“Saluti e baci”, un racconto di Dino Mimmo


“Saluti e baci”
di Dino Mimmo

La notte è tutta mia, è una donna incinta, ha le doglie, me la sento addosso, appiccicosa, vinavil. Sono in apnea, nel buio del mio camerino, in una feroce attesa. Boys and girls inneggiano cori da stadio, là fuori, pogano come cavallette, vogliono un rock di fuoco e fiamme e aria alcolica puzzolente e canne e fumo e gel per capelli e sunglasses. Annaspo, ansimo solitario, la band è nel backstage che accorda chitarre e scatarra, sono un semitono sotto, o sopra, sottosopra, gli acuti sottosopra, erano il mio orgasmo, il mio sangue, il mio sudore, rapido e graffiante, ma un semitono sotto, all’inizio sembri fuori tonalità ma poi, poi ti esce un sound tutto allucinato, tutto allucinato, e all’improvviso, come sempre, da un po’ di tempo a questa parte, ho voglia di correre fuori, al freddo, a piangere, bambino, eccomi, ho paura ho paura ho paura.

La notte è ancora giovane, come me, non voglio cantare, no, lasciatemi uscire da qui, non voglio nessun suono, nessun rumore di guitar, lasciatemi ridere, anche se, anche se, no, non ho il coraggio di farlo, mi dico, mi ripeto, da sempre, da un po’, ed è vero, datemi dissonanze, ammutolite la platea, spegnete quella folla lì fuori, non c’è verso di fermarli, non c’è verso di fermarmi, lasciatemi ululare, scale semidiminuite come vendette.

La folla è accesa, e le luci, e la scena, e lo show: solo buio e freddo, ho buio e freddo, apnea, lasciatemi uscire dal mio corpo, questo vuoto è soltanto mio, la testa diventa quadrata, una sensazione di immobilità, qui dentro, lì fuori, no-ritmo, afasia, aspetto sempre, da un momento all’altro il buio, in contropiede, mandare a fanculo tutto quello che abbiamo, lo show studiato pazientemente in sala prove, le mie allucinazioni, la realtà che non mi guarda affatto, ritmo di un metal duro, gotico, angosciante, cruel, dritto e lungo, come un cazzo, freddo, per niente sensuale, un metal proprio del cazzo, che non mi riguarda più, non guardo in faccia a nessuno, tiro solo per me, mondo marcio, e ipnotico, e io, a ripensarci adesso, avrei voluto essere uno normale, in un mondo normale, in un tempo normale.

Cosa cazzo ci faccio in questo lurido camerino da quattro soldi? Dov’è il resto della mia vita? Cosa vuole da me questa gente schizzata e delirante e colorata e infiammata? In quanti sono, in quanti siamo, in quanti siete contro di me? Voi lo sapete cos’è il vuoto? E’ uno, è singolare, è fatto di blocchi di cemento, di rimpianti e di cemento, e di sangue non coagulato, bloccato, sventrato, addensato di piastrine, e voi, voi ballate, ballate pure, voi, che il vuoto balla con voi, un vuoto unico, soltanto io lo capisco, voi ballate pure, soltanto io lo vedo, ballate pure, mes petit zombie…

Sto sudando freddo, sudo e comincio a ridere, rido nel mio vuoto peggiore, quest’incubo, non voglio salire sul palco, fanculo la band, fanculo loro, se mi sentono, mi muovo in un tempo ossessivo, i suoni di una techno apripista che sparano per scaldare la folla, ballo l’ultimo fandango, corteggio questa notte di merda per riuscire a farla mia, questo urlo dentro di me, non so cosa ci faccio tra queste mura sbiadite, tra queste voci sussurrate nel mio vuoto, tempo pompato a centoquaranta decibel, sotto la soglia del dolore, rido, senza ascoltare le voci nella mia testa, rido e non connetto, rido, e sudo, e il mio vuoto balla con me, lasciatemi fuggire, in una vita normale, sono lento, ma corro al limite delle mie possibilità, cour dans les nuits de l’aime, sono l’icona di un rock feroce, tiro e tiro, nudo e crudo, entre dans le vide de l’aime, sono l’Icona, la vostra unica vera sana follia, il vostro ego sospeso, vi voglio distorti, dentro una follia tutta nuda, nudo come lo show, e rido sudo rido, vedi che sudo amico mio, vedi che sudo anch’io, travestito nel vuoto infame, la technorock nello stomaco, e rum e crack e merda che si mescola nel cervello ai ricordi, la voglia di vomitare tutto, rock guasto e pensieri, e caffè, non voglio questo show, non voglio questi odori finti, voglio esserci, voglio mollare tutto e scappare, urlare al soffitto di questo posto, e rido, e ballo, rabbioso come un cane, voglioso di azzannare, cannibale…

Ecco, mi chiamano, lo show comincia… Stanotte voglio ballare per sempre, non fermarmi, sudare sudare sudare, salire sul palco ballando, ridendo, alzare al cielo il microfono, urlare ANDATE A CASA!, e dissolvermi, sparire nel nulla, fanculo l’Icona, lasciatemi andar via, lasciatemi la mia vita, c’ho da vomitare e non voglio cantare, non sono la vostra Icona, sono pallido, la band è già tutta sul palco, tranquilla, nel proprio mondo, ho i conati di vomito, con un balzo felino salto sulla scena, si accendono milioni di luci, la folla di boys and girls ulula, in delirio, la sua Icona, un boato festante.
Alzo le braccia al cielo, sono un dio, il vostro Dio rassegnato e castigato, e urlo, e rido, e urlo e rido.

Saluti e baci dal vostro merdoso rock del cazzo…

§

È la volta di un racconto di Dino Mimmo, intitolato “Saluti e baci“. È il racconto che abbiamo scelto per chiudere l’anno 2010. La prossima recensione che verrà pubblicata sarà di Daniela Gerundo, che ha scritto su “Vicolo dell’acciaio” (Fandango) di Cosimo Argentina, uno dei più talentuosi autori pugliesi degli ultimi anni.

“Saluti e baci”, un racconto di Dino Mimmo su Musicaos.it


Musicaos.it augura un felice anno nuovo a tutti i suoi lettori, con un racconto di Dino Mimmo, che potete leggere qui: https://lucianopagano.wordpress.com/2010/12/31/saluti-e-baci-un-racconto-di-dino-mimmo/

Il Libro del 2010 salentino consigliato da SalentoWeb.Tv: “È tutto normale” di Luciano Pagano (Lupo Editore 2010)


Il Libro del 2010 salentino consigliato da SalentoWeb.Tv: “È tutto normale” di Luciano Pagano (Lupo Editore 2010) leggi l’articolo qui: https://lucianopagano.wordpress.com/2010/12/29/il-libro-del-2010-salentino-consigliato-da-salentoweb-tv-e-tutto-normale-di-luciano-pagano-lupo-editore-2010/

altri interessanti consigli di lettura per l’anno che finisce e per quello che, immediatamente, incomincia qui:

Libri per l’anno che verra: http://libri-bari.blogautore.repubblica.it/2010/12/29/libri-per-lanno-che-verra/
È Natale, si può leggere di più: http://libri-bari.blogautore.repubblica.it/2010/12/23/e-natale-si-puo-leggere-di-piu/

entrambi a cura di Ignazio Minerva sul blog LIBRI – Blog – Repubblica.it

per chi invece voglia riempire da subito di titoli interessanti il proprio ebook reader o IPad (se a Natale ne avete ricevuto uno) c’è il nuovo sito http://www.ebookyou.it dove potete scaricare centinaia di titoli gratuiti e a pagamento, messi a disposizione nel formato epub, molti dei quali sono classici della letteratura italiana, francese e inglese.

Buone letture!

Il Libro del 2010 salentino consigliato da SalentoWeb.Tv: “È tutto normale” di Luciano Pagano (Lupo Editore 2010)


Potete acquistare “È tutto normale” in formato epub (per ebook reader, ipad, pc): http://alturl.com/sgtst su Ebookyou.it

in libreria, oppure ordinarlo a ordini@lupoeditore.com, oppure su ibs.it: http://alturl.com/pao3y

Riporto qui di seguito l’articolo comparso ieri su SalentoWebTv:

“Respiri nuovi si aggrovigliano sopra il cielo della carta stampata presagendo l’inizio di una nuova Era. L’esplosione del fenomeno iPad ha generato un vero e proprio tsunami mediatico e l’impero che i libri stampati stancamente ma orgogliosamente si sono guadagnato sembra ormai finire nelle tenebre del dimenticatoio tecnologico rischiando di essere completamente soppiantato dalla controparte digitale.

Alle porte del 2011 si profilano nuove creature letterarie, siano esse ebook multimediali o opere digitali open-source.

Per questo motivo la redazione di SalentoWeb.Tv si è sentita in dovere di raccogliere nelle pagine delle sue memorie digitali un elenco di alcuni libri, di vario genere, che hanno fatto brillare questo ultimo decennio di carta.

Scegliere non è stato un compito facile, abbiamo dovuto lasciare in panchina capolavori fondamentali, ma ognuno ha il suo libro del cuore, quello che “deve esserci assolutamente” ed eventuali assenze, siamo certi, non inficeranno il resto.

1. Esperimento di verità di Paul Auster (Einaudi, 2001)
2. “Dire quasi la stessa cosa” di Umberto Eco (Bompiani 2003)
3. Caos Calmo di Sandro Veronesi (Bompiani 2005)
4. Gomorra di Roberto Saviano (Mondadori 2006)
5. “Che fine ha fatto il futuro? Dai non luoghi al non tempo” di Marc Augè (Elèuthera 2009)

Il Libro del 2010 salentino consigliato da SalentoWeb.Tv:

6. “È tutto normale” di Luciano Pagano (Lupo Editore 2010)”

Fonte dei video: Youtube

Auguri!


Auguri di Buone Feste a tutti i lettori di Musicaos.it
ai collaboratori vecchi e nuovi
a tutti coloro che in questi sette anni hanno scritto sulla rivista e a quelli che nei prossimi mesi faranno in modo che tutto ciò sia sempre così entusiasmante

luciano pagano

Daniela Gerundo recensisce “La melodia del corvo” (Bompiani) di Pino Roveredo


Pino Roveredo - La melodia del corvo - Bompiani

Un immondo Grand Guignol di nefandezze, un circo animato da “equilibristi della provvidenza” e “giocolieri della disgrazia” è il microcosmo in cui riecheggia, roca e sgradevole, “la melodia del corvo”; un sottoscala della vita abitato da personaggi grotteschi che hanno derubricato l’amore dalla loro antologia della sopravvivenza, scritta con l’inchiostro della bile nera e con la mano scossa dai fremiti delle crisi d’astinenza.

Nelle zone d’ombra della loro “Corte dei Miracoli” si aggira un substrato di umanità con la coscienza narcotizzata da una permanente anestesia affettiva: prestigiatori abili nel trasformare il denaro in fumo e il fumo in delirio; temerari saltimbanchi che valicano la montagna della vita con “capriole in salita”; picchiatori scelti pronti ad avventarsi con inaudita violenza sugli insolventi compratori di illusioni in bustine; funamboli maldestri nel loro deambulare in perenne equilibrio instabile, sulle corde tese ai confini di una umanità possibile, senza la sicurezza della rete di protezione ad attutire le inevitabili cadute. Una rete predisposta ad accogliere, come in un amorevole abbraccio, chi è lontano dagli schemi della perfezione che il mondo al di fuori della tenda esige.

Situazioni estreme, personaggi esasperati, il tempo della vita scandito da un ritmo concitato che Pino Roveredo traspone sulle pagine del suo ultimo romanzo con una scrittura affannosa, sincopata, con le approssimazioni della lingua parlata, col ricorso ad incisivi ossimori,allitterazioni, onomatopee; con una narrazione che, discostandosi dalla linearità temporale ricorre a continui flashback e flashforward a giustificare lo stato confusionale in cui si trova il protagonista, sprofondato nel buco nero dell’Io, nel vuoto interiore evidenziato dalla insicurezza e dai bisogni. Il bisogno d’amore, in particolare, crea in Gino una dipendenza affettiva dalla persona sbagliata:Giuliana, la dispensatrice di dolore, la vigliacca ipocrita opportunista capace di mille travestimenti, la passione dei vent’anni dall’incedere sicuro con la sua “prorompente bellezza caricata sui tacchi”, la predatrice entrata nella sua vita e nella sua anima per derubarlo della propria libertà interiore, della dignità, dell’autostima; per distruggergli la famiglia, il lavoro e tutto quanto faticosamente costruito fino a quel tragico 18 ottobre.

Devastata dall’incapacità di elaborare i lutti provocati dalle esperienze negative vissute col padre e con il suo primo amore, Giuliana “ingrassa la sua rivincita” usando gli uomini per vendicarsi, andando all’incasso dei crediti che la vita le porta calpestando chiunque si trovi sulla sua strada, inseguendo un benessere borghese travestita da “sinistroide sinistrata”, cantando Bandiera Rossa e Contessa con la sua voce roca da corvo, spacciando sostanze mortali.

Una di queste sostanze ucciderà Riccardo , che da quel momento va ad abitare la mente di Gino diventandone l’alter ego, la coscienza, la sua parte razionale, l’istinto di conservazione, colui che gli impedirà di traslocare “dalla preoccupazione della vita alla soluzione della morte”.

È un ipersensibile Gino; ama Paperino, la rima dolce di Prévert,i piaceri semplici della vita; reclama coccole dalle donne della sua vita, la moglie e la figlia, che gli riservano il gelo dell’indifferenza. Arrabbiate con la vita, prive di qualsiasi entusiasmo Luisa e Martina sembrano geneticamente predisposte alla tristezza, alla malinconia e alla depressione. Gino al mattino prepara loro la colazione mettendo anche i fiori a tavola, sia pure di plastica, e le sveglia con un bacio, ma “non è facile amare senza avere poi indietro il conforto di un ritorno”.

La loro vita “quadrata, con gli animi a spigolo” scorre con la noia di un treno accelerato sui binari della normalità, con gesti che si reiterano quotidianamente senza suscitare la benché minima emozione, con la comunicazione affidata a sguardi imbronciati e invettive urlate. Una situazione stagnante in cui Giuliana trova un fertile humus per radicare e poter neutralizzare la volontà di Gino, che si ritrova proiettato in una dimensione costituita da molte ipotesi ( ipotesi di una fuga…di un amore…di un tempo…di un luogo…di un incastro…) e una sola certezza : la voglia di regalarsi il grande piacere di restare. Malato di possessione amorosa, terrorizzato dalla paura del distacco Gino troverà la forza di compiere un gesto che legherà per sempre a lui la sua Giuliana.

Scritto in tre mesi, in contemporanea con altri due libri che usciranno nel 2011, Roveredo non ha concesso distrazioni alla velocità, rimanendo nelle cifre stilistiche della sua scrittura asciutta e immediata ma anche avvolgente e appassionante, ricca di spunti autobiografici nei contenuti.

Dalle pagine del romanzo prende corpo la tormentata vicenda esistenziale dei suoi primi 40 anni; un percorso consumato nelle costrizioni del letto di contenzione e dell’Hotel Millesbarre ma illuminato dalla scoperta di una dimensione totale della libertà che può derivare solo dalla cultura.

I testi divorati nei lunghi periodi di isolamento hanno medicato le offese subite nel corpo e nello spirito, contribuendo a restituire alla società un uomo consapevole, che ha imparato a rispettare sé stesso e gli ultimi, quella parte di umanità che non tace le difficoltà del vivere quotidiano e i rischi di rimanere vittime di autoinganni senza possibilità di riscatto. Lui che a riscattarsi ci è riuscito ora si occupa di chi è ancora dentro il vortice dell’autodistruzione, e li aiuta a venir fuori seguendo gli insegnamenti di Basaglia. È uno scontro titanico tra Eros e Thanatos, una scommessa tra la vita e la morte perché, se è vero che ci vuole coraggio per morire è maggiormente vero che ci vuole eroismo per vivere.

http://bompiani.rcslibri.corriere.it/libro/6534_la_melodia_del_corvo_roveredo.html

Il prossimo post che pubblicheremo su Musicaos.it sarà racconto di Dino Mimmo intitolato “Saluti e baci”.

Se volete contribuire a Musicaos.it leggete come fare sul sito Musicaos.it

da VIOMARELLI: "Specchiatura" di Faraòn Meteosès


Specchiatura
di Faraòn Meteosès

Adesso riverberare il Verbo sulla specchiatura
dipresso il Luogo di lettura
essere credulo di percepirmi monade nella modanatura a fuoco
foggiata dal Gigante
fra l’incudine e il martello la falce e la tenaglia
rifratta sulla soglia della mia retrobottega
sullo speculo nell’angolo dell’Alfa e dell’Omega
nell’ennesimo incantesimo ad opera del càlamo
che dispiega sulla riga l’afflato e la metafora
una tremula orditura un traslato di converso
capovolto di riflesso in un artiglio endovenoso
che m’inocula la cannula del dubbio
uno specillo cognitivo che mi sonda nel budello
e vacillo nel sapermi una minuzia
innanzi alla magnitudine assoluta della Stella
scia caudata che sbiadisce
lungo la longitudine celeste
e non c’è sollievo dal bruciore del bulino
che mi tatua sottopelle una mandragora
che non mi solve dal groviglio delle crome
che per nessuna rima fricativa si coagula alla gola
nel ganglio della cuspide molare
nel gorgo della glottide sonora
non c’è parola
che coinvolga la Vulgata
o una che mi salvi esortativa
non c’è una grazia ricevuta
una Felicità che pàia duratura
o che lenisca l’impostura
che m’infinge a sincerarmi
degli scarti e gli escreàti
da estirpare con la furia e con la forza
alle stirpi degli esperti sempiterni
per sputi ed asterischi sputtanate ed arabeschi
che mi serbo in un acerbo sogno arcigno
in un caparbio e torbido scandaglio
dove vi vegeta il mio germe che vagisce
la flebile scintilla che non vampa
sulla campitura di queste quattro mura
che da eoni trasudano di epigoni
di carmi e di calcina che mi escoriano le carni
in un calidario opalescente
dove muto evaporo nel vuoto
e nella bruma del futuro
ma se osservo di fuori l’acrocoro
l’ermeneuta in trance
discendere nel dromos
apprendo come il mio moto corpuscolare
non possa più compararsi agli Spettri Acustici
che vocalizzano nei trafori e sulle rovine
i decadenti salmi responsoriali che corrispondono alla mia Eresia
in una impresa immane a risalire
non immune dal discrimine presente
sull’occhio catòttrico
e sul calco chiromantico che cerco
sulla lastra che mi mostra il vaso capillare
la traccia della resina e la linfa
del fango della cenere e l’argilla
mistura d’acquaforte e clorofilla
della creta non mondata
del terriccio e della polvere
addensatesi sulla costola del libro
ghermita dal rostro rapace del nibbio
rappresesi nel rivolo del cloastro
da dove suggo inchiostro
nel lavacro etereo del mio involucro corporeo
e nella foglia di papiro
che riceve il glifo apocrifo
mentre di fronte al vetro s’effrangono i cristalli
sono l’ossesso che urla a voce alta a Fulcanelli
per la scossa sismica assestata
sul terrapieno sconnesso della pancia
per la scrittura soprassatura
di lai tòpoi enigmi ed anagrammi
mi si riapre una ferita
nei grumi marcescenti della piaga
per la mania persecutoria dei fantocci
di De Chirico
per la schizofrenia delle mantisse
di Fibonacci il matematico
rinsavirei per un istante solo o nell’Eclisse
anche se quel Raggio di Creazione
non mi splendesse più di sotto il solleone
finanche s’espirassi il monsone
esteso su tutta la foresta
o se la sorvolassi sul dorso di Ganesha!

tratto VIOMARELLI, il Blog di Viola Amarelli, quotidianamente dedicato alla poesia e alla scrittura di ricerca
http://viomarelli.splinder.com/post/23673889/faraon-meteoses

Anterem 81 (dicembre 2010)


È in distribuzione il nuovo numero di Anterem.

http://www.anteremedizioni.it/files/images/copertina.jpg

Anterem 81 (dicembre 2010). È dedicato a quegli elementi poetici con i quali il pensiero deve fare i conti quando si trova di fronte a ciò che è da-pensare e – in pari tempo – appaiono insufficienti le categorie finora conosciute, così come viene anticipato nell’ editoriale di Flavio Ermini.

Convengono al dialogo su questa tematica poeti e pensatori di rilievo internazionale e storico, in un succedersi articolato di poesie, narrazioni e saggi, come già risulta evidente dal sommario.

Di particolare rilievo le poesie di Osip Mandel’stam, proposte nell’inedita traduzione di Maria Pia Pagani, con testo originale a fronte.

Per chi ancora non è abbonato alla rivista “Anterem”, riteniamo che questo sia il numero ideale per iniziare a confrontarsi con il nostro cammino di conoscenza iniziato nel 1976: www.anteremedizioni.it/chisiamo_presentazione

L’abbonamento ad “Anterem” è biennale e consente un aggiornamento costante sulle più significative tendenze poetiche internazionali. Abbonarsi è facile. Per informazioni: www.anteremedizioni.it/rivista_abbonamenti_e_richieste

“Piacere Dispiacere” di Roberta Pilar Jarussi.


“Piacere Dispiacere”
Roberta Pilar Jarussi

da "Reflections", di Guido Argentini

Una mano. Cinque dita
Piacere, dispiacere, lettere, amore, matrimonio

Piacere
Il balcone aperto, entra calore e notte. Mi sfiori. Mi baci con estrema lentezza, senza foga, a labbra dischiuse e umide. Mi saluti bene, finalmente. Sono arrivata 3 ore fa! Mi piace rimandare un saluto importante. Ti spogli. Alzi la mia maglietta. Le pance, lisce. Mi spogli. Notte e sudore. Sfilo quei sandali senza aiutarmi con le mani. Scendo dai tacchi. Non sono mica alti. Ma di colpo sono piccola e ti amo dal basso. Tutta la pelle a disposizione. E una notte intera della quale non sprecheremo niente.

Dispiacere
Faccio sempre lo stesso giro. Alla stessa ora. L’ora in cui il cielo non ha più luce, ma non è ancora nero. Dalla strada si vede il balcone, quadrato, grande. Dal balcone si intuisce la stanza. Quadrata, grande. La tenda chiusa e le persiane spaccate di vento e pioggia e sole e ancora vento. Verdi, dovevano essere. Cadono a pezzi. Mi fermo là sotto, a mezz’aria. Tra la grondaia e il marciapiede, tra il presente e un tempo che fu, tra un passato freddo almeno quanto questo inverno che inizia e un futuro incerto, almeno quanto i ricordi. Che scaccio. Oltre la tenda, silenzio. Lampadine giallo colla, vetri opachi, un televisore muto e nero, il termosifone freddo, polveroso e liscio, accarezzato con mano pulsante, insistente e tremula neanche fosse il seno che ti deve nutrire, il frigo vuoto, pezzi di pane tra le dita sgranato come perle di un Rosario, cacciato in gola come un cazzo nemico, buttato giù tutto tutto, fino all’ultima goccia di solitudine e rabbia, la Bibbia, la preghiera, sotto voce, e i pensieri, che urlano, sbattono in ogni angolo, dal soffitto al suolo, anche nelle crepe del muro, il telefono staccato per errore o chi lo sa, e un mondo intero fuori, nudo, impotente, sbattuto via, come un feto nel cassonetto.

Lettere
Non è importante che tu mi scriva. Ma promettimi una cosa: ogni tanto prendi quel libricino sensuale e scarno, rosso rosso e ruvido… quello che mi hai fatto conoscere tu. Aprilo a caso. Andrà bene qualsiasi pagina. Te la dedico.

Amore
Quando vengo a controllare la ferita, quel taglio perfetto, i lembi puliti puliti, il sangue è rosso nero, pieno di ferro, sangue buonissimo. Ma non esce subito. Arriva dopo, copre tutto, non si vede più niente. E io sento una specie di brivido sotto al palato, poi scende, tra l’esofago e il cuore, s’incastra alle costole, e non è dolore, ma carne della stessa carne.
Quando sei nato e io ho detto Ehi…, sei qua!
Ogni volta che sento la parola Mamma, rivolta a me. Parola alla quale ‘io’ non mi abituo.

Matrimonio
Chi lo sa, poi, se il tuo è stato un matrimonio perfetto. Si fa presto a buttare via un matrimonio o a innalzarlo a monumento. Ma chi lo sa. Io dico che il Matrimonio non dovrebbe esistere. Che ognuno dovrebbe potersi sposare a modo suo e impegnarsi dinanzi alla propria coscienza di far le cose come si deve. Io, per esempio, il mio matrimonio non lo butto nella fossa. Avevo un cappellino fatto a mano da mia madre, il giorno del mio matrimonio. Avevo le gambe unte di crema al sapore di mandorle. E un laccetto azzurro annodato sotto al vestito, perché porta fortuna. Avevo il riso nella pancia, tra le natiche, sotto i denti. Mi son dovuta spogliare per lasciarli cadere quei chicchi, tic tic tic, tutti giù per terra! Era un pomeriggio di autunno, ma sembrava un primavera, era una festa laica ma piacque anche ai preti, era una cosa seria invece l’abbiamo fatta per gioco.

In punta di dita” è il blog di Roberta Pilar Jarussi. Roberta Jarussi è autrice de “Nella casa” (2003, Palomar). La sua voce colma con il racconto quotidiano del paradosso la distanza sanguigna e corporea che un occhio disattento, descrivendo i rapporti umani, scambierebbe per un deserto immoto [Luciano Pagano]

"Piacere Dispiacere" di Roberta Jarussi


Il racconto "Piacere Dispiacere" di Roberta Jarussi, su Musicaos.

In punta di dita” è il blog di Roberta Pilar Jarussi. Roberta Jarussi è autrice de “Nella casa” (2003, Palomar). La sua voce colma con il racconto quotidiano del paradosso la distanza sanguigna e corporea che un occhio disattento, descrivendo i rapporti umani, scambierebbe per un deserto immoto [Luciano Pagano]

Leggi "Piacere Dispiacere" qui: https://lucianopagano.wordpress.com/2010/12/17/piacere-dispiacere-di-roberta-jarussi/

Biblohaus a Roma il 16 e a Napoli il 17 Dicembre


Bloomsbury Auctions – Roma presenta

TALLONIANA
Omaggio ad Alberto Tallone Editore-Stampatore

Giovedì 16 dicembre 2010, ore 18,00

Bloomsbury – Palazzo Colonna – Via della Pilotta 19 – Roma

In occasione del cinquantenario del rientro in patria e (1960-2010) dell’inaugurazione della nuova sede della Casa editrice Tallone in Alpignano (TO), Bloomsbury Auctions ha organizzato un incontro dedicato ai libri composti a mano, editi e stampati da Alberto Tallone e dal figlio Enrico e della loro importanza nell’ambito della tipografia e dell’editoria del Novecento.

Interverranno Oliviero Diliberto e Massimo Gatta, sarà presente Enrico Tallone. L’incontro è anche occasione per presentare tre novità librarie. La nuova edizione, integrata, dell’Ode alla tipografia di Pablo Neruda, trad. di Giuseppe Bellini (Alpignano, Tallone, 2010), la ristampa anastatica del Catalogo delle Edizioni Tallone 1960, a cura di Massimo Gatta (Macerata, Biblohaus, 2010), il primo catalogo pubblicato in occasione dell’inaugurazione della stamperia di Alpignano, dopo gli anni trascorsi a Parigi; e infine il catalogo della mostra su Tallone, in corso a Milano, Palazzo Isimbardi, La forma del pensiero. Il design del libro. Ottant’anni di ricerca tipografica di Alberto Tallone Editore-Stampatore (Milano, Lucini libri, 2010).

Durante l’incontro verranno letti brani dall’Ode nerudiana, ancora oggi uno dei più intensi e profondi inni alla tipografia, ai caratteri di stampa, al Libro e al suo universale valore di civiltà, libertà, gioia e poesia. Neruda, fraterno amico dello stampatore, gli dedicherà, alla morte, quell’Adiós a Tallone che è insieme ricordo, epicedio e canto d’amore; amore per il lavoro dell’uomo, per la forza benigna della mano del tipografo, per la sua fedeltà alla poesia e alla grande letteratura di ogni tempo e Paese.

L’incontro organizzato da Bloomsbury chiude idealmente quest’anno di celebrazioni talloniane, coincidenti col cinquantennio di lavoro tipografico ad Alpignano, dopo i circa trent’anni trascorsi da Alberto Tallone a Parigi, all’Hotel de Sagonne, anni di straordinaria produzione tipografica frutto del grande insegnamento di Maitre Darantiere, che ricordiamo fu lo stampatore della prima edizione dell’Ulysses di James Joyce, edito da Sylvia Beach, e il cui atelier è ancora oggi in piena attività nella sede della stamperia Tallone ad Alpignano.

Venerdì 17 dicembre 2010, ore 16.30

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI STORICI
Annamaria Rao, Mariolina Rascaglia e Marco Santoro presenteranno il volume

Stampatori e librai in Napoli nella prima metà del Settecento
raccolta di scritti di Benedetto Croce

a cura di Massimo Gatta, Biblohaus 2010
Sarà presente il curatore

Palazzo Filomarino via Benedetto Croce, 12 – Napoli

Chromo Sapiens, retrospettiva di Pablo Echaurren, dal 18 dicembre 2010 al 13 marzo 2011 a Palazzo Cipolla a Roma, che d’ora in avanti diventerà la sede della Fondazione Roma unicamente dedicata all’arte contemporanea,

www.biblohaus.it
info
via trento 14
62100 macerata
italia
tel/fax 0039 733 265384
skype: simone_stampalibri

catalogo e novità sul nostro sito biblohaus.it
e sulla nostra pagina facebook: casa editrice biblohaus

16 Dicembre 2010 – Giorgio Canali e Rosso Tiepido in concerto al Teatro Paisiello di Lecce


ANNULLATO CAUSA IMPOSSIBILITÀ DEL GRUPPO A RAGGIUNGERE LA CITTÀ DI LECCE PER VIA DEL MALTEMPO – PER RIMBORSI CONTATTARE LA BIGLIETTERIA O I NUMERI 0832-306194 320-9168440

teatri abitati

astragali teatro

in collaborazione con Pelagonia concerti

GIORGIO CANALI E ROSSO TIEPIDO

in concerto

nostra signora della dinamite tour

APERTURA DELLA RASSEGNA RESET
un altro palco per nuova musica

AL TEATRO PAISIELLO

giovedì 16 dicembre h.20,30

Teatro Paisiello – Lecce
ingresso 10 euro, ridotto per studenti 8 euro

PER I PRIMI 20 STUDENTI ULTERIORE RIDUZIONE DEL 50% SUL PREZZO DEL BIGLIETTO

DA RITIRARE PRESSO GLI UFFICI EDISU

prossimo appuntamento: 4 gennaio h 20,30
Raiz e Giuseppe De Trizio
ingresso 12 euro, ridotto 10 euro

info e prevendita: 0832-306194 320-9168440
info@astragali.org
www.astragali.org

Lieti di ospitare: La Gru Bollettino de La Gru – Ottobre/Dicembre 2010



www.lagru.org

Dall’abiura del piccolo ambiente letterario al cielo stellato dello splendido poemetto inedito di Giuliano Scabia, passando per i frammenti inediti di Fernando Pessoa e per un raro e poco conosciuto testo teatrale di Dario Bellezza. Così, fino alle nuove potenti voci di Chiara Daino (1981), Raimondo Iemma (1982), Giuseppe Signorin (1982) e Marco Di Salvatore (1984).
Il primo segmento di strada del nuovo anno de La Gru appare come un denso diario di appunti e di discorsi in atto, in divenire, per la cultura in Italia da rifare e per la nuova arte da fare.
Buone letture.

Ottobre/Dicembre 2010
Abiura dell’ambiente (o dell’indipendenza) [di Gianluca Pulsoni / Davide
Nota]

Dossier Pessoa. Marginalia I [di Antonio Cardiello / Patricio
Ferrari]

"Born to Lose, Live to Win". Incontro con Chiara Daino [di Davide
Nota]

Appunti sentimentali [di Raimondo Iemma]
Appunti per un discorso sugli intellettuali in Italia. (1. A guisa di Pasolini) [di
Marco Di Salvatore]

Salomè [di Dario Bellezza]
Giuseppe Signorin, la grana della scrittura – I. [di Gianluca
Pulsoni]

Per altri versi #1. Impugnare la penna [Diceria dell'ultimo redattore] [di
Gianni D'Elia]

Appunti per un poema di stelle [di Giuliano Scabia]

Dal blog:
Uova [di Matteo Fantuzzi]
Sofri, non calpestare la poesia! [di Luigi-Alberto Sanchi]

Ricordiamo inoltre che per il giorno di sabato 8 gennaio 2011 presso l’Associazione culturale "Beba do Samba" di Roma (quartiere San Lorenzo) è indetta la seconda assemblea nazionale dei poeti di Calpestare l’oblio, a cura delle riviste Argo e La Gru.

Enrico Pietrangeli recensisce “Dolseur e altri racconti” (Sandro Teti Editore) di Giorgio Michelangeli


La Sandro Teti Editore, attraverso la collana ZigZag, predilige armonia linguistica e coinvolgimento stilistico ampliando a più generi e prospettive. Una collana caratterizzata da prezzi contenuti a fronte della cura e della qualità del prodotto. Quella di Giorgio Michelangeli è un’opera prima suffragata da una scrittura giovanile, ma compiuta ed interessante nel suo computo di vita e di morte travolgente e romantico, nondimeno essenziale, ben ritmato nonché spontaneamente visionario. Una scrittura che assume peculiarità da “macchina da presa”, fintanto da persoMusicaos.itnificarsi in un narratore fuori campo caratterizzato dal tratto corsivo che non indugia neppure di fronte al verso. Una “prosa poetica” che espleta drammi attraverso “delitti-liberazione”, prendendo in prestito parole usate da Mario Geymonat, che ne ha curato la prefazione, probabile catarsi padre-figlio vista la giovanissima età dell’autore, appena ventiduenne. Avvio evocativo, in un lirico incedere si annuncia la narrazione in prima persona di Nestor Lorca, che resterà imbrigliato nell’”amor cortese”, quello per Blanche, poi fatalmente divenuto tragico e profano. In retaggi con più accertate radici nel noir tardo romantico rimaneggiato col postmoderno, il procedere dell’autore si snoda scarno ed altrettanto incisivo nel dare dimensioni e corpo al dolore con iperboli lampo. Il cinema, l’incedere del cambio di scena come la sospensione dei tempi nelle tecniche di fotografia, caratterizzano un background che meglio si palesa in “Sabbia e vento”. Qui torna, preponderante, la figura di Sergio Leone. Anche la dialogica del fumetto, di fatto, viene evocata nel narrativo: “Bill ringhia. Vuol dire sì”, “Tallen trema”, “vuol dire ok”. Un mondo di frontiera, quello del selvaggio West, dove comunque c’è sempre “estremo bisogno di poesia“, come ribadito dal prefatore, fenomenologico cadenzare ineluttabili dettagli che coronano eventi, frangere poetico con echi di “Spoon river”. Jack Cinqueassi e l’odore di whisky con partite a poker mozzafiato, Partes, Canicos, l’indiano che irrompono, uno dopo l’altro, sulla scena, vengono tutti dal nulla di una distruzione. “Gli eroi maschili”, sempre implicati in qualche vendetta o alla ricerca di riscatto, portano al loro seguito amori recisi, intrighi, la scommessa di sopravvivere. Eroi che spegnendosi si riscattano a nuova vita, mito “inenarrabile” che torna fanciullo. Tempo scandito dalla pregressa spensieratezza all’insito presagio di morte in essa contenuto, fino a contare i secondi e tutte le lunghe scene di morte che vi si possono immortalare dentro, propedeutico preludio per la grande esplosione incombente. Con “Vie tracciate invisibili” ci spostiamo a Shanbala, in un ipotetico altipiano tibetano, ma sempre con tanto di diamanti e rese dei conti imminenti. Nell’atmosfera orientaleggiante vengono meglio evidenziati i simboli “con un nuovo sole”, “un armadio con dentro un carillon”. Nel sorriso del maestro Shalai, viene infine conservato tutto il tesoro. Dal silenzio sussurrante delle lande americane a quello delle montagne più alte del mondo domina e ricorre, naturalmente, quello del mare con “Il cantico di Nestor Lorca” che riconduce a “Dolseur”, anche questa località sperduta, titolo del libro nonché episodio di chiusura dei quattro racconti di cui è costituito. Dolseur è un luogo di “neve sul mare”, col suo “libro chiuso di poesie” e Sorben, l’artista. Qui c’è un treno e un’ultima stazione, quella che conduce nelle due locande dirimpettaie di Oltremare e Stella Alpina. “Amai una donna che mi tradì” è una delle tante epigrafi che scorrono tra i dialoghi in un diacronico divenire tra allegorie che ritornano, qualcosa di dissonante che avvince accordando un leit motiv atemporale legato all’immagine dell’orologio. Un congegno che ricorre sino a sancire un solo tempo certo, quello del finale, dove lo stesso tempo torna ad esistere nel ticchettio riavviato sulle lancette.

Giorgio Michelangeli, Dolseur e altri racconti,
Sandro Teti Editore – 2008 – 8,00 Euro

Il prossimo post su Musicaos.it sarà di Daniela Gerundo,
che scriverà de “La melodia del corvo” di Pino Roveredo, edito da Bompiani

 

BETTY BOOP: il trailer in HD…”una giornata del cazzo e?…


Daniela Gerundo recensisce “Il peso della farfalla” (Feltrinelli) di Erri De Luca


“Il peso della farfalla” di Erri De Luca
Daniela Gerundo

Un Cantico delle Creature in prosa; un inno alla vita in tutte le sue espressioni; un omaggio alla sorprendente bellezza della natura ed alla intelligente laboriosità degli animali: l’aquila, il ragno, l’orso, il camoscio, lo stambecco, protagonisti con pari dignità di un racconto breve ma intenso permeato da una visione rispettosa e positiva della natura. È l’analisi comparata di due esistenze e di due solitudini diverse quella che ci racconta Erri De Luca nel suo ultimo romanzo: un cacciatore ed un camoscio che si cercano, si spiano, si rincorrono, si temono; che assieme percepiscono il sopraggiungere del momento che metterà fine alla loro vita, solitaria per scelta, consumatasi nel silenzio dei boschi. “ Quando un uomo si ferma a guardare le nuvole vede scorrere il tempo oltre di lui”. Il terzo capoverso a pag. 41 potrebbe essere il giusto incipit per introdurci nella storia di due esseri stanchi che, sentendo approssimarsi l’ineluttabile momento della chiusura del ciclo vitale, scelgono di mantenere intatta fino all’ultimo la loro fierezza e la loro dignità. Nella narrazione si evidenzia da subito il rispetto e l’ammirazione che lo scrittore nutre per il camoscio, reso orfano ancora cucciolo dal cacciatore e divenuto “ il re dei camosci” forte di una taglia in più rispetto agli altri; costretto da solo a sperimentare le dure leggi della sopravvivenza; cresciuto senza regole ma capace di imporle al branco; capace di proteggere i cuccioli dagli attacchi delle aquile; capace di fiutare la presenza dell’uomo a grande distanza; determinato a non cedere la supremazia ad un maschio minore solo perché più giovane. “Re dei camosci” era chiamato a valle anche il cacciatore, esperto alpinista capace di scalare pareti impossibili e tuttavia consapevole di essere un “re minore” come quello che “soffiava nella sua armonica”. Aveva ucciso 306 camosci con le sue pallottole da 11 grammi ma era stato il suo percorso di vita a fare di lui un bracconiere. Era stato giovane durante gli anni di piombo quando l’estremizzazione della dialettica politica si tradusse in lotta armata, in accanita ostinazione a voler “rovesciare il piatto”. Ma “un uomo è quello che ha commesso”; se dimentica è come un bicchiere alla rovescia, un vuoto chiuso ed “il peggio è sempre possibile”. Da qui la scelta di vivere in una stanza a 1900 metri di altezza, immerso nella natura, pronto a recepire le lezioni di vita e di lealtà che gli animali sanno riservare al genere umano. Il sopraggiungere dell’età adulta per entrambi porta con sé delle crepe nei sensi , negli organi, negli arti. Per il cacciatore è una crepa anche l’appuntamento accordato ad una donna, una giornalista disposta a salire fino a 1900 metri pur di intervistare “l’ultimo bracconiere”. E’ una crepa l’incapacità di percepire il presente, di governare l’istinto che spinge a uccidere senza necessità, di comprendere quando le stagioni della caccia e della vita volgono al termine. “Ci sono carezze che aggiunte sopra un carico lo fanno vacillare” così come il peso di una farfalla che si posa sul cuore è “ la piuma aggiunta al carico degli anni, quella che lo sfascia”. E lo sfascio, la fine per entrambi, si preannuncia attraverso l’ ultimo episodio di caccia con il quale si chiude il racconto: l’ animale compie un atto di clemenza nei confronti del suo nemico – compagno di solitudine; il cacciatore, come già avvenuto in passato, compie un atto grave, pur nella consapevolezza di non potervi porre rimedio “ non poteva risarcire il torto , ma poteva rinunciare. I debiti si pagano alla fine una volta per tutte”. Un finale che non sorprende chi leggendo ha recepito un vago sentore di morale didascalica sovrastare le righe, senza tuttavia cadere nella facile retorica o gratuita precettistica. Nelle intenzioni dell’autore vediamo solo la volontà di offrire spunti di riflessione; la ricerca di stimoli per migliorarci; l’ occasione per guardarci dentro e confrontarci con le nostre sensazioni disancorate da melensi sentimentalismi. Si ritrova molto della biografia dell’autore nella storia del cacciatore: l’età, l’amore per la montagna, la passione politica, la morigeratezza nello stile di vita, l’importanza dei valori, dei vincoli parentali, dei codici non scritti che ispirano il comportamento degli animali e che l’uomo tende a dimenticare. Ritroviamo tra le righe l’innata spiritualità del non credente che comunque sente di voler ringraziare il “capomastro” rivolgendogli un pensiero al calar della sera; la passione per le sacre scritture nel riferimento al “vestito di vento di Elohìm”; le digressioni colte inserite con modestia e umiltà, con quella umiltà che traspare dai suoi occhi luminosi e malinconici, che tanto hanno visto e molto hanno ancora da raccontare.

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Nella prossima recensione su Musicaos.it Enrico Pietrangeli parlerà di “Giorgio Michelangeli – Dolseur e altri racconti” – Sandro Teti Editore