“Gustavo fa un sogno”
su “Gustavo. Una malattia mentale” di Carlo Bordini.
Luciano Pagano
Esistono libri che sono capaci di svolgere una funzione di specchio per i loro lettori, opere dove l’importanza della trama e le vicende dei personaggi passano in secondo piano se paragonati all’elemento ‘perturbante’ che da essi viene risvegliato. È questo il caso di “Gustavo. Una malattia mentale”, romanzo di Carlo Bordini pubblicato da Avagliano Editore (giugno 2006).
Chi fosse interessato ad approfondire l’opera di questo interessante autore romano non può prescindere dalla sua opera poetica, il cui corpus principale è contenuto in Pericolo (Poesie 1975-2001, Manni) e da “Manuela di autodistruzione (Fazi, 1998). Carlo Bordini, in poesia è un autore che sa coniugare l’urgenza del messaggio alla tensione del dettato, senza barocchismi né retorica, “Forse facessi/ il mio vecchio numero di telefono/risponderei/com’ero vent’anni fa/come sei cresciuto mi direbbe/856896” (Poesia scritta di notte).
Nei suoi versi si nascondono pensieri di rara densità, concentrati nel breve tempo di una poesia a volte disarmante nei confronti della realtà di tutti i giorni “Le cose sono buone, sono belle/non danno fastidio, non si muovono./Ci vogliono bene e sono fatte per noi. Le cose sono tutte/un po’ pop, se ci fate/caso, hanno un’aura pop, una/luminosità che si espande/intorno a loro” (Cose). Un’esperienza poetica che colma una cesura necessaria, quella di una generazione sviluppatasi – i nati negli anni cinquanta – a cavallo tra espressione e impegno.
“Gustavo” ci offre qualcosa di più, approfondendo il romanzo quell’introspezione che nelle poesie lasciava più margine all’impegno sul piano concreto e sociale. Siamo di fronte alla storia di un uomo, costruita sull’assenza della protagonista femminile, Marina; l’ossessione del pensiero viene presentata tramite la successione dei momenti di Gustavo nell’appartamento che fa da contenitore della vicenda. Si badi bene, non si tratta di un ‘romanzo da camera’, al protagonista capita di uscire e relazionarsi al mondo, i luoghi, la camera di un albergo, una clinica, una terrazza, sono tutti luoghi dove il sogno si confonde con la realtà; l’allucinazione comincia a prendere il sopravvento nella vita di Gustavo, che comincia a sentire il peso del suo lavoro, cerca di liberarsi la testa in tutti i modi, anelando ad una ‘leggerezza’ in cui i troppi pensieri non lo offuschino. “Non sono niente. Non sono né un’isola, né una madre, né una moglie. Lo sono nel momento in cui lo faccio”. Carlo Bordini ha scelto di rappresentare il suo protagonista con periodi dallo stile asciutto, nei quali non mancano descrizioni minuziose, il lettore che vuole ancorarsi ad una trama classica è perfettamente libero di seguire la consecutio dei ‘quadri’; l’autore utilizza volutamente alcune deffaillance, (uso di minuscole dopo i punti, periodi sospesi, etc.) rendendo così il lettore partecipe di uno smarrimento incrementale del protagonista. Procedendo nella lettura il senso di angoscia cresce, i fantasmi con cui ha a che fare Gustavo, le ‘teste’, non sono più pensieri fittizi, si tratta di elementi concreti, l’apparente slabbratura della struttura del romanzo cela una lucida coerenza, una compattezza del dettato.
Il ‘sogno’ è uno degli elementi che compaiono nella mente offuscata di Gustavo, egli incontra una donna irsuta, oppure incontra la donna che era con lui, Marina, ma non si ricorda se questi avvenimenti sono sogni o realtà. I parenti cercano di convincerlo a cambiare casa, cercando un appartamento più piccolo, magari la compagnia di una donna anziana, una ‘zia’, ma lui si innamora di una giovane donna che – come tutta risposta – non verrà più portata in visita a casa sua.
Questi alcuni dei microepisodi che vengono evocati nella narrazione; ci accorgiamo della profonda solitudine in cui versa l’uomo Gustavo, un cerchio che gli viene stretto attorno come un cappio dalle convinzioni e da coloro che lo circondano.
Quel che accade durante la lettura del romanzo di Carlo Bordini è semplice, il lettore dopo qualche pagina fa conoscenza con il personaggio e cerca di rintracciare nel suo carattere qualcosa che di somigliante; ad un certo punto avviene un’osmosi particolare. In “Gustavo” viene raccontato il progressivo e lento scivolare di un uomo nell’alienazione dal mondo, fin nei suoi pensieri più intimi, che si rivelano essere – assieme alle emozioni e ai suoi stati d’animo – i veri protagonisti di questo romanzo. La lettura di “Gustavo” genera nel lettore dei veri e propri meccanismi di proiezione, l’autore ne è consapevole, semina dei segnali nel testo, reiterazioni, accenni, sbavature e sfasature del senso che sono lì per non sfuggire, nemmeno al lettore meno attento, il risultato è che l’ansia e la solitudine del protagonista si trasformano nella solitudine emblematica di ognuno di noi.
anticipazione da Musicaos.it – Anno IV Numero 26, “Anelli deboli”
Contraddistinto da un impianto filosofico rigoroso, l’incipit di Neuropa (Gianluca Gigliozzi, Luca Pensa Editore, 2005) porta con sé, da subito, IO, protagonista non soggetto. Torno a riflettere su questo romanzo a distanza di due anni, dopo aver conosciuto direttamente l’autore, grazie ad un breve giro di presentazioni in Puglia, tra il giugno e il luglio del 2005. Nel frattempo, tra la gestazione e la pubblicazione, il romanzo ha subito variazioni, la suddivisione in parti è cambiata, da due a tre rispetto al manoscritto che ebbi modo di recensire su
Quando talvolta si dice – e si dice con ciclicità frequente – che il romanzo è finito, che non ci sono più tempi, modi e forme di narrazione, che tutto il narrabile è già stato narrato e che per l’inenarrabile è ovviamente ozioso porsi il problema, probabilmente non si considera adeguatamente quella condizione della scrittura che si definisce metascrittura, metaromanzo, metaletteratura.




Pubblico qui il racconto uscito ieri, Domenica 8 Luglio sul “Corriere del Mezzogiorno”, per l’iniziativa “I racconti dell’estate”.
Ed eccoli lì tutti e tre, seduti davanti ad un televisore a tubo catodico da sedici pollici per vedere una partita della nazionale, fuori c’è un caldo infernale, il ventilatore ruota con la sua perfezione approssimativa facendo ondeggiare la copertina appoggiata sulla sedia a sdraio della vecchina. Chissà se si ricorderà di questa serata. Lui si. Fatto è che il giorno dopo lo studente invaghito, Asia e sua nonna, erano tutti e tre sulla spiaggia di Torre Perlina, con l’ombrellone spalancato, a prendere il sole; lui alternava un tuffo nell’acqua tiepida alla lettura della Trilogia di Beckett, mentre il vento scompigliava i capelli di Asia, quelli che uscivano dal cappello di paglia; “se qualcuno nell’inverno scorso, mentre preparavo il mio penultimo esame, mi avesse detto che in luglio sarei stato steso sulla spiaggia al tuo fianco, Asia, mentre tua nonna, ovvero la mia padrona di casa, termina un cruciverba seduta su una sedia pieghevole, ebbene, non ci avrei creduto, ma tant’è, soltanto gli stupidi possono credere che l’inizio di una storia contenga in maniera irrevocabile la sua fine”, “ma stai zitto stupido”.
Due Notizie.
Giovedì 12 Luglio
“Finalmente svelato il legame tra l’incidente aereo di Linate, avvenuto nell’ottobre del 2001 e il presunto attacco del WTC, avvenuto l’11 settembre dello stesso anno“, un titolo di giornale al quale potrebbe essere attribuita una veridicità quasi assoluta dopo la lettura de “Il legame”, romanzo d’esordio di Fabio Omar El Ariny, giovane scrittore egiziano che vive e lavora a Milano, uscito per i tipi della Besa Editrice. Adel Kadry è un giovane uomo d’affari, figlio di un egiziano che è riuscito ad espandere il suo commercio partendo dalle spezie e arrivando a costruire un impero che, grazie anche all’abilità del figlio, è approdato negli USA, dove la corporation egiziana a capo dei Kadry è entrata in possesso di diverse società americane. Quale legame c’è, quindi, tra la vita del giovane rampollo e la catastrofe mediatica e terroristica delle Torri Gemelle? Adel, la mattina dell’11 settembre, deve prendere lo stesso aereo della United Airlines da Boston a Los Angeles, quello che dopo il dirottamento si è schiantato a Stony Creek Township, in Pennsylvania. La sua riunione di lavoro a Los Angeles, tuttavia, è stata annullata. Il suo nome compare già nella lista di arabi ‘designati’ come morti sull’aereo, che figureranno come potenziali terroristi nelle cronache del giorno dopo. La ragazza di Adel, Sonia, abita a Milano. Jean De Tennais è un giornalista di “Le monde” che in passato ha avuto a che fare con il padre di Adel, e che dopo aver appreso che il giovane è ritenuto uno degli attentatori si mette sulle tracce del genitore per cercare di farsi rilasciare un’intervista ‘a caldo’. Gli avvenimenti si succederanno in rapida sequenza, dimostrando la maestria dell’autore nel saper dosare gli elementi della narrazione, dalla quale spiccano le descrizioni dei luoghi e dei caratteri di ognuno dei personaggi. Un romanzo, “Il legame”, che pur partendo dal genere thriller riesce a contenere una storia piacevole, la cui lettura può essere consigliata anche a chi non è appassionato del genere. Nella vicenda vengono spesso descritti gli scenari politici internazionali, in particolare la situazione del Medio Oriente, la cui storia recente viene ripercorsa senza che si senta la volontà apologetica nel voler a tutti i costi dare una verità sui fatti. Un esperimento narrativo unico nel suo genere anche perché l’autore è un trentaduenne egiziano che scrive nella nostra lingua e decide di attingere ad un episodio storico che oramai è divenuto un mito della contemporaneità, non sono ancora molti gli scrittori che hanno affrontato il tema dell’11 settembre come fatto già storico; non soltanto un evento mediatico, ma probabilmente uno degli eventi che nei prossimi anni si rivelerà più latore di effetti mitopoietici, l’Attacco alla civiltà par excellence, indipendentemente dal fatto che suddetto attacco sia stato un attacco reale oppure il frutto della più grande messa in scena del XXI secolo, quella che non solo secondo le ipotesi contenute nel romanzo di Fabio Omar El Ariny, è avvenuta sui cieli e la terra degli USA alle 9 di mattina di un giorno di settembre.