Per un’arte a carte scoperte. “Bluff Point” di Massimiliano Manieri. Il 31 Marzo 2011 a Perugia


“Per un’arte a carte scoperte”
su “Bluff Point” di Massimiliano Manieri

La terza performance di Massimiliano Manieri di cui mi occupo su Musicaos.it (dopo “Plink” e “L’inizio delle trasmissioni”), si intitola “Bluff Point”, potrà essere vissuta la prossima volta giovedì 31 marzo 2011 presso la ROCCA PAOLINA SALA “EX BOOK SHOP”, a Perugia, nell’ambito di un’interessante manifestazione curata da Alessandro Turco, “SalentinUmbria. Pietra nella pietra: Suggestioni dal Tempo”. Il Salento incontra l’Umbria.

Massimiliano Manieri, presenterà “Bluff Point”, definita programmaticamente come “un cubo contiene un abitante che interagisce con l’esterno, quindi col visitatore, solo attraverso un foro attraverso cui passa il braccio dell’abitante interno al cubo. Al visitatore è permesso interagire tattilmente con la mano dell’abitante rinchiuso, ma anche di parlare attraverso la seta che ricopre il cubo”.

Esiste una menzogna messa in circolazione da diversi millenni secondo la quale l’arte incorpora un processo di condivisione con il quale l’artista cerca di esondare all’esterno, verso un ipotetico mondo, qualcosa che è al suo interno. “Bluff Point”, di Massimiliano Manieri, colpisce direttamente al cuore di questa antica certezza. Una braccio bianco è l’unica cosa che fuoriesce dal buco praticato in un drappo rosso. Il gesto di tendere una mano è forse il gesto storicamente più fraterno, sotto il sole. Come potremmo intendere questo gesto se non con il tendere una mano al prossimo, tendere una mano al nemico in segno di riappacificazione? Questa mano bianca è la stessa che si tende come in un trucco, porgendo una carta che potrebbe contenere il prossimo bluff, il bluff della fratellanza e insieme a esso il bluff che vorrebbe l’uno amico dell’altro.

Per questa volta Manieri rinuncia alla totalità del suo corpo trafitto o del suo corpo scagliato sul suolo, come aveva fatto in precedenti performance, per concentrarsi sul messaggio. Il linguaggio non è in fondo una protesi del nostro essere che comunica? Quindi perché non ridurre tutto il nostro corpo a una sola parte? Con parsimonia di mezzi e concentrandosi ancora di più sul messaggio Massimiliano Manieri astrae il corpo dal luogo della performance per ridurlo a protesi organica di braccio che comunica. Quel che ne risulta è una sinèddoche esistenziale irredimibile. Non c’è più senso nel cercare una verità in un arto che non comunica oltre il gesto; eppure, se riflettiamo sul senso di questa performance, non è forse il linguaggio dei gesti quello che più ci caratterizza, così forte da essere accompagnato (parlo per noi italiani – volenti e nolenti) da una gestualità così marcata? Al di là della proposta stelarchiana di protesi meccanica (anche questa possibilmente messa in ridicolo dalla ‘semplicità’ anestetica e priva dell’elemento dolorifico) il braccio di Manieri non intende farsi portatore di un messaggio bionico, il corpo-oggetto che si dà è tutto lì, nell’essenza di quel qualcosa che viene nascosto, sicuramente un uomo, sicuramente un beffardo, di certo un giocatore astuto che sa quale carta porgere per suscitare la riflessione o il riso dello scherzo. Il richiamo al colore rosso può significare alcune delle riflessioni che si celano al di là della performance.

Le domande e le risposte, per una volta, non sono sullo stesso piano. Il ‘rosso’ di Massimiliano Manieri, ad esempio, è un segnale o una scusa? Ecco quindi spiegato uno dei motivi dell’importanza della ricerca di questo performer: non dobbiamo chiedere all’artista il senso della performance, ma è la performance, forse, che deve stillare in noi il desiderio e il moto di approfondimento del nostro senso di spettatori. Tanto è vero che perfino chi volesse trovare un filo rosso dovrebbe scontrarsi proprio con questo colore, così presente in questa come in altre sue opere.

Un “Bluff Point” che funge da ‘check point’ per le nostre illusioni, dove l’artista rappresenta come sempre se stesso nell’atto triplice di essere-artista, essere-opera e essere-artista che rappresenta se stesso e il suo rapporto con il mondo dell’opera d’arte; chiuso all’interno di una gabbia, velato da un rosso che lo nasconde per lasciare libero di agire soltanto un braccio dipinto di bianco. Questo braccio comunica con l’esterno grazie al senso e alle carte da gioco. “Uno scandalo che dura da secoli”, questa frase accompagnava nel retro della copertina il capolavoro di Elsa Morante, “La Storia”. Uno scandalo millenario concentrato nei pochi anni a cavallo della Seconda Guerra e del Dopoguerra. Lo stesso arco di tempo millenario che si traduce in questo cubo rosso, dove lo scandalo dell’arte di Massimiliano Manieri e della sua ripresentazione che non rappresenta riesce a mettere in difficoltà anche i critici e gli spettatori più saccenti. Il bluff della comunicazione e del suo cortocircuito – qui oggi, altrove sempre – sono compiuti.

Luciano Pagano

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Progetto BLUFF POINT – Scheda Tecnica:

L’installazione consiste in un cubo delle dimensioni di 2 mt. in ogni direzione.
Il cubo contiene un abitante che interagisce con l’esterno, quindi col visitatore, solo attraverso un foro attraverso cui passa il braccio dell’abitante interno al cubo.
Al visitatore è permesso interagire tattilmente con la mano dell’abitante rinchiuso, ma anche di parlare attraverso la seta che ricopre il cubo.
La voce dell’abitante è microfonata ed amplificata dall’interno.
Chiaro che le presenze non rivelate lasciano il dialogo sospeso all’interno di un concetto di “incontro tra sconosciuti” che tale rimarrà…
Compito dell’abitante del cubo è tirare fuori dal visitatore la voglia di parlare liberamente del proprio “io”
La componente teatrale dell’installazione non concede comunque spazio a cliché, sicché ogni visitatore porta con sé le proprie problematiche, i personali segreti, che volendo confesserà, viceversa tra i due si instaurerà un semplice rapporto di ascolto che tocca i semplici cassetti che il visitatore vuole toccare ed aprire…
Intorno al cubo sono disseminati oggetti surreali e simbolici che rendono la scena una specie di territorio di sogno che vorrebbe toccare corde legate a ricordi, rimandi a fanciullezze mai del tutto svilite.
Si accede all’installazione uno per volta, ed i due personaggi, una volta entrati in contatto, sono isolati dal resto del luogo, in una reale possibilità di intimo dialogo.
La durata media di ogni singolo incontro varia dai tre ai sei minuti, tempo sufficiente per accorgersi di che livello assumerà l’approccio e liberare i gradi di confidenza voluti.
All’interno del luogo che contiene il Bluff Point viene diffusa musica molto rilassante che immerge ulteriolmente lo spazio in una atmosfera di assoluto distacco dal resto.
Naturalmente, non essendoci condizioni dettate, ognuno, nel dialogo, a seconda del livello di profondità intrapreso, scava nell’altro ciò che l’altro concede, ma il risultato è, nella media, intimo e soffuso, molto più raccolto delle possibilità naturalmente offerte dagli schemi quotidiani fatti di diffidenze legate a delusioni, amarezze.
All’interno del BLUFF POINT non si deve dimostrare nulla, non avendo aspettative mirate, ci si libera e ci si confida, in un semplice momento vuotato da zavorre…

[Se spesso lo sguardo altrui ci precipita in un maelstrom personale spalancato da quegli stessi infiniti che, attraverso il buco della pupilla, ci inondano e ci stramazzano, si provi a pensare a come l’assenza di quegli stessi occhi possa raggelare.
Un’indagine nei propri meandri quotidiani, guidati solo da una voce al di là di una tenda rossa, dall’inquietante forma di un cubo, e da un braccio lattiginoso che segna il cammino della nostra autoanalisi a tentoni: questo il Bluff point.
Per dimostrarsi che non solo gli altri sono il nostro inferno]. (Giovanni Carrozzini su “Bluff Point”)

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Più che un’installazione, la costruzione di un’esperienza…
Più che il passivo assistere, un più diretto modo di esserne al centro…
Un modo differente di attraversare un aspetto di noi…
Si richiede forse un pizzico di incoscienza, di abbandono…
Da qualche parte dovrebbe essercene rimasta, un poco…

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“BLUFF POINT”

Osservate…
l’alieno rinchiuso…
e l’uomo libero…
Tenetelo d’occhio…
Questo posto è al sicuro, ora, dicono…
Ed ora che i selvaggi sono ammanettati, strappati ai luoghi nativi e la nostra arroganza ben protetta, si può prosperare sereni, sembra…
E se invece vi offrissero un punto di squilibrio a questo fingersi giornaliero…
Un luogo neutro dove impiccare per un momento la corazza,
Di cosa sareste capaci…?
Quale parte di voi rimarrebbe denudata…?
In questo punto rosso…
in questo angolo cosa portereste di vero..?
In un luogo così anomalo fare incontrare un prigioniero assoluto ed apparente…
E qualcuno solo “relativamente” libero…
Uno dei tanti, davanti ad un confine non segnato dalle mappe, ma soltanto esiliato, nella mente…

Benvenuti al BLUFF POINT

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È TUTTO NORMALE (Lupo Editore) al Festival della Cultura 2011 – Giovedì 17 Marzo ore 17.00


(H)OMO ITALICUS, ovvero: È TUTTO NORMALE al Festival della Cultura 2011 – Giovedì 17 Marzo ore 17.00

Carissimi amici e lettori,

vi scrivo per dirvi che Giovedì 17 Marzo, alle ore 17.00, nell’ambito del Festival della Cultura 2011, a Galatina (Quartiere Fieristico), presenterò il mio secondo romanzo, “È TUTTO NORMALE” (Lupo Editore), insieme all’artista e pittrice Paola Scialpi.

Sono passati otto mesi dalla pubblicazione del romanzo, otto mesi di soddisfazioni che costituiscono soltanto l’inizio di tutto quello che questo romanzo, al quale ho lavorato tanto, potranno darmi.

È PER QUESTO CHE DURANTE LA PRESENTAZIONE DI GIOVEDÌ 17 MARZO HO DECISO DI FARE UN REGALO AI MIEI LETTORI:

A tutti coloro che verranno alla presentazione regalerò una copia di CELLE (2003, utal), la mia seconda autoproduzione, stampata in 200 esemplari numerati presso la storica UTAL (Unione Tipografica Artigiana Lecce). Chi ha già acquistato È TUTTO NORMALE potrà venire con la sua copia per ricevere in regalo “Celle”. Se avete acquistato È TUTTO NORMALE e abitate fuori dalla Puglia potete mandare un amico o amica, se non avete acquistato È TUTTO NORMALE potete appprofittare dell’occasione per avere due opere al prezzo di una, “Celle” è un titolo a tiratura limitata, quindi difficilmente potrò ripetere un esperimento del genere.

“Celle” è un racconto di fantascienza scritto nel 2001. Non scorderò mai l’immagine che mi fece scrivere il testo, un sogno nel quale una colonna di veicoli fuggiva da una città nella quale era successo ‘qualcosa’ di indefinito.

“Celle” è il testo grazie al quale ho deciso di approfondire alcuni aspetti della mia ricerca letteraria. Il rapporto tra utopia/ucronia e distopia/discronia sarà uno degli aspetti che verranno approfonditi nel mio terzo romanzo, attualmente in lavorazione.

“Celle” testimonia il sodalizio con l’artista Fabio Colella, la sua opera ASSENZE è l’illustrazione della copertina, così come “Go-Fly_Me” illustrava la mia prima autoproduzione dal titolo “Opuscriptu”.

Alcuni giudizi critici:

“Il tentativo di ribellione dell’io narrante, nel suo passaggio da una condizione di prigionia ad una di assoluta libertà, si costruisce attraverso una prosa frammentata, sincopata, a tratti strozzata. La lotta quotidiana del protagonista è lotta anche con i limiti del linguaggio, che non riesce mai a dire quanto di profondo siamo in grado di sentire. Celle, che si chiude con un finale a sorpresa, non è scrittura nichilista allo stato puro, pessimismo grondante di incertezze, ma lascia uno spiraglio, lascia la certezza che le sbarre mentali e fisiche nelle quali le nostre esistenze sono rinchiuse possono essere e devono essere divelte, come dimostra il finale: “La pace era interrotta da tempo. Gli abitanti della Città erano da sempre bersaglio prediletto di ogni sua critica. Non sapeva più cosa pensare. quel che adesso poteva fare per scrollarsi questa notizia di dosso era camminare” [“Celle, il viaggio sinuoso che va dalla reclusione al risveglio”, Rossano Astremo, leggi il resto della recensione qui: http://www.musicaos.it/interventi/26_astremo.htm]

“Celle è la parafrasi delle nostre schiavitù, un interrogativo per la coscienza, un libro aperto sulle enigmatiche barriere che sovrastano la nostra specie.” [Davide D’Elia, leggi il resto della recensione qui: http://www.musicaos.it/interventi/2005/89_pagano_delia.htm]

La presentazione di GIOVEDÌ 17 MARZO sarà una bella occasione per ritrovarci, grazie a un romanzo come “È TUTTO NORMALE”.

Vi aspetto!

Luciano Pagano

“Prosit”, un racconto di Evelyn De Simone.


“PROSIT” di Evelyn De Simone

Siamo seduti a questo tavolino da circa due ore e sono circa due ore che me ne sto curva sul mio quaderno, simulando trance creativa, solo per sottrarmi alla discussione in corso tra Luca e Alessandro, circa l’amicizia, i legami, la fiducia. Tutte quelle parole che, solo a pronunciarle, ti riempiono la bocca.

Se c’è una cosa che non sopporto è quando la gente continua a parlare per tanto tempo dello stesso argomento, pur essendo totalmente d’accordo su qualsiasi aspetto della questione. È come in quegli stupidi talk show del primo pomeriggio in cui tutti si contraddicono urlando, per dire la stessa cosa. Almeno Luca e Alessandro sanno usare i congiuntivi e, soprattutto, parlano a volume abbastanza moderato.
– Certe volte non puoi prevederlo. È inevitabile fare qualche errore di valutazione: ti fidi degli altri, dai loro ciò che puoi e…
– Tac! Ti fottono in men che non si dica. Il punto è che non bisognerebbe dare tanto. O forse pur di evitare le delusioni non bisognerebbe dare tanto aspettandosi di ricevere tanto..non so..
-Io lo so: per preservarsi non bisognerebbe dare tanto a chi vuole ricevere tanto. E comunque se ti faccio un favore, se condivido una cosa con te lo faccio visceralmente, senza una vera intenzionalità razionale. Non lo faccio perché tu lo faresti (anche se a posteriori so che è così), il moto del “farlo”, del “darsi” è una forma di prepensiero elicitata da…
-Solo da determinati tipi di rapporti. E se le viscere, qualche bella volta, si sbagliano?
-È proprio questo, ciò che cercavo di dirti. Le viscere possono sbagliarsi, eccome, e noi non possiamo farci niente: possiamo scegliere se fidarci o meno degli altri, ma non possiamo non fidarci del nostro stesso istinto. Non si può sfuggire a lungo all’istinto, sarebbe come vivere in una cella di isolamento.
-Prima o poi ci convinceranno che saranno giuste le amicizie “con i beni separati e con i mali in comunione”.
-Adoro quel pezzo, cazzo ha un sound…comunque ti dicevo…

E avanti così, ancora, smetto persino di stilare quello schema mentale in cui appunto le posizioni dell’uno e dell’altro. Mi alzo per andare in bagno e quando torno, Alessandro sta dicendo qualcosa circa i condizionamenti ambientali che subiscono le nostre viscere e Luca sembra dare i primi segni di cedimento: ha smesso di guardarlo in faccia, preferendo la vista di un gratta&vinci che sta grattando con la cura con cui si spogliano le mogli durante la prima notte di nozze.

Riprendo il quaderno tra le mani e inizio a disegnarli. Due bicchieri di birra a metà e due vuoti allontanati al bordo destro del tavolo. Abbozzo il modo gentile di toccarsi i capelli di Alessandro, le sue labbra carnose inclinate in un mezzo sorriso benevolo. Di fronte stendo due/tre righe per la sagoma di Luca, aggiungo le rughe di concentrazione sulla fronte, la testa piegata di lato per guardare meglio il biglietto, la bocca serrata, non sorride, non è triste, non è seria. Alzo la matita dal foglio solo quando sento Luca che, continuando a guardare tra i disegni idioti del biglietto, dice:

– Sai cosa ti dico? Che alla fine è tutto una presa per il culo. L’amicizia, la fiducia, la reciprocità. Sono parole prive di significato, sono solo aria che mette in subbuglio, inutilmente, neuroni e corde vocali.
– Cosa?
– Sì, è così. Qualsiasi forma di altruismo o di affiliazione nasconde solo il desiderio intrinseco di scampare alla solitudine o di trovare gratificazione attraverso le carenze degli altri o di ricevere ciò che vogliamo per pura avidità. Tu, per esempio, mi sei amico e mi dai ascolto in previsione di ciò che riceverai. Altro che prepensiero, caro mio. Non darmi niente perché non voglio niente, perché non ti darò niente.

Riabbasso la testa e riprendo a disegnare, con l’ostinazione degli autistici. Luca parla ad Alessandro con un tono di voce che gli ho sentito assai di rado, parla ad Alessandro, ma fissa il suo gratta&vinci e quando si blocca un attimo, per prendere fiato, un fugace impercettibile sorriso gli increspa le labbra. Forse Alessandro neanche se ne accorge. Eppure io l’ho visto: ha guardato quel biglietto e ha sorriso, per un attimo, d’istinto. Non si può sfuggire a lungo all’istinto.

Torno a scrivere e questa volta non lo faccio per sfuggire alla conversazione, torno a scrivere di quel sorriso, dei suoi occhi raggrinziti che cercano disperatamente di mettere a fuoco i numeretti sul biglietto, delle sue mani, ora evidentemente sudate, che lasciano impronte sulla plastica verde del tavolino. Scrivo, mentre loro continuano a parlare di amicizia, di fiducia e di legami. Tutte quelle parole che ti viene difficile pronunciare quando pensi di avere un segreto tra le mani che speri possa cambiarti la vita, ma un pezzo di carta non può cambiarti la vita e sto ancora scrivendo quando la voce di Luca torna quella di sempre, si apre una risata, e dice “Dai, scherzavo” col tono delle fiction buonalaprima. “Vado a prendere da bere, questo giro lo offro io!” dice, ancora con quel tono. Lo guardo alzarsi, prendere il gratta&vinci, accartocciarlo e gettarlo nel cestino all’entrata del bar e quando ritorna al tavolo con tre birre appena spillate brindiamo all’amicizia e alla lealtà, cercando di crederci davvero.

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Questo è il secondo racconto di Evelyn De Simone , pubblicato su Musicaos.it, il primo, intitolato “The Spirit of Innovation” è qui.
Per invio materiali, suggerimenti, eccetera e altri eccetera a Musicaos.it, leggete le istruzioni qui: http://www.musicaos.it
C’è una pagina che ha poco più di cento fan su facebook, è la pagina di Musicaos.it, la trovate a questo indirizzo.  Se siete interessati a seguire giorno per giorno le riflessioni, i post, i link, e i pensieri del curatore di musicaos.it potete leggerlo su twitter, un assaggio è nella colonna a destra di questo blog. Alcuni dei libri in lettura attualmente sono “Afra” (Besa Editrice) di Luisa Ruggio, “Cadenza d’Inganno” (Lupo Editore) di Alfredo Annicchiarico, “In cielo come in terra” (Laterza) di Susan Neiman, “Invisibili” di Fulvio Colucci e Giuse Alemanno (Kurumuny), “La passione” (Untitl.ed) di Marco Montanaro, “451 Via della Letteratura della Scienza e dell’Arte” e – che non guasta mai – La Divina Commedia nel commento audio di Vittorio Sermonti.

“Una notte d’agosto”. Un ricordo di Edoardo Sanguineti scritto da Josè Pascal


Una notte d’agosto, seduti sul muraglione del porto di Costsaid, al riparo dall’assordante formicaio turistico estivo, proveniente dal centro storico del piccolo e prezioso paese, discorrevamo placidamente io, Edoardo e gli altri.
Nel cielo, la Luna baldanzosa e piena di sé si specchiava nell’esausto Mar. Solita com’è Lei a chiacchierar con le stelle, ascoltava in lontananza il fermento musicale che sgorgava dai locali protesi sul mare.
Era da un paio d’anni che non mi rincontravo con Edoardo. Da piccoli, durante le nostre estati solevamo venir qui la sera, per cercare un angolo di pace nel nostro paesino stuprato dal branco turistico. Lui invece, come tanti miei amici, era emigrato per studiare e probabilmente in futuro per lavorare.
Impaziente mi voltai verso lui e dissi: “Ogni volta che mi ritrovo a parlare con qualcuno che non vedo da un po’ di tempo, rammento che il tempo passa inesorabilmente e non è possibile tornare indietro. A volte la malinconia assale il mio cuore spingendomi a ricordare alcuni piacevoli episodi passati; altre volte invece sono molto più felice di ciò che sono ora e non rimpiango minimamente quel che è stato. Dipende molto dal mio interlocutore!”.
Eduardo, dacché ricordi, aveva sempre avuto la predilezione nello scrivere poesie e pensieri sul suo caro diario, ma quella notte mi regalò dei versi indimenticabili. Fissando il quieto Mar, mi disse:

“Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è nulla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire”.

E’ da tanto che non ci vediamo io e Edoardo. Ma penso ancora a quella notte, quando la Luna si specchiava nel Mare stremato e le stelle pulsavano nel Ciel.

(In ricordo di Edoardo Sanguineti “Ballata delle donne”)

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Josè Pascal (figlio di Mattia Pascal) è lo pseudonimo dell’autore che scrive sul blog “In parole semplici“, che tutti noi dovremmo leggere e che abbiamo inserito nei nostri link. Josè Pascal scrive pensieri, poesie e racconti. Su Musicaos.it pubblicheremo altri suoi interventi. Buona lettura. Se volete intervenire, inviare materiale, le istruzioni sono a questo indirizzo: http://www.musicaos.it se siete così interessati da ricevere aggiornamenti potete iscrivervi ai feed di questo blog o, addirittura addirittura, diventare fan della pagina di Musicaos.it a questo indirizzo http://www.facebook.com/musicaosrivista.

Vi ricordiamo (il Premier direbbe ‘ci tengo a precisarlo’) che diventare fan della pagina di Musicaos.it sul facebook non vi rende ‘automaticamente’ fan della letteratura.

Saluti, Luciano Pagano

La diversità a teatro: in libreria il primo studio dedicato esclusivamente ai drammi giovanili di Pasolini


La diversità a teatro: in libreria il primo studio dedicato esclusivamente ai drammi giovanili di Pasolini

Il vero esordio di Pasolini, a soli sedici anni, fu proprio un dramma, La sua gloria. La monografia di Jole Silvia Imbornone, da poco pubblicata da Stilo Editrice, presenta le prime opere teatrali dell’autore, tra originali rielaborazioni del mito ed allestimenti scenici e musicali.

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È noto che Pier Paolo Pasolini è stato poeta, romanziere, regista e polemista, ma è molto meno noto che il suo vero esordio fu come autore di teatro. Oltre alle sei “tragedie borghesi”, composte a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, l’autore de Le Ceneri diGramsci, nel corso della sua vita, scrisse diverse altre opere teatrali (per lo più ancora inedite o poco note), soprattutto negli anni Quaranta “friulani”. Salvo nuove acquisizioni di scritti giovanili ancora più precoci, si può infatti affermare che il primo testo che Pasolini a soli sedici anni abbia deciso di rendere pubblico sia stato proprio un dramma, La sua gloria. Proprio da quest’opera prende le mosse La diversità a teatro. I drammi giovanili di Pasolinidi Jole Silvia Imbornone, undicesimo volume della collana “Officina” diretta da Daniele Maria Pegorari, da poco pubblicato da Stilo Editrice. La ricerca è la prima dedicata con cura esclusiva al primo teatro pasoliniano: dalle

ambizioni letterarie e dalle sperimentazioni linguistiche di quella piéce liceale si passa alle originali rielaborazioni del mito nell’Edipo all’alba, velata ma audace prima manifestazione drammaturgica del desiderio omosessuale in Pasolini. Ci si concentra poi dettagliatamente sulla stesura del suo unico dramma in friulano, I Turcs tal Friul (con il vano martirio del giovane ‘scandaloso’ protagonista),

presentandone ed analizzandone i vari allestimenti scenici, da quello di Rodolfo Castiglione con musiche di Luigi Nono alla regia di Elio De Capitani con colonna sonora di Giovanna Marini, fino alla rilettura esclusivamente musicale di Luigi Maieron. Infine la monografia si sofferma sulla prima opera teatrale pasoliniana che ammetta un personaggio con connotati autenticamente paterni, La poesia o la gioia, ricca di echi del maledettismo francese.

Jole Silvia Imbornone (1980), dottoressa di ricerca in Italianistica, critico musicale ed insegnante, è autrice di diversi studi su Pasolini e Moravia, tra cui La genesi dei Turcs tal Friul, «Studi pasoliniani», 4, anno IV, 2010, Appunti per una linea Gide-Pasolini: il mito come archetipo, «incroci», 20, luglio-dicembre 2009, Nel 46!: Pasolini e il dramma della diversità, «Studi pasoliniani», 1, anno I, 2007, Noia e furore a teatro: la Beatrice Cenci di Moravia, «Letteratura e società», 23, anno VIII, n. 2, maggio-luglio 2006 e La regressione nel Mistero e la dialettica Padre-Figlio: Affabulazione di Pasolini, in Atti del X Congresso annuale dell’Associazione degli Italianisti italiani La letteratura italiana a Congresso: bilanci e prospettive del decennale (1996-2006), a cura di Raffaele Cavalluzzi, Wanda De Nunzio, Grazia Distaso, Pasquale Guaragnella, Pensa, Bari, 2008, tomo III.

Dal 2005, sotto la guida di Pasquale Voza e Lea Durante, svolge attività di ricerca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Bari e il Centro di ricerca interuniversitario per gli studi gramsciani; è inoltre nel direttivo dell’International Gramsci Society – Italia ed ha scritto più di 30 lemmi del Dizionario gramsciano 1926-1937, a cura G. Liguori e P. Voza, Carocci, Roma 2009 (menzione speciale per la saggistica al Premio Città di Bari 2010). Svolge

attività giornalistica nel campo della critica e dell’informazione musicale dal 2005 e in quello dell’organizzazione e promozione di eventi come ufficio stampa dal 2007; collabora con diverse riviste online (L’Isola della musica italiana, Mescalina, Musicalnews, Pool Magazine, Sound-check.it) ed ha partecipato al Dizionario completo della canzone italiana – Cantanti, autori, gruppi e produttori, a cura di Enrico Deregibus, Giunti, Firenze, 2006. E’ nella giuria nazionale delle Targhe Tenco dal 2006.

Il volume sul sito della casa editrice:

http://www.stiloeditrice.it/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=335:imbornone-jole-silvia-la-diversita-a-teatro&catid=41:officina&Itemid=60

Il libro è disponibile o è ordinabile in tutte le librerie ed è acquistabile nei principali bookstore online:

http://www.ibs.it/code/9788864790305/imbornone-jole-s/diversit-agrave-a-teatro-i.html

http://www.bol.it/libri/diversita-teatro.-drammi/Jole-S.-Imbornone/ea978886479030/

http://www.libreriauniversitaria.it/diversita-teatro-drammi-giovanili-pasolini/libro/9788864790305

http://www.webster.it/libri-diversita_teatro_drammi_giovanili_pasolini-9788864790305.htm

http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-imbornone_jole_s_/isbn-9788864790305/la_diversita_a_teatro_i_drammi_giovanili_di_pasolini_.htm