8 Febbraio 2014, Bologna – Apre la mostra “La ragazza con l’orecchino di perla”.


Bologna celebra il quadro reso famoso da Tracy Chevalier: La ragazza con l’orecchino di perla
8 febbraio / 25 maggio – Bologna – Palazzo Fava

Apre la mostra "La ragazza con l’orecchino di perla"

Arriva in Italia il celebre quadro reso famoso dall’omonimo romanzo di Tracy Chevalier

Per l’occasione, Neri Pozza propone un’edizione del libro a 9,90 euro, disponibile in tutte le librerie fino a esaurimento scorte

LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA – Delft, XVII secolo, una casa nella zona protestante della città… Griet, la giovane figlia di uno dei decoratori di piastrelle più rinomati di Delfi – privato, per un incidente, "degli occhi e del lavoro" – è in cucina, intenta a sistemare, com’è solita fare, le verdure tritate (cavolo rosso, cipolle, carote, rape e porri ordinati splendidamente a cerchio e, in mezzo, una rondella di carota), quando ode voci decisamente insolite nella casa di un modesto decoratore… voci che suggeriscono "immagini di tappeti preziosi, libri, perle e pellicce". Sull’uscio, compaiono improvvisamente due figure: un uomo dagli occhi grigi come il mare e un’espressione ferma sul volto lungo e spigoloso, e una donna – piccoli ricci biondi, sguardo che guizza qua e là nervosamente – che sembra portata dal vento, benché la giornata sia calma. Sono Johannes Vermeer, il celebre pittore, e sua moglie Katharina, gente ricca e influente, proveniente da vicino, dal Quartiere dei Papisti, eppure lontanissima da Griet e dal suo mondo.

Griet ha sedici anni e quel giorno apprende dalla voce della madre il suo destino: andrà a servizio dei Vermeer per otto stuiver al giorno, dovrà fare le pulizie nell’atelier del pittore, e dovrà agire delicatamente senza spostare né urtare nulla.

Romanzo che ci conduce con straordinaria precisione là dove l’arte è divisa dai fantasmi della passione soltanto da una linea sottile – tra Vermeer e Griet, l’artista e la serva, l’amato e l’amante, l’uomo potente e la giovane donna che non possiede altro che il suo incanto e la sua innocenza, si stabilisce un’intensa relazione fatta di sguardi, sospiri, frasi dette e non dette -, La ragazza con l’orecchino di perla ci offre anche alcune delle pagine più felici, nella narrativa contemporanea, sulla dedizione e sul coraggio femminile.

Griet è invisa a Katharina, gelosa della sua intima relazione col marito, è costretta a subire i rimproveri di Maria Thins, la suocera del pittore, a sfidare tutte le convenzioni dell’epoca, e tuttavia non cessa per un solo istante di ubbidire all’amore per l’arte e alla passione che la muove. Gesto inaudito per la morale del tempo, poserà con le labbra sensualmente dischiuse per quel ritratto di Vermeer (La ragazza col turbante) che è giunto fino a noi, e non cessa di stupirci per l’enigmaticità dello sguardo che vi è dipinto.

«Uno dei più bei libri che abbia letto negli ultimi anni. Una storia di passione inespressa, condotta con una leggerezza maniacale, precisissima, sospesa, che lascia ammirati e sconcertati da tanta bravura».
Roberto Cotroneo – L’Espresso

«Un romanzo alchemico che ha l’audacia di saldare in un unico copione la perlustrazione di una passione amorosa e la riflessione sull’ispirazione artistica».
D di Repubblica

«La storia delicata di Griet, giovanissima serva di casa Vermeer, la sua scoperta di quanto può essere conturbante e potente l’arte, il suo aprirsi alla struggente crudeltà dell’amore».
Grazia

Info:
www.neripozza.it

“Orecchiette christmas stori” di Raffaello Ferrante (‘round midnight edizioni)


“Orecchiette christmas stori” di Raffaello Ferrante (‘round midnight edizioni)

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Ed eccomi alla prima recensione del 2014. Ho atteso molto? Ne è valsa la pena. “Orecchiette christmas stori”, di Raffaello Ferrante, appena edito dalla giovane ‘round midnight edizioni, è quello che mi ci voleva per cominciare quest’anno.

‘Natale in casa Lomunno’, questo potrebbe essere il sottotitolo per l’avvio di questa storia, la prima scena si apre infatti sulla composizione, elemento dopo elemento, di quello che è l’ambiente casalingo cui appartiene uno dei protagonisti. “Questo, anche quell’anno, il cast del Natale in casa Lomunno”, una frase che da sola basta a spalancare un universo. Inutile dire, per fare un esempio, che il quadretto familiare è già minato in partenza da ripicche, bugie, e macchinazioni segrete. C’è uno sprazzo di visione del mondo degli adolescenti, attraverso gli occhi di Martina, ragazza stralunata, colta nella metà esatta di quel percorso che conduce dall’essere una bambina e diventare una ragazza. Teresa, la mater familias, moglie di Enzo Lomunno, protagonista suo malgrado. È un trucco.

Fin dall’inizio sembra di avere l’illusione di sapere che cosa potrà accadere, magari qualche scaramuccia attorno alla tavola imbandita, qualche segreto nascosto che poi viene svelato, solo che non siamo capitati in un appartamento della upper class ambrosiana, non si tratta di un romanzo-panettone, dove magari ci piace immaginare i protagonisti coi volti rassicuranti di attori comici che affollano le sale nel periodo natalizio. Verrebbe quasi da trovarci affinità con libri come “La cena di Natale di «Io che amo solo te»” di Luca Bianchini, per l’ambientazione, il clima. Solo che siamo a Bari, bellezza… e il quadretto rassicurante dura solo tre delle cento pagine che compongono il romanzo.

Un 3% di quiete al quale segue un 97% di delirio.

La sensazione, per il lettore, è simile a quella dei primi abitanti del pianeta terra che videro, sul grande schermo, Pulp Fiction di Quentin Tarantino, circa venti anni fa: dopo l’inizio che ho descritto si susseguiranno episodi e atmosfere autentiche, che vanno dal pulp in salsa criminale al film d’azione, in un dribbling abile, quello di Ferrante tra fuga e rincorsa, tra pulsione e desiderio. Raffaello Ferrante ha uno sguardo lucido unito all’esperienza nel dosare gli elementi della sua scrittura. Nico, che deve compiere la sua prima azione criminale e ha paura. Roberto, che lavora al bingo il giorno della vigilia. Carmine che telefona a Enzo Lomunno e nel frattempo attende Michela, Miky, fidanzata – forse – di Cristiano. Miky, Desy, Cristina, belle e impossibili, e anche un po’ dannate. C’è cura per l’ambientazione, la città vecchia, le periferie dei paesini, vere e proprie favelas d’Europa, le sale bingo, le strade affollate per la vigilia, e la voglia di fuggire via da una realtà che non può dare nulla, a nessuno dei protagonisti. Nulla se si eccettua quel momento di piacere effimero che possono offrire il sesso, l’alcool, la droga e la violenza, da soli e mescolati insieme.

La forza di questa storia, anzitutto, è nel concatenarsi di sequenze, un montaggio mozzafiato, che parte dalla scena dell’inizio e aumenta sempre di più, fino al finale assurdo, inaspettato, sconvolgente. La lingua segue questa corsa senza cedimenti. È come se Raffaello Ferrante mettesse insieme i pezzi di un puzzle, uno alla volta, facendoci credere che le cose stanno andando verso una direzione, così che il lettore prende facilmente le parti dei personaggi, magari scegliendosi quello che caratterialmente riesce a ‘indossare’ meglio. La cattiveria senza senso di U ‘Mazz? La stronzaggine di Miky con Carmine? La delusione di quest’ultimo, che sfocia nel delirio di un astemio che si fa fuori un cestino di sei birre da solo, la notte della vigilia?

Ognuno apparecchia il Natale che può, verrebbe da dire, e a ognuno viene incontro il Natale che merita. Ma potrebbe essere Natale, o Capodanno, o San Valentino, la bravura dell’autore sta tutta in questo prendere il destino/festino e farci ruotare attorno tutte le figure, fino all’ultimo, senza sbavature, senza arrestarsi mai nemmeno dinanzi alle conseguenze più estreme.

È una visione pessimistica quella che risulta da questa lettura? Macché, “Orecchiette christmas stori” è una delle storie più divertenti, ciniche e agrodolci che mi sia capitato di leggere di recente.

Uno spaccato di realtà nel quale Raffaello Ferrante dimostra quanto la provincia italiana contemporanea debba ancora dire in termini di narrazioni e storie, e quanto, allo stesso tempo, la quotidianità delle famiglie, immersa e detersa dagli stereotipi televisivi e dagli imbonitori professionisti, possa ancora avere chance di riscatto narrativo. La materia, che qui diviene pulsante e narrativa, è sotto gli occhi di tutti. Per ribadire il concetto in modo lineare, se gli italiani leggessero di più libri come questo e, ogni tanto, spegnessero la televisione oppure smettessero di giocare alle macchinette dei videopoker, forse ci sarebbe qualche speranza di non avere sprecato una generazione. Nel frattempo, mentre su un canale c’è chi brucia libri, su un altro c’è chi semina; un giorno forse, qualcuno che avrà l’attenzione di raccogliere.

Info:
http://www.roundmidnightedizioni.com/html/content.php?id=vbk&idb=684618228#.Uu-DJKGm0al