“Monologo di Alda Merini”, 13 Luglio 2008. A cura di Carmen Togni


“Il 13 luglio 2008, domenica, ero a casa di Alda Merini. D’improvviso ella prese il registratore che avevo in mano e cominciò a parlare… Fu un monologo tutto d’un fiato… Ve lo propongo affinché, nel rispetto della sua figura possiate, voi che leggete, commentare e magari trarre conclusioni che possano portare un arricchimento personale a me oltre che a voi, ed una maggiore conoscenza di questa poetessa eccezionale. Ho chiesto il parere di Flavia su questa postazione, la quale si è detta d’accordo di proporla… Grazie amici, anche a nome di Alda che ha voluto attraverso queste parole lasciare un ulteriore messaggio a quanti la amano…”

Carmen Togni

“Monologo di Alda Merini”,
riproposto con il permesso di Flavia Carniti

Buongiorno, io ho qui la signora Carmen, parliamo della laurea di Messina che mi ha commosso ma anche molto stressato. Non in quanto laurea ma perché avevo diverse paure, come quella dell’aereo, l’emozione, dei problemi miei in ballo per cui accantonare dei problemi per andare a ricevere la laurea è stato un colpo forte diciamo, un’emozione. Però tornata a Milano ho ricevuto un colpo di ritorno per la freddezza e l’antipatia generale dei milanesi. Mi spiace di essere stata così mal ripagata.

Subito dopo mi è saltato tutto l’impianto della luce e secondo me è stata una grande vendetta maschilista.

Sono una donna che non nutre grande simpatia per i movimenti femministi, ma comincio un po’ ad odiare i maschietti, li odio perché non capiscono che la donna ha bisogno di uno spazio di vita e di intelligenza.

La Laurea ha significato molto e niente perché sono state due facce diverse, tra l’altro un signore che qui non voglio nominare che è venuto con me e mi ha accompagnato, non per arraffare la Laurea ma qualche bella donna. Io su queste debolezze maschili avrei molto da dire perché la laurea e la cultura sono cose serie.

Devo dire che per quello che mi riguarda sono molto sconcertata dall’ignoranza di quello che può essere il maschio poeta. Insomma ho trovato un tale gelo al mio ritorno che ad un certo punto ho dato la mia laurea al parroco… ho detto non la voglio più vedere, perché più che la Laurea è il rispetto per la persona che ci vuole io a questo ci tengo specialmente…, le mie sigarette…

La cosa che più mi ha meravigliato è che Milano non me l’ha mai data, la laurea, anzi c’era un tale qui che si chiamava dottor “S…”, che m’ ha rotto l’anima per parecchio tempo poi non mi ha dato niente, mi ha preso in giro, ma la Laurea di Messina mi fa pensare anche a come ha fatto mio marito con una moglie poetessa a cacciarla su in un solaio maledetto che a quei tempi era il manicomio.

E sono rimasta male e avrei voluto che questa laurea… guardi, è passato di qua un signore di media cultura che guardando il tocco mi ha detto, avrei dato la vita per averlo, per tutta la vita ho sognato la laurea, e io gliel’ho regalato, perché desiderare un riconoscimento mi sembra umano, mi sembra giusto e abbiamo avuto fior di persone intelligenti che sono naufragate in un pantano per colpa dell’invidia, del fatto che non han potuto studiare, anch’io non ho mai avuto una laurea. Gli ho dato questo tocco e quest’uomo sembrava che si fosse sollevato da terra, come ho dato anche, diciamo la mia veste…, l’ho data a mia nipote che si è laureata in legge. Diciamo, so che era una cosa preziosa ma prima che la rubassero i miei vicini di casa, e lo voglio proprio dire perché Messina mi senta, proprio perché ho dei vicini di casa che non mi danno nemmeno un bicchier d’acqua, mi derubano, donna di servizio compresa, per la paura che me le rubassero ho dato via queste onorificenze e Manganelli dice appunto che gli anziani devono privarsi di tutto per paura che gli altri rubino, arrivati a questo punto che cosa si può sperare da un’Italia. E’ vero o no?

D’altra parte c’è anche tanta gente ammalata di questo buonismo, che vogliono entrare nelle case degli anziani e adagio adagio li derubano delle loro piccole proprietà, del loro disordine, dei loro piccoli comodi.

C’è questa geriatria che vede che uno a quarant’anni è già vecchio…, però c’è gente che a quarant’anni è già vecchia, mentre alla mia età c’è gente che è ancora vispa ma non può muoversi per altri impedimenti fisici.

E qui è un lungo discorso su quello che può essere la depressione. La depressione è un male che capita ma va centellinato, una volta nei manicomi c’erano le lungodegenze e grazio a Dio davano tutto il tempo alla malattia di dipanarsi e di risolversi, io sono riuscita dal manicomio proprio perché m’han dato tutto il tempo possibile di curarmi, riflettere, rivisitar-mi e guardare anche gli altri, sono stati dieci anni, di più ,in cui non ho fatto che ispezionare sia il mio io che quello degli altri, ho imparato una cosa, che ciò che ci accomunava non era certo l’ambizione o la voglia di scampare alla morte eravamo entrati in manicomio per morire ed eravamo pronti a morire, abbiamo fatto un patto di solidarietà con la morte e diciamo che l’abbiamo amata. Io non ho paura di morire ma mi danno molto fastidio i tafani e tutti quelli che vogliono mangiare su carni come la mia, ormai morte non di vecchiaia ma di crepacuore che è il peggiore dei dolori che ci possa essere per un essere umano, morire di crepacuore perché ci si vede schiantati dall’ignoranza, quindi il male che noi dobbiamo combattere non è tanto la mancanza di cultura, ma l’ignoranza cattiva che persiste nel proprio errore, alle volte sono sola, ho bisogno dell’aiuto di molti, e mi da proprio fastidio personalmente perché sono ringraziamenti che non finiscono più. Quello che Raboni diceva, l’ignobile ricatto del solo…, sono ignobili ricatti quelli della psichiatria, e ho visto e ne voglio parlare qui e spero che i medici e i docenti ne prendano atto, …purtroppo la depressione è un male lungo, e nessuno ha pazienza, e non si è amati abbastanza. Quindi la mia disperazio-ne…, per me ci vuole amore, bè certo il farmaco è cerusico, quello che opera, però la cattiveria di certi psichiatri, la tortura psichiatrica, l’insistenza a voler curare un male che non conoscono, cioè l’accanimento terapeutico è uno dei mali più tremendi e soprattutto più costoso e più redditizio per loro.

Quindi creiamo per il malato di mente, io che sono autrice del “Diario”, un ambiente sereno e confortevole senza continuare a domandare…, ma soprattutto è l’ambiente che crea la depressione, la disperazione e spesso il suicidio.

Naturalmente l’ignoranza di questi presunti psichiatri di questi presunti geriatri, di questa massa di ignoranza, perché lo diceva anche Monsignor R., siamo un popolo di ignoranti, di geni ma anche di ignoranti. Noi che siamo un popolo di geni coltiviamo l’ignoranza che è grossa come una casa, a questo punto il genio, come Pavese, adesso c’è il centenario, si uccide perché capisce che con le sue forze fisiche non può combattere questa marea di solitudine, di vuoto d’amore creato dall’ignoranza e non sappiamo più cosa fare, perché ignoranti siamo tutti ma abbiamo voglia di imparare, c’è invece chi persiste nella non voglia di apprendere e invidia colui che ha fatto tanta fatica per ricevere qualche nozione di vita.

Io poi devo dire che qui a Milano quando proprio ero emarginata dagli amici milanesi, ho avuto salva la vita dai meridionali, esercenti, gente che mi portava su da mangiare, da bere, ho sempre avuto mariti e amori meridionali perché erano uomini tutti d’un pezzo, mentre devo dire che i milanesi son dei gran sbruffoni, all’atto pratico non ti danno niente, assolutamente niente, è vero, sono dei chiacchieroni, ma in effetti la mano tesa, la mano anche…

Devo dire che ho sposato il dottor Pierri di Taranto, ho avuto De Pascal che è stato un medico meridionale che mi ha guarito la bambina, amici per la pelle proprio, che mi hanno difeso fino all’ultimo, veri cavalieri della ragione. Però se guardo i milanesi veramente, io sono milanese e rimango male, parole, parole…, Portare a casa la laurea e vedersi ancora sbattere la porta in faccia…, mi ha fatto doppiamente male, però ringrazio ugualmente il Meridione perché… vorrei spendere una parola per dire di tenere conto della depressione perché può diventare mortale e morire per dei cretini dispiace molto, grazie.

E anche ho voglia di fare dei nomi perché ho notato che nel Meridione quando una donna veniva calunniata, subito si ricorreva alla difesa e vorrei parlare del signor G… che è amico di tutte le donne l’amante confidenziale che io non capisco e, però toccare l’onore di una donna, io sono molto siciliana in questo, è un reato, è un reato perché una donna ha già il suo peso di sofferenze di maternità, e dire o che è squilibrata o è vagheggina, quando io come persona, come Alda Merini ho perso…, mi sono vista portar via dei figli e mi sento deridere eh…, magari da questi ganimedi che hanno i capelli bianchi e fanno presa sulle ragazzine, e vorrei spendere due parole anche in difesa della chiesa perché è un periodo che tutti ce l’hanno con la pedofilia dei preti, mentre invece quello che fanno certi signori attempati che vanno all’estero a fare turismo sessuale, io mi domando come si può toccare un bambino, questa è gente da legare, da mandare in galera, no? Perché io personalmente sono stata una bambina, di pedofili non ne ho mai incontrati e andavo a scuola da sola, adesso sono tutti pedofili, o sono certi uomini sposati che fanno certe cose, perché a me non è mai capitato benché andassi a scuola da sola, adesso tutti i preti sono pedofili, la signora Carmen ama i bambini, io anche, ma che razza di educazione o di follia abbiamo in Italia, sono delle madri folli che mandano in galera anche la chiesa che è vergognoso perché è meglio un bello schiaffone dato da una madre con santa cognizione che tanti vizi. Sono molto amareggiata per queste cose e ho visto cose pornografiche in mano di padri di famiglia… io mi domando come può uno che ha generato dei figli, toccare i propri figli e magari anche quelli degli altri… e lo dico perché noi in manicomio eravamo pieni di questi bambini che erano stati violentati da padri e madri e uomini sposati, più che la Chiesa sono questi da condannare…

Devo dire che oggi la visita della signora Togni, con il caldo che fa e con la cattiveria del signor G… mi abbia un poco salvato la vita. Vorrei che le donne la finissero di subire queste angherie da parte di uomini malviventi, devo dire malviventi, perché io sono in una Milano, oggi sola, deserta e abbandonata, non ho neanche le sigarette, e nessuno m’aiuta, se non passava la signora ero sola e dimenticata da tutti, senza trovare neanche le chiavi. Quindi se la signora Togni vuole pubblicare queste mie affermazioni, volentieri… nel “Sogno di Alda”, io non ho più sogni ormai.

Domenica, 13 luglio 2008
ALDA MERINI

§

Carmen Togni, che ci ha dato la possibilità di estendere ai lettori di Musicaos.it questo monologo registrato il 13 luglio del 2008 è autrice di diversi libri, l’ultimo dei quali, edito di recente, si intitola proprio “Il sogno di Alda” (Edizioni Del Poggio, 2010). La ringraziamo per averci fatto conoscere questo ‘frammento’ di vita di questa grande poetessa.
“Dopo aver saputo della morte di Alda Merini, sono rimasta in silenzio per tutti i giorni seguenti leggendo e meditando tutto ciò che veniva riportato sulla stampa e mediante internet. Il venerdì successivo, in mattinata, la mia mano, guidata da non so quale input, ha cominciato a scrivere. Le parole sono uscite spontaneamente. Alla fine, quando misi il titolo ‘Canto ultimo per Alda Merini’, la mia mano tremava… L’impressione era che quelle parole me le avesse dettate lei mentre stava continuando il suo viaggio da pochi giorni intrapreso…” (C. Togni)