134. Riflessioni al margine di un libro a venire.


“Il libro è morto? Viva il libro!” Riflessioni al margine di un libro a venire 134. Scritto a parole è così: centotrentaquattro. Un numero che suo malgrado segnerà una tappa nella storia dell’editoria, così come il 1455 entrò a far parte di questa storia per essere l’anno in cui fu stampata la Bibbia a caratteri mobili di Gutenberg. Spieghiamo meglio. 134 è il numero di ebook che sono stati acquistati negli ultimi tre mesi su AMAZON.COM contro 100 copie dello stesso libro su formato cartaceo. Ogni 100 copie di un ‘hardcover’ (così si chiama la prima edizione a copertina rigida di un libro) sono state acquistate 134 copie dello stesso libro su formato digitale, leggibile con un computer o meglio ancora con un Kindle, il lettore di ebook creato e commercializzato dalla stessa AMAZON. La notizia non ha fatto tremare più di tanto gli editori europei, abituati a rivoluzioni lente e assimilazioni fisiologiche delle novità. Eppure il dato è importante, specie se si considera che oramai leggere un libro su monitor, kindle, iPad, è un’abitudine entrata a far parte del nostro vivere quotidiano. Chi di voi non ha mai scaricato e letto un testo in PDF? Chi non ha mai letto un articolo, una rivista, un bando da una Gazzetta Ufficiale? Finché l’utilizzo era limitato allo sporadico e a file gratuitamente disponibili in rete, nessuno sembrava preoccuparsi. Oggi però qualcosa è cambiato. Da tre mesi, su Amazon.com, per ogni 100 lettori tradizionali ci sono 134 neo-lettori che acquistano un libro appena uscito in versione digitale. Ciò vuol dire che gli americani si sono dimostrati ricettivi nei confronti di una rivoluzione culturale che cambierà l’editoria. Cerco di focalizzare qui alcuni punti che depongono a favore di questo fenomeno. Tanto per cominciare la maggior parte delle persone, soprattutto le nuove generazioni, è abituata a trascorrere molto tempo davanti a uno schermo. Che si tratti di un televisore, dello schermo di un palmare, del monitor di un computer o, per spingersi oltre, un iPod, iPhone o iPad che dir si voglia. Ciò significa che leggere un testo a video per qualche decina di minuti non è un’azione inconsueta come poteva sembrare, ad esempio, una quindicina di anni fa. Inoltre i browser e i programmi di videoscrittura ci hanno oramai abituati alla logica degli ipertesti. Il libro tradizionale racchiude al suo interno una selva di rimandi che il lettore può rendere vitali grazie alla propria esperienza, alla cultura e alla sensibilità. Se avessi letto “Delitto e castigo” a otto anni non avrei mai potuto ‘comprenderlo’. Allo stesso tempo non potrei comprendere un’opera come “Arcipelago Gulag” di Solženicyn a prescindere dal contesto storico nel quale è stata concepita. L’ebook, il libro elettronico, regala immediatamente e a chiunque la possibilità di accedere al testo e all’ipertesto, con la stessa rapidità di accesso del libro tradizionale a chi sia, però, uno studioso. In più la possibilità di disporre di un vasto catalogo, potendoci letteralmente spostare con appresso la nostra libreria, farà di questo oggetto un medium vincente. A questo punto vorrei invitare a una riflessione ulteriore. Di recente Microsoft, la casa produttrice di due tra i software più utilizzati al mondo, ovvero sia Windows e Office, sta puntando le sue energie e i suoi investimenti nel settore del Cloud Computing (cloud = nuvola = immateriale). In poche parole in un futuro che è già presente i computer anziché essere equipaggiati da tutta una serie di programmi cui siamo abituati, quali word processor, fogli elettronici, database, non avrà altro che il programma che serve per navigare in rete, ovvero il browser, assieme al cuore del sistema operativo, ciò che basta per accendere un computer e usarlo da subito. I programmi saranno collocati su un server remoto e da lì basterà accedere a tutte le potenzialità con una tecnologia più ‘leggera’. Si tratta di una tecnologia che esiste già da qualche anno grazie a Google Document. Faccio un esempio. Questo articolo è stato creato, scritto e salvato senza l’utilizzo di nessun Word (o software affine) installato sul mio pc, ma solo collegandomi al mio ‘account’ personale di Google. Se applicassimo la logica del Cloud Computing ai libri otterremmo che questi ultimi (anche le nuove pubblicazioni), un giorno, potranno essere consultati e letti con un lettore (Kindle, Computer, iPad etc.) senza nemmeno il bisogno di scaricarli, senza cioè ‘possederli’. Basterà una password di accesso al sito dell’editore per avere la possibilità di leggere il titolo che desideriamo, apporre dei segnalibri, sfogliare quante volte vogliamo il testo da dovunque noi siamo, a prescindere dal mezzo che stiamo utilizzando per navigare, come se il libro non fosse altro che la pagina di un sito accessibile a pagamento. Ciò costituirebbe una rivoluzione del mezzo che si accosterebbe a una rivoluzione dello stesso concetto di proprietà intellettuale. Non stiamo parlando di futuro, ciò che ho appena scritto è quanto già si può fare con milioni di titoli e riviste presenti su Google Books (tutte le annate di Lif, come anche l’archivio storico del Corriere della Sera è online). Per non parlare dei siti di biblioteche francesi o tedesche che hanno già digitalizzato e messo a disposizione innumerevoli manoscritti e codici miniati. Immaginiamo quindi uno scenario attuale nel quale il libro vincitore del prossimo Premio Strega, ad esempio, sarà consultabile direttamente online, pagandone l’accesso e ricevendo una password utilizzabile quando vogliamo, un po’ come se si trattasse del tesserino magnetico di una biblioteca. Niente libri, niente hard-disk supercapienti da migliaia di terabyte, solo sapere immateriale e immediatamente accessibile. Un po’ come è accaduto con i lettori dvd, che oggi possono essere acquistati a un prezzo di qualche decina di euro superiore al supporto che viene in essi riprodotto, il dvd. Nessuna proprietà estesa a oggetti, ma solo licenze d’uso; sostanzialmente un avvicinamento delle logiche del software a quella che è la modalità di utilizzo dell’opera d’ingegno, fino a poco tempo fa quasi sempre localizzata sul supporto cartaceo di un libro. D’altronde la dicotomia libro-opera non è di molto simile a quella tra software e hardware? Ci avviciniamo al giorno in cui i lettori di ebook consumeranno poco, saranno maneggevoli, permetteranno di leggere un patrimonio accessibile online, a prescindere che si tratti di un libro acquistato oppure no, e nel frattempo c’è chi continuerà ad acquistare libri per il gusto di leggere e possedere un’opera che sia univocamente legata all’oggetto che la contiene. Il mondo sarà forse popolato da foucaultiani archeologi del sapere, in visita a biblioteche storiche? Ma questa è soltanto una delle sfide che attendono l’editoria al varco del prossimo futuro. La seconda rivoluzione si chiama ‘self-publishing’ (autopubblicazione) e pubblicazione on-demand (trad. ‘su richiesta’). LULU è il nome del sito americano, famoso almeno quanto Amazon.com, che da la possibilità a chiunque di pubblicare e mettere in vendita il proprio libro, realizzato in modo impeccabile. In Italia il sito specializzato che è cresciuto di più negli ultimi due anni è IlMioLibro.it. Ebbene, quest’ultimo ha di recente siglato un accordo con il circuito di librerie e punti vendita Feltrinelli che prevede, tramite il pagamento di un abbonamento annuale, la possibilità di mettere in vendita il proprio libro nel circuito più importante di librerie presente in Italia. Quello che deve fare un autore è semplice, dopo avere scritto e impaginato il libro basta caricare il proprio testo online sul sito, metterlo in vendita e usufruire dell’abbonamento. Dopodiché un lettore che voglia acquistare il libro ha davanti a sé tre scelte. La prima, più semplice, di acquistare il libro online, facendosene recapitare una copia cartacea a casa. La seconda, in linea con quanto scritto sinora, è quella di acquistare a un prezzo di poco inferiore l’ebook dell’opera. La terza, affascinante, è quella di entrare in una libreria Feltrinelli e ordinare il libro che verrà stampato su richiesta e inviato nel punto vendita in due/tre giorni, gli stessi tempi che ci vogliono per far arrivare in libreria un testo già edito da un editore. Come vedete questa rivoluzione impone riflessioni non solo al sistema editoriale ma anche a quello della distribuzione, centrando sull’autore la possibilità di veicolare la propria opera, e sul suo essere più o meno noto e seguito da un certo numero di lettori. In Italia i Wu Ming (wumingfoundation.com) sono stati pionieri di questo nuovo sistema editoriale. La loro esperienza è interessante come ‘caso’ anche perché i Wu Ming hanno sempre puntato sulla trasparenza, anche commerciale, delle loro progettualità editoriali. Di recente hanno divulgato il numero di scaricamenti che sono stati effettuati dei loro romanzi. La cosa che si nota subito, cifre alla mano, è la caduta dello spauracchio di ogni editore vecchio-stampo, ovvero sia il terrore che le persone scaricando il libro non vadano a comprare il libro. Le due cose non sono in contrasto, chi legge il libro scaricato desidera proseguire o affiancare la lettura sul supporto cartaceo, “senza spina” come direbbe il mio editore, Cosimo Lupo. Per restare nel nostro ambito cito l’esperienza di Musicaos.it, la rivista elettronica che ho fondato nel 2004 e sulla quale pubblicammo ben tre romanzi elettronici, i quali ebbero diverse migliaia di scaricamenti, oltre che un certo riscontro sulla stampa, cartacea e web. Per chi voglia approfondire le implicazioni di questo discorso e del diritto d’autore, suggerisco invece l’acquisto di un libro proprio da LULU. Il testo si intitola “Perché abolire la SIAE”, l’autore è Salvatore Primiceri, che oltre a essere uno scrittore è anche un editore (Voilier Edizioni). A ciascuno le sue riflessioni, da questo angolo di mondo chiamato Italia, e nella fattispecie Salento, in cui l’editoria e l’artigianato del libro hanno raggiunto vette superbe e continuano a sfornare opere pregevoli. La mia opinione è che i due strumenti, il nuovo e il tradizionale, si affiancheranno per diversi anni, e non per mancanza di prontezza nella ricezione del nuovo, bensì per una scaltrezza propria di ogni lettore, nel prendere il meglio da ogni ambito. Gli editori e il mercato potranno dettare tutte le regole, come sempre, ma al lettore spetterà l’ultima parola.

Luciano Pagano pubblicato su “il Paese nuovo” di Domenica 25 Luglio 2010

Nunzio Festa scrive di “È tutto normale” su Kult Virtual Press!


Marco è il frutto d’una madre che manca. Ma, anche, in contemporanea, di ben due padri. Due uomini che lo cresceranno. E non un padre e un nonno, un papà e uno zio. Proprio, addirittura, due padri. Insomma una coppia fatta da due figure maschili. Che sono stati, tra l’altro, e lo saranno ancora, sia madre che papà: però; perché la mamma del poco coraggioso Marco, protagonista indiscusso, comunque, di “E’ tutto normale” – per colpa d’una malattia (massacrante quanto salvifica), la Eleonora già autrice di versi, morirà senza conoscere a pieno, senza poterlo analizzare quindi, il tradimento del marito, dell’antropologo Carlo. In tutto questo, il passato che non passa proprio, il futuro che s’annuncia molto, persino, più minaccioso di quello che davvero è stato. Dove, infatti, Marco deve tornare a casa, nel Salento, a festeggiare la laurea coronata da un ingombrante regalo dei genitori del fresco laureato. E in mezzo a un viaggio, a dir poco allucinante, per il protagonista del romanzo, che deve viaggiare con la mente e con il corpo accanto alla sua fidanzata statunitense. Che per vizio di famiglia, e non solo, non sopporta gli omosessuali. Proprio da questo, quindi, possiamo dire, il racconto del giovane Luciano Pagano aumenta. Sia di mole che di qualità. Di valore. Dopo che le prime pagine non erano, forse, quell’incipit opportuno ad annunciare la freschezza di scrittura raccontata dallo scrittore nato a Novara. Pagano, superando e superato il difetto delle primissime pagine, spinge nel cuore gonfio gonfio delle vicende. Rendendo amabili soggetti come un nonno che si presenta in forma di fantasma. O accattivanti figure simili, per differenza, alla Kris ragazza del Marco già figlio di buona e più che benestante famiglia. Questa nuova prova letteraria di Pagano, pur se vergata del rumore sospetto del lieto fine, e non s’abbia paura d’anticipare il motivo, è la giusta lettura che dice di sentire da altre angolazioni, oltre al fu valore della sensibilità, argomenti che sanno d’ipotesi, trama a parte, e nonostante la sua importanza oltre che il suo spesso intransigente dettato d’inattesa, di percorsi che possono essere. Su tutto, ovviamente, l’indispensabile approccio, originale finanche, ai temi di genitorialità e, soprattutto, paternità, e all’apparentemente più pulsante ‘tema’ dell’omosessualità. Ma, soprattutto, tutto letterario, nell’idea stessa di soddisfazione e felicità. Luciano Pagano, con “E’ tutto normale”, consegna alla superficie del mercato librario italiano, la profondità di tanta attualità sempre “problematica”. Si vedrà in avanti, infine, che tipo di svolta e/o che genere di continuazione, l’autore, e questo si sente molto, adottato dalla Puglia, vorrà sperimentare.

leggi qui l’articolo di Nunzio Festa
su Kult Virtual Press

Patrizia Caffiero recensisce “È tutto normale” su “Testi appunti note”


La parola d’ordine di questo libro, la chiave non nascosta della narrazione è minimizzare.

Come se fosse il racconto di un racconto.
Ci sono vari spessori di carta, cartoncino o carta velina fra l’autore e i personaggi, fra l’autore e la storia.

Lo stile è accurato; nitidezza e coerenza interna. Il ritmo narrativo tenuto costante dall’inizio alla fine.

L’ambientazione. Mappatura di un Salento non di maniera. Assenza quasi assoluta di descrizioni in un testo pochissimo descrittivo in genere; sfrecciano riferimenti a città o a luoghi come se anche il paesaggio arrivasse alla percezione indirettamente, come se fosse chiamato dopo aver guardato distrattamente dal finestrino di un treno – o guidando un auto.

Anche i fatti della storia nazionale corrono paralleli e sfiorano i protagonisti non sovrastandoli con il loro rumore; decibel un po’ al disopra di quelli prodotti dal ronzio delle mosche nella veranda, nella controra estiva:
“Non si accorge dell’ingresso di Carlo, il giornalista in tv sta dicendo che hanno sparato al Papa”.

La scelta incontrovertibile di Luciano Pagano è quella di un linguaggio sommesso, attutito, limato. Percezione limata. Nessuna idealizzazione del reale, che è citato con nomi e cognomi, con l’entrata nello stile semplice del testo narrativo di lemmi del linguaggio commerciale:
“Per acquistare l’auto con tutte le modifiche sul modello base devi prenotare con due mesi d’anticipo” ;
citazioni di riviste glamour: “Le teorie di Ludovico poggiano su solide basi, pilastri composti da pile di copie di Vanity Fair,Cosmopolitan, GQ, MAX”;
citazioni di canzoni: “La mia classe fu allevata con latte di una capra e del pane di frumento/ a quei tempi per divertimento non avevano inventato il telegiornale”. .
In alcuni momenti il linguaggio diventa esplicito :”Il tuo membro in quei luoghi avrebbe la stessa utilità del piede di porco per uno scassinatore, niente di più che un attrezzo per aprirsi un varco nella vagina”.

Nella grammatica linda del libro si aprono momenti di poesia, come se l’autore se li fosse lasciati sfuggire. Ovviamente, non è così, tutto è strategicamente ordinato, anche quei grumi di caos o lirici che si tuffano ogni tanto nei capitoli.
La prosa minima di Pagano lascia affiorare delle bellissime alghe che riposavano dietro le parole sparate con il silenziatore:

“Parole intermittenti che restavano impigliate nel bosco di ulivi secolari come lacrime cadute dall’alto di cieli solcati da aerei”;
oppure: “Due corpi inerti scaraventati sulla spiaggia del pianeta oblio. Lucertole antropomorfe. Stanche dopo una nuotata.”.
O ancora “Sforzi fatti dalle fibre del suo cuore perché il seme del suo pianto fosse gettato altrove”.

Fioriscono spesso piccole sentenze moralisticheggianti, alcune convenzionali e e insipide, d’altronde i personaggi sono alto-borghesi, mica degli eroi:
“I genitori credono che fare un figlio sia, ad esempio, cercare di fare in modo che cresca bene, istruito e tutto il resto.”
e riflessioni d’altra portata: “Fine delle lezioni. Lo scontro della realtà equivale a quello che potrebbe avvenire fra un lottatore e uno scacchista”.
Notazioni antropologiche:”Una svogliatezza che alla sua età può rivelarsi socialmente irritante se non ridistribuita in società sotto forma di lavoro“.

E’ tutto normale è anche una storia del Salento collegato con vasi comunicanti di altre parti dell’Italia, dove i figli di salentini da decenni affittano casa e studiano prendendo il largo dalla terra coltivata ad ulivi.

Vista dal sud, l’Italia diventa il videogame dove si possono unire alcuni punti con lineetta; i punti sono le università dove i figli di papà e mamma migrano, in una specie di bacino artificiale da cui spesso ritorneranno, alla fine degli studi.

La Grecia diventa una naturale propaggine del Salento; a Pagano probabilmente serviva un luogo mitologico (come indica anche la scelta dei nomi ancestrali di Ettore e Andromaca, i nonni di Marco) dove i rapporti convenzionali di una relazione a due, rigorosamente etero, potessero fluidificarsi, schiudersi ad altre possibilità.

Interessanti i riferimenti in più tratti dell’autore alla Polinesia ed altri lontani paesi, dove la paternità è un’altra cosa, è un legame più debole di quello nostro.

Paternità vista in senso anche lato, come ordine costituito, principio autoritario cieco e muto, che non consente scarti evolutivi, verso cui la ribellione dei figli non ha scampo.
Dove rintracciare una diversa paternità?
Diversa da quella di Ettore, vissuta maggiormente nella modalità costrittiva che come frequentazione intima padre-figlio; ma anche, in parte, da quella dei due amanti coniugi e genitori di Marco.

Come se nel luogo salentino non potesse entrare, se pur ne avesse voglia, una mitologia diversa da quella del dio Kronos, e si dovesse cercare un’altra latitudine; almeno Roma (altra zona depositaria di antico passato), per cercare di sfuggire al fato che piega le famiglie.

Marco compie un processo diverso da quello dei genitori; mentendo, immagina una realtà ingenuamente altra, impossibile, in cui accogliere una ragazza convenzionale; cova il desiderio di integrazione.

Kris (pugnale) è bella come uno degli edifici che Marco potrebbe disegnare nella qualità di architetto appena laureato.
La madre precocemente scomparsa di Marco, Eleonora, e Kris amano la poesia, sono collegate indirettamente da adiacenza di studiosi, conoscenze comuni, in qualche modo.

(certe assenze)

Se Kris si è legata a Marco è anche perché sembra un poeta, non per interessi economici, non conosce ancora la sua solidità finanziaria dovuta alle sue radici, ai padri.
Kris ama la poesia ma odia i deboli e i poveracci e ha alle spalle, anche lei, una paternità ingombrante.

Marco spera vagamente che Kris cambi, centrifugando con operazione artificiale, volontaristica, la bellezza del suo corpo e la sua splendida disinvoltura nei rapporti sessuali dalla sua intolleranza cruda verso i piu’ deboli.

Il sentimento di Marco è una proiezione, la venerazione di un’icona vuota:
“Marco la adora come si adorano le forme di una divinità“.
Un pugnale dentro una teca, un pugnale perfetto.

Nel libro non si respirano sbalzi di temperatura emotiva, si descrivono a tratti con parole che rimandano a parole. I sentimenti non sono trattenuti, e neppure invisibili. I protagonisti non parlano quasi mai di cose vitali, fondamentali.

Un clima ovattato, quello privilegiato delle automobili di grossa cilindrata e dei bei vestiti (quello che chiunque sia originario di Lecce riconosce quando si nomina il Circolo tennis), dove hanno uso le chiacchiere delle donne pigre e superficiali:
Dall’altro capo del terrazzo stavano le mogli, sedute a consumare granite e spumoni (…) bisognava stare attenti alle rughe, prenotare la visita dall’estetista, ‘meno male che io quest’inverno mi sono fatta un po’ di lampade’“.
E’il mondo a cui appartengono i protagonisti; anche se loro, per motivi diversi, da quel mondo in parte deragliano.

Rimanere sopra le cose, senza incuneare mai il coltello, senza scoperchiare le bare, senza svellere il terreno. Nascondere. Tutto è livellato al livello del mare, e in questo mare non ci si tuffa.

Ad Eleonora e a Kris si affida una qualità molto importante della visione, una visione tarpata e attutita che rimanda alla poesia, che si rimpiange pur portando con decisione occhiali grigi sulla vita e tappi nelle orecchie.

La poesia è vista nostalgicamente e con nostalgia si ricorda Eleonora; è rintracciata qua e là su foglietti e taccuini. Il poeta amato da Kris è morto giovanissimo, una meteora che ha preso presto fuoco; si ribadisce la posizione secondaria a cui si relega la visione poetica, separata inesorabilmente dalla quotidianità.

Ad Eleonora è affidato il ruolo di un’emissaria di sentimenti di livello, il figlio si rivolge a lei per invocare una qualità di sincerità che non possiede, come se l’amputazione della sua morte avesse inaugurato la nascita di parecchie bugie in fila.
L’inizio di forzature all’ordine normale delle cose, visto che dopo la sua morte comincia la vita ufficiale di coppia di due uomini?

L’ordine normale delle cose (quest’idea trasmette il romanzo di Pagano), consentirebbe che le persone potessero amarsi in modi anche non convenzionali; permetterebbe di aprire i bronchi e di respirare; lascerebbe che il desiderio, l’eros, viaggiasse in modi fluidi e lontani da paralizzanti schemi antropologici e sociali.

leggi qui il testo originale
di Patrizia Caffiero sul blog “Testi appunti e note”

“Più forte della verità”, Daniele Greco recensisce “È tutto normale”


Più forte della verità.

È tutto normale
di Luciano Pagano è uno dei libri più belli letti in questo 2010. Un bellissimo romanzo denso, con una scrittura secca e lineare e un vortice di suggestioni e di spunti di riflessione. Ammetto con estrema sincerità che la tematica della omogenitorialità legata ad alcuni personaggi è rimasta nella mia lettura come sullo sfondo, non come il motivo principale del libro.
Marco, dopo la morte della madre Eleonora, viene accudito da due genitori maschi. Carlo, il marito di Eleonora, e Ludovico che da amico della coppia diventa l’amante di Carlo. L’infanzia di Marco ci è restituita solo dalle suggestioni della nuova coppia che congettura sul figlio proprio nel giorno in cui questi è in procinto di tornare a casa dopo la discussione della laurea in architettura. Marco, oltremodo schivo e riservato, ritorna in Salento in compagnia di un non ancora specificato Kris. Così per tutta la prima metà del libro i due genitori discutono dell’eventualità e dei timori che questi possa essere uomo o donna; e cercano un appiglio alle loro aspettative evocando alcuni momenti topici dell’educazione da loro impartita a Marco: nient’altro che come una coppia “normale”.

Ma la vera materia del romanzo mi pare essere collegata alla dimensione temporale dell’opera. Se la fabula si svolge tutta nell’arco di una giornata, le digressioni e le analessi dell’autore valgono invece a creare nel lettore un vero e proprio percorso di conoscenza che abbraccia la vita di Marco dal suo concepimento al ritorno in Salento. Solo al lettore è concesso il piacere di avvicinarsi sempre più alla verità intima di quel legame che tiene assieme Marco, Carlo, Ludovico ed Eleonora. Una buona parte degli eventi più significativi sono in parte nascosti agli stessi quattro protagonisti. Ciascuno ha una conoscenza parziale. È depositario del proprio segreto, poiché la morte precoce di Eleonora è l’assenza-presente di quello che sarebbe stato o che forse è un fortissimo ménage a quatre.

È tutto normale – come si percepisce in maniera limpida e come afferma lo stesso Pagano – è il tentativo riuscito dell’autore di fare i conti con una storia d’amore. Niente di più difficile per uno scrittore che scrivere d’amore senza cadere nel banale, nel ridicolo o peggio nella sciatteria. L’amore di Pagano prende forza da una mancanza, quella di Eleonora, che potrebbe generare lo sgomento più atroce, il vuoto, l’irruzione della morte anche in chi “resta”: come Carlo, Ludovico e Marco. E invece il miracolo si compie ma ad un prezzo altissimo che resta la vera chiave del libro. Senza svelare nulla, il pegno che si conquista chi legge questo bellissimo libro è che taluni legami di sangue procedono con un macigno di segreti e di misteri che si alimentano talvolta di bugie a fin di bene. Come scrive Pagano citando nel finale Malamud “Ogni buona azione riduce il male nel mondo”. La giornata di Marco, Ludovico e Carlo termina dopo una serie di imprevisti assolutamente credibili, che deviano dal corso di un esito tutt’altro che scontato. La relazione tra questi tre uomini è tenuta in vita da una menzogna che è rappresentata da uno smisurato atto d’amore e di sacrificio: annullare le proprie rivendicazioni più immediate, ma solo al fine di continuare ad alimentare quell’amore che è più grande di ogni verità.

Daniele Greco

l’articolo su Postoristoro

Eliana Forcignanò su Evidenzia Libri. Un’intervista su “È tutto normale”


DOMENICA 18 LUGLIO alle ore 22.30
a OTRANTO presso la PORTA TERRA

LUISA RUGGIO presenterà “È tutto normale” insieme a Luciano Pagano

qui di seguito un articolo/intervista di Eliana Forcignanò, comparso ieri sul blog Evidenzia Libri

«Un tenue lenzuolo di lino copre il letto. Prendi un capo del lenzuolo e lo sollevi, non importa se con o senza esitazione. Il lenzuolo viene via e lascia scoperto tutto: amore, odio, amicizia, ostilità, ambizioni, paure, desideri di rivalsa. La vita è, in parte, quel lenzuolo di lino; in parte, ciò che sotto il lenzuolo si cela». Luciano Pagano, autore di È Tutto normale, romanzo edito di recente per i tipi di Lupo Editore nella vivace collana InBox, non è un santone, né sembra intenzionato a lasciar cadere perle di saggezza giù dal settimo piano. Classe 1975, laureato in filosofia, per vivere si è tuffato nella giungla degli agenti di commercio: conosce le persone, sa come e quando accattivarsi le loro simpatie, come e quando sfoderare una grinta e una dialettica che non corrisponde al ritratto leopardiano dello scrittore tutto compreso nel suo “ermo colle”, perché la solitudine – quella invocata da Kierkegaard e da Nietzsche, nonché feconda per la creazione letteraria e artistica – si può cercare e trovare anche mentre sei in automobile per un breve transito di lavoro – da Lecce a Otranto, per esempio – o mentre ascolti una canzone rock che, ad altri, potrebbe sembrare letteralmente “spacca timpani”. In breve, ognuno ricerca la solitudine a modo proprio, tuttavia l’introspezione, la ricognizione in se stessi non dovrebbe mai tramutarsi in clausura, soprattutto per un autore che si dedica alla prosa, alla descrizione dei caratteri, alla narrazione della vita. In breve, se non vivi, se non incontri chi è diverso da te, se non viaggi attraverso pensieri, gusti, pareri differenti, cosa scrivi? Anche Leopardi – lo scrive Cassano in uno dei suoi saggi più noti – di tanto in tanto, levava gli occhi al cielo e, pur essendo un “passero solitario”, osservava gli uomini e ne traeva conclusioni più o meno giuste. Perché nessuno possiede la verità in assoluto e la parola può “aprire mondi” soltanto nella misura in cui si è coscienti della sua piccolezza di fronte all’universo: “tutto di fronte al nulla e nulla di fronte al tutto”, come scrive Pascal.

«Quando ho cominciato a scrivere È tutto normale – racconta Pagano – avevo in mente i dialoghi e da questi ho preso a lavorare per giungere al romanzo che ha conosciuto venti stesure: scrivevo la prima, terminavo, salvavo con nome sul computer e ricominciavo da principio, rileggendo, integrando, ma anche sottraendo quel che avrebbe reso il mio lavoro una saga. Non volevo scrivere, infatti, la storia di una famiglia che affronta le proprie peripezie per approdare a un’apparente quiete intorno al focolare domestico, perché questo sarebbe stato anacronistico e poco o per nulla rispondente al mio desiderio di cogliere la complessità del contesto e dei personaggi che uscivano dalla mia fantasia. Personaggi cui auguro di rimanere, almeno per un certo tempo, nella mente dei lettori”. È tutto normale è la storia di una coppia omosessuale che alleva un bambino: due padri – Carlo e Ludovico – che vivono nell’omertosa e “perbene” provincia salentina. Marco, il bambino, poi ragazzino e poi uomo, frequenta architettura a Roma e si innamora di Kris, ma chi è Kris? Il nome lascia spazio a non poche ambiguità e fantasticherie da parte dei due padri: e se anche Marco fosse omosessuale? La vicenda si svolge nell’arco di una giornata, ma è accompagnata da continui flashback nei quali compaiono loro, evanescenti eppure insostituibili, non solo perché generatrici di vita, ma anche in virtù del loro esistere e sentire differente: le donne cui, non a caso, il libro è dedicato. Eleonora, madre di Marco e moglie di Carlo – lui si scopre omosessuale dopo averla sposata – è una presenza/assenza che gravita costantemente intorno ai tre uomini, i quali la ricordano e a lei si rivolgono con sentimenti che le parole – ora sì – non bastano a descrivere: nostalgia, affetto, amore e, forse, un sottile rancore per l’abbandono pur annunciato e inevitabile. Una triade di genitori sarebbe stata possibile? La risposta è implicita nell’evolversi di È tutto normale: la memoria è presenza. Eleonora è genitrice di Marco e la sua non è una mera “aura” alla quale tributare culto e venerazione. Senza Eleonora, Marco non sarebbe nato e Carlo non avrebbe scoperto la sua omosessualità: è lei il motore mobile della storia, come lo è Andromaca, madre di Carlo e moglie di Ettore Donini, noto e ricchissimo proprietario della casearia Donini. Andromaca non è una madre accettante: mette al mondo Carlo, ma si schiera dalla parte di Ettore, il marito, quando quest’ultimo disconosce il figlio per le sue inclinazioni sessuali. Talvolta, Andromaca si reca a trovare Carlo di nascosto, ma si tratta di visite che tentano di riportare il figlio su una strada di “normalità” e di tutelare il nipote, Marco, solo in balia di due uomini.

«Ho scelto di chiamare i genitori di Carlo con due nomi provenienti dalla mitologia greca – Ettore e Andromaca – affinché questi nomi segnassero la loro distanza siderale dal figlio: il figlio, in altre parole, vede le due persone che lo hanno messo al mondo lontane e distaccate dalla sua vita. Loro appartengono a un altro mondo, non sono soltanto di un’altra generazione e questo appartenere a mondi diversi rende impossibile l’incontro. Di nuovo, non è casuale che Carlo, lasciando alle cure del compagno l’azienda di famiglia, abbia scelto di diventare un antropologo e di studiare le culture aborigene, quelle, in apparenza, più distanti da noi. L’ultimo libro che Carlo intende scrivere, prima di abbandonare l’insegnamento universitario riguarda la magia della terra salentina e la possibilità che essa abbia conosciuto la presenza di popolazioni non terrestri in un’epoca remota». Alieni: un racconto dello scrittore David Leavitt, nella raccolta Ballo di famiglia, è intitolato così: una famiglia il cui padre è recluso in un ospedale psichiatrico, la figlia è convinta di provenire da un altro pianeta e di esser stata posta dalla sua gente a guardia della Terra fino alla ricostruzione di un universo parallelo, il figlio è immerso in calcoli immaginari per costituire un’immaginazione artificiale. Solo la madre, secondo il giudizio della psichiatria, è rimasta lucida. «Di Leavitt ho letto La lingua perduta delle gru – ricorda Pagano – e mi sono convinto che il mio romanzo non raccontava nulla che potesse rimanere escluso dalla realtà, perché se, negli anni Ottanta, si parlava della possibilità che un padre e un figlio facessero outing e che la loro omosessualità fosse dichiarata, oggi è lecito parlare di due padri che crescono un figlio insieme, anche se – è bene precisarlo – si tratta di due uomini benestanti il cui diritto di allevare un bambino è dato, in parte, dalle loro condizioni economiche. Il danaro non allevia il gravame dei pregiudizi, tuttavia permette di mettere a tacere voci adulte troppo insistenti».

Le voci degli adulti: Pagano evita ogni tipo di moralismo. Non entra nel merito della questione omosessuale e sembra quasi sciocco rivolgergli la fatidica domanda: “secondo te, è giusto che due uomini…?”. A un simile interrogativo è opportuno che ciascuno dia una risposta da sé, non una risposta affrettata né dettata dalle esigenze del perbenismo o, viceversa, del politicamente corretto. Ognuno secondo coscienza: ai fini della lettura del romanzo, non è essenziale conoscere le opinioni dell’autore, come, quando si legge Leavitt, maestro di scrittura e di vita, la sua omosessualità dichiarata è utile soltanto per collocare in un contesto sociologico i capolavori che da lui siamo abituati a ricevere. Ballo di famiglia, La lingua perduta delle gru, Mentre l’Inghilterra dorme, Il matematico indiano sono letteratura: la “connotazione omosessuale” – come alcuni la definiscono – delle narrazioni di Leavitt si presta, come sempre, a sgradite strumentalizzazioni di parte omofoba, ma a un autentico lettore interessa la qualità della scrittura e della storia narrata, il resto è aria fritta. Qualcuno potrebbe obiettare che questo discorso autorizza la letteratura a veicolare i messaggi più disparati, ma la prospettiva è un’altra: la letteratura, di per sé, non veicola alcun messaggio, esattamente nella misura in cui essa ne veicola più di mille. Che vuol dire? Semplice, chi racconta la realtà non può né deve avere inibizioni, altrimenti si rischia di scivolare in quell’anacronismo del quale parlava Luciano Pagano. La questione è una: vogliamo essere scrittori o moralisti? Vogliamo raccontare o censurare? È tutto normale non è un manuale di precettistica e non aspira a sfuggire all’Indice dei libri proibiti, né a ottenere l’imprimatur dell’attuale pontefice che, per inciso, non perde occasione di ostentare la sua omofobia, ma protegge come può i casi di pedofilia all’interno della Chiesa. Pagano racconta una storia e lo fa servendosi di uno straordinario tessuto metaforico in armonia con questa “terra” che Carlo, l’antropologo, ritiene portatrice di segreti probabilmente destinati a rimanere tali. Vi sono due modi di ricorrere alla metafora: il primo è quello di disseminare qui e là qualche segno falsamente poetico sgradito al lettore perché interrompe la narrazione e sembra un’inutile cornice a un quadro penoso e fatuo: il secondo modo è quello che rende la metafora inevitabile perché, diversamente da quelle parole, l’autore non potrebbe né saprebbe sceglierne altre. «Ho scritto poesia – ci confida l’autore – per un lungo periodo e questo mi ha insegnato ad asciugare il discorso, ad avere rispetto delle parole che utilizzo, a sentirne la gravità e il peso. In tutto il libro vi saranno forse tre avverbi e sono felice che sia così. Le venti stesure e i taccuini pieni di appunti sono serviti a qualcosa». È vero, solo tre avverbi in È tutto normale che segna una crescita rispetto al primo romanzo di Pagano Re Kappa. Un autore cresce nella scrittura, soltanto quando è motivato a farlo, quando non si lascia irretire dal successo dell’opera prima. Re Kappa e È tutto normale sono due libri molto diversi, ma entrambi contengono una carica eversiva crescente che, sotto il profilo della scrittura, può essere ulteriormente sviluppata. D’altronde, Pagano non si sente “arrivato” – perché questo significherebbe esser morto – bensì in transito. Felice anche l’incontro con Lupo Editore, come si evince dall’illustrazione di copertina, Evidently Goldfish, concessa dall’artista Nicoletta Ceccoli per È tutto normale e per una collana, quale InBox, che promette davvero bene.

l’articolo di Eliana Forcignanò su Evidenzia Libri

“È tutto normale”, video dalla prima presentazione, a Liberrima, domenica 11 luglio 2010


Domenica 11 luglio si è tenuta la prima presentazione di “È tutto normale” (Lupo Editore), presso la libreria Liberrima. Approfitto di questo post per ringraziare tutti i presenti. Nella serata c’è stata l’occasione di un’intervista con Stefano Donno, il tutto ripreso da ACMELab. Ecco il video.

Tutto in un giorno. Stefano Donno recensisce “È tutto normale” sul quotidiano “il Paese nuovo”


Tutto in un giorno

Sarebbe sbagliato dire che Luciano Pagano torna alla narrativa. Sbagliato perché Pagano la scrittura non l’ha mai trascurata,  non l’ha mai abbandonata, non l’ha mai sedotta e lasciata a sè stessa. Dal romanzo “Re Kappa” edito da Besa qualche anno fa,  quest’autore non ha conosciuto un attimo di posa, e ci è andato giù a muso duro scrivendo saggi, articoli, racconti per riviste e  antologie. Ora ecco un nuovo lavoro dalle sue mani, per i tipi della Lupo editore nella collana diretta da Antonio Miccoli, dal  titolo “È tutto normale”. La prima cosa in assoluto che fa strabuzzare gli occhi, e rende questo prodotto una vera e propria opera d’arte, o meglio un oggetto da collezione, è la splendida copertina della superba Nicoletta Ceccoli, (o come direbbe una “grande”  del fumetto italiano come Ketty Formaggio, Nicoletta Ceccoli), che vi invito a conoscere e soprattutto amare. Ma permettetemi di  fare gli onori di casa: per chi non la conoscesse Nicoletta ha illustrato numerosi libri principalmente in Italia, negli Stati Uniti,  in Inghilterra, esponendo i suoi lavori “Roq la Rue” (Seattle),”Magic Pony”(Toronto), “Dorothy Circuì”(Roma),Richard Goodall  Gallery ( Manchester). Le sue opere sono veri e propri oggetti del desiderio. Dopo essersi ripresi dalla cover deluxe (l’artwork intitolato “Evidently Goldfish”, opera dell’artista Nicoletta Ceccoli, raffigura una bambina che porta al guinzaglio un pesce rosso  in un mondo di sogno) ecco che non si fa in tempo a tirare un sospiro di sollievo che la quarta di copertina recita così: “Una volta fuori  dall’utero ogni uomo è perso”. Vero, verissimo! In questo lavoro si parla di Destini, tutti quei grovigli di possibilità quantiche che  rendono le cose nella vita caotiche, indeterminate, a volte imperscrutabili. Le cose vanno in questo modo, e sarò volutamente sintetico e stringato per non togliere la sorpresa ai lettori di quest’opera intrigante e fascinosa. Ludovico e Carlo sono una coppia  di omosessuali che vivono nel Salento: il primo figlio di un prestigioso notaio, il secondo non solo erede di una nota industria di  latticini ma anche docente universitario di antropologia, come a voler delineare già una condizione di agiatezza e benessere dei  protagonisti che comunque fa sognare in un periodo di crisi come il nostro. Nella grande e sontuosa villa Donini, circondata dal   verde e immersa nel calore e nei colori del Salento, insieme hanno cresciuto Marco, figlio di Carlo e di Eleonora, quest’ultima  morta per una grave malattia a distanza di un mese dal parto. Ludovico e Carlo stanno aspettando ansiosi Marco, che dopo una brillante conclusioni di studi universitari in architettura nella capitale, ha annunciato l’arrivo a casa in compagnia di Kris. L’ansia dei “due genitori” si sviluppa sino ad una trepidante concitazione per prima cosa perché si ha la percezione che si tratti della condivisione di una notizia importante. Poi perché ( e non hanno il coraggio di dirselo) sono in fervente attesa di capire se Kris è un lui o una lei. «Abbiamo abbastanza elementi per dichiarare aperte le indagini, ti anticipo che l’esito di questa ricerca non costituisce un punto a favore dell’ipotesi che si tratti di una donna», è così che Ludo si rivolge a Carlo con un sospiro di  omosperanza. Per conto suo Marco è anche molto inquieto … perché? A Kris per anni ha nascosto la “anomalia” della propria famiglia. Luciano Pagano, torna a parlare di Salento, e lo fa con una storia troppo plausibile perché non sia stata ispirata ad una  storia vera. Ad ogni modo romanzo originalissimo, in cui il tema dell’omogenitorialità, diventa capacità di resa di una  letteratura d’impegno civile e poetico, cosa rara ai nostri giorni. Il romanzo si svolge in una giornata, riportandoci indietro a  poco meno di una trentina d’anni fa, nel periodo in cui Carlo e Eleonora si sono conosciuti e sposati, fino alla nascita di Marco. Luciano Pagano, è uno scrittore che non si riesce a non amare soprattutto quando dal suo cilindro magico, caccia storie come questa!

Stefano Donno
su “il Paese nuovo” (7/7/10)

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“È tutto normale”, recensione di Marco Mattanti su Il Recensore.com


Fuori dall’utero ogni uomo è perso“, si legge sulla quarta di “È tutto normale” (Lupo Editore, 2010) di Luciano Pagano. L’idea che viene in mente è quella che una volta nati siamo in balia di una certa dose di indeterminatezza che soggiace a un destino a volte nebuloso e poco scrutabile. Il concetto è sottolineato anche nella scelta della copertina, artwork intitolato “Evidently Goldfish”, opera dell’artista Nicoletta Ceccoli: una bambina che porta al guinzaglio un pesce rosso in un mondo di sogno. Ma entriamo nel dettaglio della vicenda.

Non ci sarebbe nulla di strano nel raccontare di due genitori che attendono con trepidazione il ritorno nella loro villa in Salento del loro figlio unico, neolaureato in Architettura, trasferitosi a Roma appena compiuti i diciotto anni. Tutto sarebbe normale, se non fosse che il giovane Marco Donini, rampollo di una famiglia che possiede un’azienda casearia che distribuisce i suoi prodotti in tutto il mondo, sta tornando a casa insieme a una persona il cui sesso non è stato specificato, e il cui nome, Kris, non lascia a intendere nulla.«Abbiamo abbastanza elementi per dichiarare aperte le indagini, ti anticipo che l’esito di questa ricerca non costituisce un punto a favore dell’ipotesi che si tratti di una donna», è così che Ludo con un pizzico di omosperanza sostiene l’incertezza di genere della persona che arriverà assieme a Marco. Tutto sarebbe normale se non fosse che ad attendere Marco non ci sono il padre e la madre del ragazzo, bensì due padri, Carlo Donini e Ludovico Carrisi. La descrizione della scena iniziale è l’impalcatura su cui verranno innestati i flash-back di una vita passata, quella di Carlo e di sua moglie Eleonora. I due giovani sposi, nel Salento degli anni ottanta, vivono spensierati e felici una vita fatta di gite al mare e pomeriggi trascorsi al circolo del tennis cittadino oppure a ascoltare musica a casa del loro migliore amico, Ludovico.

Sarebbe accaduto, prima o poi. Amavano la stessa musica. Frequentavano gli stessi posti. Facevano gli stessi viaggi, nelle stesse località, esotiche o misteriose a seconda di ciò che dettava la moda del momento. Asia, Nord-Africa, Estremo Oriente. Erano cresciuti in un mondo fatto di nomi propri, dove tutti erano consapevoli e allo stesso tempo cercavano di minimizzare le loro ascendenze familiari, per paura che sulla loro spensieratezza gravasse il peso di chi, un simile paradiso, poteva soltanto sognarlo. Chi l’avrebbe detto che Eleonora, fotografata con il suo sorriso splendente in una qualsiasi delle gite che avrebbero fatto su quella barca, avrebbe avuto un figlio da uno di quei due“.

Proprio Ludovico diventerà l’amante e poi il compagno di Carlo, con il quale crescerà il figlio Marco, una volta che Eleonora scomparirà per via di una malattia. Sono passati quasi trenta anni. Carlo oggi insegna Antropologia all’Università, Ludovico Carrisi è un notaio, i due vivono insieme. Eleonora si fa sentire pur nella sua completa assenza.
Dopo le torride atmosfere di “Re Kappa”, esordio di Luciano Pagano, il giovane autore salentino costruisce il suo secondo romanzo sull’ipotesi di uno dei tanti mondi possibili/plausibili nel quale si muove uno dei 100.000 figli di coppie omosessuali (uomini o donne) che vivono in Italia. Ne risulta un romanzo in cui il tema dell’omogenitorialità, facendo da sfondo, non diviene una gabbia per la vicenda che si snoda, alternando i dubbi di Marco (che non ha mai raccontato dei suoi genitori a Kris) agli imprevisti che danno alla vicenda un tono realistico.
Il romanzo si svolge in una giornata
, riportandoci indietro a poco meno di una trentina d’anni fa, nel periodo in cui Carlo e Eleonora si sono conosciuti e sposati, fino alla nascita di Marco.
In “È tutto normale” i ricordi affiorano con naturalezza mescolandosi alla vicenda presente. L’acuta descrizione dei caratteri è uno dei segni distintivi di questo romanzo, prova ne è il fatto che i personaggi restano ‘impressi’ nella mente per via delle descrizioni del loro vissuto interiore, soprattutto nei dialoghi. Dopo la lettura il lettore avrà la compagnia degli umori di Carlo, dell’insistenza verbale di Ludovico, della personalità eterea di Eleonora, della determinatezza così ingenua di Marco e di Kris. Già, chi è Kris? Non sappiamo nulla di Kris a eccezione del fatto che suo padre è un pastore canadese, ex-pilota d’aereo e omofobo. Marco Donini, tuttavia, ha in sé tutti gli anticorpi necessari per reagire a ogni situazione che gli si presenterà in questa giornata particolare, o almeno così spera.

È tutto normale” è un testo che si caratterizza per una scrittura misurata, vigile, capace di alternare i picchi emotivi di una storia straordinaria al punto da farcela accettare come normale fin dall’inizio, e che soprattutto è ispirata a una vicenda realmente accaduta. Ed è proprio grazie alla forza della scrittura di Pagano, matura rispetto all’esordio, che “È tutto normale”, nel “sud del sud dei santi” di beniana memoria, diviene una vicenda plausibile e allo stesso tempo un romanzo godibilissimo che non mancherà di destare interrogativi perfino nel lettore più smaliziato.

Marco Mattanti (diritti riservati)
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