Il nuovo assessorato alla cultura della Provincia di Lecce
di Mauro Marino
I nomi contano, condensano l’esperienza, la competenza, le capacità di chi li porta. La politica, nei suoi organigrammi, non sempre declina il nome con il “chi è”. Incarichi, mansioni e ruoli si destinano in base a posizionamenti in quota ai partiti o a calcoli ‘astrusi’ che sfuggono alla comprensione delle persone che nome non hanno, se non quello generico di “gente” o quello più civico di “cittadini”. Questa volta, pare non sia del tutto così. C’è un nome per il nuovo assessore alla cultura della Provincia di Lecce: Sergio Blasi, sindaco di Melpignano e attuale segretario provinciale dei Democratici di Sinistra. Una storia personale e politica lunga di anni, tutta volta al ‘fare’, un operare capace di avere idealità ed idee, di muovere cambiamento e proposizione. Va sottolineato che l’esperienza amministrativa del personaggio è di tutto rilievo. Melpignano è paese organizzato secondo canoni di modello organico e trasversale. Lavoro culturale, qualità urbanistica, qualità ambientale, qualità educativa si intersecano nel quotidiano politico di quella comunità, con un’armonia che dimostra di avere pochi punti di squilibrio. Ora, la Margherita non è contenta; il centro destra non è contento e ‘interroga’; il presidente Pellegrino rimanda tutto a settembre. Possiamo provare a comprendere le ragioni di ognuno ma quello che più preme a chi opera in ambito culturale è – anche al di là del nome – la funzionionalità dell’assesorato e il suo ruolo nel territorio. Quell’ufficio è stato il punto di innovazione più rilevante della politica salentina in questi ultimi 10-15 anni, con una sorprendente sintonia con le cose della Storia. L’intuizione che il territorio doveva valorizzare le sue energie sottese, la necessità di dare una forte connotazione alla sinergia tra sistemi – economia, risorsa ambientale, tradizione, cultura, turismo – sono state le leve di quel virtuosismo che ha coniugato le strategie politiche con lo spontaneismo di chi, negli ‘spunti culturali’, ha trovato un suo autonomo ruolo di protagonismo. Un motore che oggi si mostra logorato, in ‘ansia’. Sembra esaurita la vena di novità e poco si fa per dare risalto e stabilità al portato della precedente stagione di ‘rinascenza’. Avevamo invocato, all’inizio della consigliatura Pellegrino, una correzione di rotta e una maggiore attenzione verso la risorsa territoriale, l’apertura di una fase di decantazione e affinamento in supporto alla qualità creativa emersa sull’onda della ‘scoperta salentina’. Non solo quella musicale, che per prima si è prestata all’usura essendo chiave sensibile di apertura a correnti, consumi e mode. La pizzica, canone identitario sdoganato dal purismo ‘folk’ e celebrato dalla ricerca compositiva, è oggi prodotto ‘elettrico’, molto spesso volgarizzato e svuotato di suono e di senso. Strada comunque se ne è fatta. Sappiamo tutti l’attenzione che il movimento musicale salentino richiama e quanto “apre” come opportunità di promozione territoriale. Ma ciò che è interessante indagare, conoscere e valorizzare sta tutto intorno alla musica. La ricerca creativa ha prodotto in questi anni esperienze di rilievo che se ben sostenute possono disegnare quella qualità di turismo che tutti perseguiamo al di là della parentesi stagionale. Al Salento, lo si dice da anni, non serve un turismo di conquista, l’usa e getta vacanziero da litorale romagnolo (che pure ha prodotto un alto livello di offerta legando il litorale col suo divertimentificio all’entroterra d’arte e di cultura, punteggiato di festival di alto richiamo dove la cultura è bene da partecipare e non da consumare). Utili sono eventi di qualità, richiamo per visitatori consapevoli, capaci di approfondimento e di rispetto, capaci di condividere, e anche ispirare, scelte di conservazione e tutela della risorsa ambientale. Molte esperienze di valorizzazione della invenzione creativa, messe in campo nel passato, sono state frustrate e hanno avuto vita breve. Due esempi: gli esperimenti di ‘Sale’ e ‘A Levante’, film corali che allenavano la scena dei videomakers costruendo momenti di scambio e di lavoro comune; le esperienze di ‘arte del territorio’ a Tricase, Cursi e San Cassiano. Mentre la maturazione di design, arte visuale, teatro, danza non ha adeguato accudimento. L’unico momento di crescita esperienziale sembra essere quello della Notte della Taranta che muove una coralità di energie nel suo progressivo concretizzarsi per l’evento finale. A questo crediamo il nuovo assessore alla cultura dovrà provvedere ristabilendo quel laboratorio, quello spirito di scambio che sembra essere polverizzato dall’impeto del “successo” salentino. Ridare spinta, motivazione e luoghi a quel diffuso mondo che ha saputo (e ancora sa) nutrire la particolarità di questa terra, concertando una politica culturale in grado di stabilire priorità e opportunità, all’interno di una efficace rete di comunicazione. E poi, c’è la partita per Lecce…
[in vacanza meccanica con piccola pausa, vicolo di gallipoli, internet point (?), riflessione interessante di Mauro Marino sul nuovo assessorato alla cultura di Lecce che ho ritenuto utile postare su queste pagine personali, buona lettura, buon San Lorenzo]
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