Il giardino di fuoco


Il giardino di fuoco

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Le sue mani racchiudono i seni in due coppe con una stretta ammiccante. Lo sguardo è altrettanto lascivo. La donna è in ginocchio con le gambe spalancate, poggiate su un pavimento rivestito in moquette. Fuori c’è il sole, tanto sole. Si direbbe un giorno d’estate. Come ho fatto ad arrivare fin qui? Non ricordo. Lei continua a sorridermi ferma, quasi immobilizzata, come se la stessi osservando in un fermo immagine latente. Intuisco che là fuori ci saranno almeno quarantacinque gradi centigradi, le macchine procedono a rilento su un nastro d’asfalto, come se i copertoni schiodassero la superficie della strada all’inizio di ogni giro di ruota e la riincollassero al termine del giro, moltiplicato per quattro ruote, moltiplicato per un centinaio di autovetture che passano in questo tratto di strada ogni venti secondi, velocità sostenuta. Di fronte c’è un albergo, non può essere altro, una costruzione in finto stile liberty. Com’è che sono finito qui? Ora ricordo, avevo finito di leggere la posta elettronica, vagavo nei meandri di google, sono giorni che battendo sulla tastiera questo nome mi esce sempre ogogle, non credo che dislessia sia la parola esatta per descrivere il fenomeno, o forse sì. Il prezzo di un barile di petrolio ha raggiunto i sessantacinque dollari, questa notizia mi fa pensare alle automobili con occhio diverso, come fossero carcasse in movimento venute da un tempo archetipo, me le immagino nei musei tra quindici anni, gdf003.jpgimmagino una copia di me invecchiata che apre il garage, toglie un telo di plastica impolverato dal cofano di un auto, f aun giro settimanale al suo catorcio. Ma che cazzo ci fa la Tour Eiffel là dietro? Alle spalle della pornostar ammiccante, come caduta dall’alto piantandosi nel mezzo dell’albergo, c’è la Tour Eiffel. Ricordo di Venezia. C’è solo un posto al mondo dove l’uomo è stato così coglione da ricostruire Piazza San marco in scala 1:1, Las Vegas, ergo, ci può essere soltanto un luogo dove si può costruire una copia della Tour Eiffel, cioè Las Vegas. Salvo l’immagine e torno al motore di ricerca. Sono pronto a compiere un massacro. Sequestreranno il mio hard-disk cercando le prove della mia colpevolezza, perché il kitsch è terrore, e le azioni volte a contrastare il kitsch, quandanche velate di espedienti attinti alla strategia del terrore, sono benefiche. Scrivo ‘Las Vegas’ ‘Tour Eiffel’, sono fortunato, ecco l’albergo, appartiene alla catena dei Caesar’s Palace, adesso ho bisogno di una mappa dettagliata, così potrò attuare il mio piano devastatorio e cruento. Maps.google.com, inserisco nel campo ‘Las Vegas’, osservo una piantina della città, faccio uno zoom sul viale principale, quello dei casinò e degli alberghi, che oggi si chiamano tutti ‘Resort’, mi vengono in mente immagini nauseabonde che pesco nei ricordi degli anni ottanta, lo stivale gigante, il cow-boy gigante pieno di luminarie da festa leccese, quando il genere umano è vicino al disastro, tutto si riempie di luce, la mia azione di terrore sarà illuminatrice.Eccolo lì, l’albergo si chiama ‘Casino Paris’, passo in modalità satellite, la sagoma della Torre è inconfondibile, ne riconosco i contorni anche da questa stanza. L’ultima foto che mi hanno inviato da Parigi era uscita male, l’angolazione era sfuggita al controllo, forse un incidente, la Tour Eiffel non si vedeva, si vedeva la sua ombra. Qualche giorno fa hanno arrestato un iracheno, nel suo computer portatile hanno trovato le foto scattate da satellite di alcune località italiane, dal suo cellulare nei giorni precedenti al suo arresto erano partire diverse telefonate a numeri italiani e tedeschi. Devo stare attento a come uso il telefono, nessun passo falso, nessuna mossa azzardata. Osservo la foto. Torno ad osservare la mia Camila, è così che si chiama lei, sull’altra finesta. Passo da una finestra all’altra in cerca di un indizio, devo capire dove è stata scattata questa istantanea. Di fronte al ‘Paris’ c’è una piazza enorme, prato inglese e fontane che si illuminano di notte, e un altro albergo, il Bellagio Hotel. Il nome mi fa accapponare la pelle, mi viene in mente Frank Sinatra. Sono nella fase che succede alla scelta dell’obiettivo, questa fase prende il nome di ‘raccolta delle informazioni’. È il momento di visitare il sito da vicino, raccogliere campioni. Il Bellagio Hotel ha soltanto suite. Planimetria delle stanze. Stanze 42-56. Penthouse Room. Enlarge. La moquette è la stessa della foto, identica, la stanza è la numero 46. È qui che Camila si è fatta fotografare, interpreto il segnale. Le vergini non ci attendono in cielo, le vergini che ci aspettano sono arrivate con una taxine – un taxi limousine da undici metri – si sono fatte accompagnare nella loro stanza al settimo piano dell’albergo fingendosi attrici porno, hanno fatto la doccia, hanno indossato una veste di lino bianco intessuta con oro, dopo circa due ore sono state immortalate, faceva da sfondo una ricostruzione esatta della Tour Eiffel. Il messaggio completo è 24 agosto, Parigi. Camila mi accoglierà nella capitale francese, regalandomi due barrette di cioccolata, ‘ne bastano due per far crollare un palazzo di quaranta piani’, ‘oppure per ridurre in cenere un aeroporto di medie dimensioni’ aggiungo. Le cariche esplosive contengono il segreto della nostra mirifica strategia. Le Twin Towers ne erano imbottite fino alle fondamenta, esistono tre ingegneri in tutto il mondo capaci di attuare un piano simile. Noi siamo portatori di messaggi semplici, colombe della pace.

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Chi di voi non ha desiderato, almeno una volta nella sua vita, di vedere crollare un ponte da una distanza ravvicinata, o qualche altra cosa, essere lì mentre cade? È una sensazione indescrivibile, non si può comunicare, il vuoto che ti lascia dentro è sempre più grande dello spazio che viene liberato. Dura un attimo, poi ne vuoi ancora.
Quelli rasi al suolo siamo noi, ci muoviamo al limite e ogni passo allontana il margine del limite di un altro passo. La notizia del rapimento di un funzionario ci riempie di sdegno, dopo poco meno di un anno vengono rapiti dieci funzionari ogni sei mesi. Il crollo di un aereo o il rinvenimento di uno zainetto ricolmo di epslosivo, se inesploso, passa inosservato. La cosa peggiore è che passa inosservato l’inasprimento delle leggi, la chiusura delle frontiere, la limitazione della privacy. Quando ci vorrà perché su google ognuno di noi possa essere localizzato? Qualche anno fa una società vendeva foto prese dal satellite a 87 dollari l’una, credo che il prezzo oggi sia in ribasso, quando io e Camila abbiamo divorziato ho speso una cifra incredibile di euro per farmi arrivare nella casella postale le foto scattate al tetto di casa sua, la vetrata limpida da cui ogni giorno potevo vederla stesa nel letto, prima del risveglio. Utilizziamo questi strumenti da anni.
Adesso il tempo è maturo. Quel che ci attende, lì fuori, è un giardino di fuoco.

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[Si ringrazia Rachel Aziani, nella parte di Camila e la direzione dell’Albergo Paris di Las Vegas, per la cessione gratuita della stanza n. 46, il racconto tratto da Vertigine_6, “Politicamente scorretto”]

Si consente la riproduzione parziale o totale di quest’opera e la sua diffusione per via telematica, purché non a scopi commerciali e a condizione che questa dicitura sia riprodotta.

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