una generazione di salentini che hanno lavorato, anche in condizioni disumane, per garantire un futuro ai propri figli. Introduzione di Ada Donno. Interventi di Francesco Aprile, Luciano Pagano.
“Proiettili di-versi”, Marco Vetrugno – Poesia 2
“La poesia di Vetrugno è rapidamente e aspramente ritmata, in ottima armonia con il suo discorso robusto e violento, drammatico ed eversivo. L’accusa costante rivolta al male del mondo e alla fatica del vivere è sostenuta da una visionarietà originale e possente”. Tutto questo è “Proiettili di-versi”, per Giorgio Bàrberi Squarotti. La scrittura di Vetrugno è una pratica quotidiana del vissuto, in prima persona, uno scandaglio e un microscopio del reale.
“Brucia con gli occhi chiusi tutto il tuo mondo”, Fernanda Filippo – Poesia 3
Fernanda Filippo è una poetessa autentica, scevra da ogni meccanismo aulico, retorico, sintattico. Scrive di getto come un artista in preda ad un impulso irrefrenabile. Il suo è un lirismo lenitivo che guarisce da ogni malessere, non porta sollievo ma disillude dall’incanto che un verso ingannevole potrebbe suscitare. Libera dalle inibizioni di una vita attanagliata da dispiaceri e delusioni. Si interroga sul perché sia utile scrivere e con la sua innocente semplicità lo rivela. (Paola Bisconti)
Claudia Di Palma, autrice della raccolta “Altissima miseria”, ha scelto per i lettori di Musicaos i libri di Yasunari Kawabata, Sándor Márai, Joseph Roth, Farid ad-din Attar e Oscar Wilde.
“Prima neve sul Fuji” – Yasunari Kawabata Coppie sul filo del tradimento, matrimoni che non funzionano, vecchi amanti che si ritrovano, grandi amori che sembrano realizzarsi, ma si consumano nella bellezza di un gesto e si sciolgono nel rimpianto, effimeri come la prima neve sul Fuji o le gocce di rugiada sulle foglie di bambú. In questi racconti dell’inquietudine amorosa Kawabata è a un passo dal sentimentalismo: basterebbe una parola in più e saremmo nella letteratura di genere; e invece c’è una parola in meno, quel pizzico di non detto che trasporta la banalità del quotidiano in un’ambiguità rarefatta, in una malinconia assoluta. Dove il dolore, l’arte e la morte sono molto vicini, almeno per un attimo, alla perfezione della natura.
“Le braci” – Sándor Márai – Dopo quarantun anni, due uomini, che da giovani sono stati inseparabili, tornano a incontrarsi in un castello ai piedi dei Carpazi. Uno ha passato quei decenni in Estremo Oriente, l’altro non si è mosso dalla sua proprietà. Ma entrambi hanno vissuto in attesa di quel momento. Null’altro contava per loro. Perché? Perché condividono un segreto che possiede una forza singolare: “una forza che brucia il tessuto della vita come una radiazione maligna, ma al tempo stesso dà calore alla vita e la mantiene in tensione”. Tutto converge verso un “duello senza spade” ma ben più crudele. Tra loro, nell’ombra il fantasma di una donna.
“La leggenda del santo bevitore. Racconto” – Joseph Roth – La leggenda del santo bevitore fu pubblicato per la prima volta nel 1939, pochi mesi dopo la morte di Joseph Roth, esule a Parigi – e può essere considerato, per molti versi, il suo testamento, la parabola trasparente e misteriosa che racchiude la cifra del suo autore, oggi riscoperto come uno dei più straordinari narratori di questo secolo. Il clochard Andreas Kartak, originario come Roth delle province orientali dell’Impero absburgico, incontra una notte, sotto i ponti della Senna, un enigmatico sconosciuto che gli offre duecento franchi. Il clochard, che ha un senso inscalfibile dell’onore, in un primo momento non vuole accettare, perché sa che non potrà mai rendere quei soldi. Lo sconosciuto gli suggerisce di restituirli, quando potrà, alla «piccola santa Teresa» nella chiesa di Santa Maria di Batignolles. Da quel momento in poi la vita del clochard è tutta un avvicinarsi e un perdersi sulla strada di quella chiesa, per mantenere una impossibile parola. È come se il clochard volesse ormai una sola cosa nella sua vita – rendere quei soldi –, e al tempo stesso non aspettasse altro che di essere sviato da innumerevoli pernod, da donne che il caso gli fa incontrare, da vecchi amici che riappaiono come comparse fantomatiche. Tutta la straziata dispersione della vita di Roth – e soprattutto dei suoi ultimi anni, quando, proprio a Parigi, trovava una suprema, ultima lucidità nell’alcool – traspare in questa immagine di un uomo ormai tranquillamente estraneo a ogni società, visitato da brandelli di ricordi, generosamente disponibile a tutto ciò che incontra – e in segreto fedele a un unico e apparentemente inutile voto.
“Il verbo degli uccelli” – Farid ad-din Attar – Le notizie tramandateci su Farid ad-din Attar, uno dei più celebri poeti mistici persiani, sono scarse e incerte. Visse tra il 1100 e il 1200, in un’epoca in cui il Sufismo era assai praticato e i problemi della metafisica erano oggetto di attiva speculazione. Per un certo tempo esercitò probabilmente la professione di farmacista (Attar significa infatti “il venditore di droghe”) e, per quanto si sappia ben poco della sua educazione, ebbe sicuramente una conoscenza profonda della musica, dell’astronomia, della medicina e delle teorie delle scuole dell’epoca. Tra le numerose opere che gli vengono attribuite, “Il verbo degli uccelli”, di cui è accertata l’autenticità, è la più celebre.
“De profundis” – Oscar Wilde – Il “De profundis” è una lunga lettera a Lord Alfred Douglas, il giovane amato da Wilde, scritta nei primi mesi del 1897 nel carcere di Reading dove Wilde si trovava da quasi due anni per il reato di sodomia. È l’opera che ci permette di accostarci al vero mondo dell’autore, di riconoscere l’uomo e lo scrittore nel suo aspetto non mistificato. Una volta uscito di prigione, Wilde affidò il manoscritto all’amico giornalista Robert Ross, che ne fece due copie dattiloscritte. Una fu inviata allo stesso Douglas, che negò di averla mai ricevuta. Nel 1905, quando ormai Wilde era morto da cinque anni, Ross pubblicò un’edizione ridotta dell’originale col titolo di “De profundis”, che rimase a tutte le edizioni successive. L’originale fu affidato nel 1909 da Ross al British Museum, con la condizione espressa che non fosse dato in visione per cinquant’anni. La seconda copia dattiloscritta fornì il testo per la “first complete and accurate version” pubblicata da Holland nel 1949. In realtà quando, nel 1959, il manoscritto fu reso pubblico, fu possibile stabilire che i dattiloscritti contenevano parecchie centinaia di errori. Introduzione di Jacques Barzun.
Copie per recensione dei libri di Musicaos Editore possono essere richieste scrivendo all’indirizzo info@musicaos.it.
Venerdì 7 Aprile 2017 – Melpignano – Ore 19.00 – Simona Cleopazzo presenta “Irene e Frida”, presso l’Ex Convento degli Agostiniani, Sala “Sergio Torsello”, con il sindaco di Melpignano, Ivan Stomeo e Luciano Pagano (Musicaos Editore)
Sabato 8 Aprile 2017 – Lecce – Ore 20.00 – Officine Culturali ERGOT – Prima presentazione di “Strade negre”, di Davide Morgagni – Presentazione e Letture – dialoga con l’autore – Luciano Pagano
Giovedì 13 Aprile 2017 – Ore 20.00 – BOLOGNA – Vanilla e Comics – Simona Cleopazzo presenta “Irene e Frida”, Presentano Stefania Piccinelli (GVC onlus) e Fabio Rodda (scrittore), Reading di Fabio Rodda sulle note della chitarra di Daniele J.
Mercoledì 19 Aprile 2017 – Ore 20.00 – TRICASE – Farmacia BALBOA, “Aspettando il Festival Armonia… i luoghi del gusto”, Davide Morgagni presenta “Strade negre”, con Valentina Sciurti, su musiche di Alva Noto
Giovedì 20 Aprile 2017 – Ore 20.30 – NARDÒ – Arci Nardò Centrale – “Strade negre” di Davide Morgagni, presentazione con Luciano Pagano e, a seguire “Lo squartatore”, studio di Davide Morgagni
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