Elisabetta Maltese
Margherita
Margherita è bella.
Contrasto fra carnalità e sacralità.
Viso angelico, corpo etereo, sguardo che muta rapidamente e sa diventare malizioso malgrado le labbra rosee ingenuamente socchiuse.
Margherita è una donna. Fragile, consapevole, difficile da piegare.
Piace agli uomini.
Quei contrasti fanno nascere il desiderio di possedere quel corpo di giunco e di sottomettere quell’anima ribelle.
Malinconicamente, si diverte a osservarli mentre fanno la ruota. Ognuno ha la sua danza.
Lei non vuole né ruote, né danze. Margherita cerca altro.
Nessuna illusione: realtà.
C’era un uomo nei suoi pensieri.
Con lui parlava, condivideva, e lui sembrava seguirla in quel filo che si srotolava, unendoli.
Una danza di parole.
Il suo ritmo diveniva ogni giorno più incalzante, un’urgenza da soddisfare.
Le notti si allungavano.
Parlavano per ore.
Il giorno dopo, stanchi, condividevano le difficoltà quotidiane, attendendo il nuovo tramonto per soddisfare il desiderio sempre più pressante.
Quando si vedevano non riuscivano a spezzare un contatto fisico che contrastava con le parole che si dicevano. Le parole destinate alla luce del giorno.
Ma Margherita è donna di contrasti, e non poteva essere altrimenti.
I suoi pensieri smisero di essere malinconici e si fecero leggeri.
Scalza, ora poteva danzare per se stessa, spensierata all’idea di un uomo che le faceva eco.
E le parole aumentavano, sovrapponendosi l’una all’altra come gli strati di una città lontana nascosta dal passare del tempo.
Margherita infilò le mani in quella nuda terra, e cominciò a scavare, ferendosi.
I suoi sogni divennero aquiloni: volavano alti, colorati, leggeri, in balia del vento, ma si allungarono anche verso il basso, facendosi radici.
I suoi piedi nudi percepirono le vibrazioni della terra: la danza non era poi così armoniosa, e le parole sembravano delineare una ruota.
Margherita desiderò quell’uomo, malgrado la scenografia strappata.
Andò da lui.
Lo voleva.
Lui la prese.
Tornata a casa si spogliò in fretta e indossò una sottoveste: voleva sentire la seta sulla pelle nuda.
Mollemente, si lasciò andare sul divano.
Sul tavolo, una bottiglia, un bicchiere di cristallo e il cellulare che trillava: messaggi in cui lui chiedeva conferme, gratificazioni.
Versò il vino rosso, profumato, corposo.
Assaporò con gli occhi il colore vermiglio attraverso il cristallo, giocò con il bicchiere creando delle liquide onde circolari, osservando gli archetti che lasciavano sulle pareti.
Il cellulare non smetteva di annunciarle messaggi. Parole, alle quali lei non avrebbe più risposto.
Le gambe nude, sottili, una allungata, l’altra piegata sul divano e appoggiata al petto.
La sigaretta appena accesa lasciata nel posacenere.
La testa appoggiata sullo schienale, senza tensioni.
Attese ancora qualche secondo prima di godere di quel rosso.
Alzò il bicchiere: brindò a se stessa e al bell’amore che si era presa.
E si prese anche il suo primo sorso e lo trattenne, facendo scivolare lentamente il bicchiere nell’incavo della scollatura, lasciando che l’accarezzasse.
Solo dopo qualche secondo permise al vino di scorrerle lungo la gola, prolungando il piacere.
Sorrise a se stessa e a quel cellulare impazzito. Lo spense.
Non si possono chiedere gratificazioni a Margherita.
Non così.
Margherita è una donna e ha la dignità di sé.