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Del “quando”. Su “In ordine sperso” di Vito Antonio Conte (Luca Pensa Editore)


Del “quando”. Su “In ordine sperso” di Vito Antonio Conte (Luca Pensa Editore)

[intervento pubblicato il 5 dicembre 2013 su SPAGINE Periodico Culturale dell’Associazione Fondo Verri un omaggio alla scrittura infinita di F. S. Dodaro e A. Verri, curato da Mauro Marino]

Il “quando” è un momento terribile. Il “quando”, nel discorso, è quasi sempre utilizzato in accezione interrogativa, di rado mi è successo di leggerlo, con così tanta forza, in accezione affermativa, quasi accusatoria, così come accade nella nuova raccolta di versi che Vito Antonio Conte ha pubblicato con Luca Pensa Editore, “IN ORDINE SPERSO”. Pensa Editore, sodale amico, oltre che editore storico dei versi di Conte, dieci anni alle porte per un connubio che è tipico nel mondo della poesia e, più raro, in prosa.

Ma torniamo al “quando”, ad esempio al più forte di tutti, quello contenuto in uno dei titoli secondo me più belli della recente letteratura italiana. Mi riferisco a quel “Se non ora, quando?” in cui Primo Levi raccontava le vicende dei partigiani ebrei in fuga. Il “quando” si accompagna a un sentimento, l’attesa, che è il contrario del hic et nunc, il “qui e ora”, che a volte giunge improvviso, inaspettato. Il “quando” è, in sostanza, la petizione di un desiderio. Quando ci vedremo? Quando sarai mia? Quando finirà tutto questo? Quando saremo liberi? Quando capiremo? Quando avrò ciò che mi spetta? Quando riuscirò? Più numerosi sono i desideri, innumerevoli quelli nella vita di un uomo, e più si moltiplicano i ‘quando’ che li accompagnano, il tempo dell’attesa e il desiderio, infatti, sono due volti diversi di un’identica sofferenza.

Cosa succederebbe, invece, se i “quando” fossero tappe cronologiche compiute, momenti irripetibili, attimi scolpiti nel ricordo?

Vito Antonio Conte sceglie una strada differente, controcorrente come la cifra che ha tracciato con la sua produzione, che con garbo e senza finzioni riesce a svelare ciò che spesso altri usano come pretesto per nascondersi, fuggire. Verità, che si traduce come forte responsabilità della propria scrittura in relazione a ciò che si è vissuto. Ed è così che i “quando” di Conte risultano essere i momenti veri, lucidi, perfetti, “quando riuscii a fotografare / Pino Daniele in concerto / incorniciato da un applauso”, “quando mio cugino / e la sua alta sposa / (in viaggio di nozze) / vennero a trovarmi / e (io universitario / di soli dieci anni più giovane) / pensai: sono vecchi”, e ancora “quando il campo era tondo / il cielo stava oltre la rete / insieme a un sorriso / e la terra segnata da tacchetti / non scottava”. Ne rubo un ultimo: “quando emendai / tutti i quando / da chi mi stava sul cazzo / ché se così è / (e così è) / non ha senso / immortalare zombi / che si credono vivi”.

Il colloquio dei lettori con i versi di Vito Antonio Conte si è sempre giocato sul filo del tempo, delle attese, dei viaggi e dei ritorni. In questa sua ultima raccolta il Poeta si comporta con il tempo come se il tempo fosse spazio materiale, fisico, scolpendone gli attimi, “quando scrivevo poesie edulcorate / per donne mai incontrate / regalandole a innamorate / appena sfiorate”. È una selezione dei giorni migliori e peggiori, dei momenti migliori e peggiori, degli incontri migliori e peggiori. Sono le epifanie di una vita che scorrono, una dopo l’altra, in quella che, forse non in modo premeditato, ma riuscitissimo, diventa una vera e propria biografia raccontata in versi.

Ne ho contati 47, di questi attimi, e spero di leggerne altrettanti in futuro, al più presto possibile, perché una cosa che apprezzo, da sempre, nella scrittura di Vito Antonio Conte, è la capacità di non temere la verità che erompe dalla vita, e di riuscire a diradare, con la propria scrittura microscopica, le nebulose barocche che spesso ammantano la poesia salentina, riportando con i piedi per terra il gesto creativo e la sua attinenza alla vita.

Un’ultima nota: il libro in questione, IN ORDINE SPARSO, è edito in una tiratura limitata di 53 esemplari, come dire: quanti ne salverà, la poesia, in questi foschi dintorni… 50? E se fosse per quei 50, a quando la speranza? E se fossero 40? 30? 20? Quanti sono i lettori che sono disposti, oggi, a immergersi capofitto in una scrittura che richiede di ripercorrere una vita a ritroso, con tutti i suoi fantasmi e senza i riguardi delle buone maniere? John Fante, Charles Bukowski, Louis-Ferdinand Céline, José Saramago, Antonio Tabucchi, Corto Maltese, assieme a una manciata di amici e amiche che non hanno spedito un email ufficiale per autoinvitarsi prenoterebbero volentieri una di quelle 53 copie. E io con loro.

Luciano Pagano

IN ORDINE SPERSO, Vito Antonio Conte, Luca Pensa Editore, Collana Graffiti, ISBN 978-88-6152-197-1, 7€, edizione limitata 53 copie

Info:
http://www.pensaeditore.it/

“Fuori i secondi” di Vito Antonio Conte. Una recensione.


Fuori i secondi” (Luca Pensa Editore, 2009), un titolo e allo stesso tempo una dichiarazione più che mai polivalente. “Fuori i secondi” è l’invito dell’arbitro della boxe a fare uscire dal ring tutti quelli che non hanno a che fare con l’incontro, perché restino soltanto i due combattenti; l’autore è quindi uno dei due boxeur e i suoi avversari cambiano a ogni ripresa/racconto/poesia: la vita, la sorte, l’amore, la donna, il lavoro, la fuga. L’autore del testo è Vito Antonio Conte, scrittore e poeta di quella terra di mezzo i cui abitanti non sono mai soddisfatti di ciò che hanno fatto e già si proiettano a quello che devono fare; salvo poi guardarsi indietro e accorgersi di quanta strada si è percorsa, correndo, scappando, camminando, fuggendo. Bisogna prendere il presente a due mani, incrociare la paura, attraversare il coraggio come una feritoia; e poi ancora, percorrere la propria vita come se fossimo un vagone che va adagio, senza la fretta né il pensiero di tutte le stazioni. E poi ancora, restare in piedi, round dopo round, in un ipotetico incontro di boxe che va al di là della consuetudine atletica, facendo finta che l’avversario accetti il nostro patto insano, e prosegua la lotta – per quanto osservando le regole – per lunghe e interminabili ore. E poi ancora, quando con l’occhio pesto si osserva la platea ci si accorge che gli spettatori sono rimasti pochi, quelli rimasti sono gli appassionati, gli sportivi, tutti quelli che c’erano prima e facevano baccano altro non erano se non eventuali occupatori di posto a sedere, culi per seggiole, paganti plausibili perché i pop-corn terminassero e la coca-cola non perdesse la frizzantezza. Ma poi? Cosa resta quando è finita la “sorda lotta notturna” di campaniana memoria, posta in esergo al volume? Restano frammenti sui quali puntellare le rovine di un’epoca di crisi, non solo economica, non solo letteraria, non solo affettiva. Talia, Tatoo, Last the Moon, Motel senza stelle, Jesus Dream, sono i titoli dei racconti presenti nella parte centrale dell’ultimo libro pubblicato da Vito Antonio Conte. Tra i più riusciti della raccolta ci fanno rivivere le atmosfere de “L’improbabile vera storia di un uomo chiamato Luna” (2004) o “Frammenti di un interno” (2008) con qualche ingrediente in più. Tanto per cominciare questo è un libro che può essere letto in due modi, io li ho sperimentati entrambi. Prima lo leggi d’un fiato, come una medicina che ti aiuta a farti passare quella schifosa malattia che si chiama realtà, ipocrisia, falsità. Poi lo leggi a salti, aprendolo come si aprono varchi nel buio. In questo modo ti accorgi di quanto lo stile di Vito Antonio Conte, soprattutto nella prosa, abbia guadagnato in lirismo, rincorrendo un’essenzialità e un’asciuttezza della lingua, dove tutto è necessario e nulla è ridondante. Ne è una prova la resa delle performance nelle quali l’ascoltatore ha l’opportunità di ascoltare dal vivo i racconti, dalla voce stessa dell’autore, che rende il suo ‘ragionare’ con un ritmo che sembra avvolgersi su se stesso per poi riprendersi come un vortice. Questa è una raccolta di ‘materiali’: versi, racconti, racconti che contengono versi e poesie che raccontano; secondo me le protagoniste assolute qui sono due: la Donna e la Musica. La donna in questi racconti è quasi sempre incontrata e raggiunta in uno spazio ritagliato dal mondo, come in “D’autunno“, dove viene presentato un vero e proprio idillio salentino capitato in una stagione che non lascia dubbi al caso: è l’unica in cui un uomo e una donna possono visitare uno dei luoghi caratteristici di questa terra assaporandone la natura e non il na-turismo; l’autore riesce sempre a trattare la materia, anche quando si tratti di storie andate a male, con una poesia e un pudore incredibili (anche quando si tratti di sesso), basti leggere come esempio il racconto intitolato Tatoo. La musica nella produzione di Vito Antonio Conte occupa un discorso a parte. Sempre presente fin dai primi racconti e poesie, in quest’ultimo lavoro diviene una presenza assoluta, il che è indice sia di una dose di autobiografismo maggiore rispetto al passato, sia di un invito a mescolare il più possibile gli ambiti, la scrittura e la musica, cosa che dovrebbe essere naturale dato che secondo l’autore (ma anche secondo chi scrive) il libro del mondo è scritto al 90% con i suoni e al restante 10% con le parole, che guarda caso sono anche esse suoni. L’effetto che si ottiene è di grande curiosità, il lettore è spinto a approfondire le diverse ‘citazioni sonore’, alcune delle quali consuete, altre vere e proprie chicche da intenditori che si trasformano in indizi per comprendere al meglio l’atmosfera che l’autore ha voluto rendere nella narrazione. La cifra del racconto, come già in “Frammenti di un interno”, Vito Antonio Conte l’aveva individuata, restituendoci un Salento fattuale, pragmatico, dove gli eventi si susseguono senza troppe smancerie, quasi al riparo dal mistero di cui si ammantano certi luoghi. In “Fuori i secondi” la ricerca compie un passo in avanti verso la sperimentazione, si passa dal monologo interiore al canto ritmato, alternando le voci dei personaggi ai tumulti di un pensiero sconnesso, quasi prelinguistico; momenti certo che non alterano la percezione dei racconti, essendo localizzati nei punti giusti. Un suo spazio merita anche la copertina, in tema, un quadro di Luigi Massari scelto appositamente dall’autore e riprodotto anche all’interno del volume. Un ultimo pensiero, a conclusione di queste riflessioni, mi viene ripensando al titolo. In questi giorni sto leggendo un bel romanzo scritto dal norvegese Johan Harstad, dal titolo “Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?“. Per chi non lo sapesse Buzz Aldrin è il nome di uno dei tre componenti della missione Apollo 11, per intenderci quella che ha portato l’uomo sulla Luna nel 1969. Armstrong è il primo uomo a aver messo piede sulla Luna. Aldrin è stato il secondo. Dei secondi non ci si ricorda mai. “Figuriamoci dei terzi!” scommetto che direbbe uno dei protagonisti di un racconto di Vito Antonio Conte, magari di “Motel senza stelle”. Ecco che invece, per paradosso, la maggior parte dei protagonisti di “Fuori i secondi” sono proprio i ‘secondi’ in questione, quelli che arrivano dopo, quelli che non capiscono subito da che parte va il mondo, e allora ecco che il titolo scelto dall’autore acquista un nuovo significato, perché se il ring in questione diventa la scena del mondo, una volta alzato il sipario, da dietro le quinte, siamo spinti con forza irresistibile da una voce che ci obbliga a calcare il palcoscenico, prendendo la parte che ci è stata assegnata. Quella voce grida proprio così: “Fuori i secondi”!

Le Mani e l’Ascolto 2009-2010


Città di Lecce / Assessorato alla Cultura
Associazione Culturale Fondo Verri, Presidio del libro di Lecce

Le Maniel’Ascolto
IX edizione
28 dicembre ’09 / 6 gennaio ‘10


Torna Le Maniel’Ascolto. Come consuetudine – con il sostegno dell’Amministrazione Comunale di Lecce – un pianoforte abiterà il Fondo Verri. Un appuntamento che si rinnova in occasione delle festività per il Capodanno, una rassegna di parole e di suoni giunta quest’anno alla nona edizione. Libri, esperienze autoriali e ricerche sonore in una maratona di ascolti che avrà luogo e pubblico dal 28 dicembre al 6 gennaio nella saletta di Via Santa Maria del Paradiso.

Il costante contatto con la scena creativa (musicale e letteraria) è una delle prerogative del Fondo Verri. Le Maniel’Ascolto rinnova il desiderio di costruire avventure sonore proponendo repertori che hanno il pianoforte come elemento di guida e di raccordo delle performance, pretesto di incontri, scambi, creazioni, in una tensione di ricerca che attraversa i generi, i modi d’espressione, l’arte con le sue con-fusioni esistenziali e con il rigore che interviene a fare stile, segno, lingua.

Otto serate di incontro di contaminazione tra suono, poesia, scrittura, teatro e immagini.

Il primo appuntamento il Lunedì 28 dicembre, dalle 20.30, con il libro di Manila Benedetto, Donne e altri animali feroci, edito da Coniglio. La tastiera del pianoforte è affidata alle Interferenze di Stefano Pellegrino.

A seguire:

29 dicembre
Il libro di Pierluigi Mele, Da qui tutto è lontano, Lupo
La musica di Raffaele Vasquez, Nicotina 06

30 dicembre
La poesia di Giuseppe Greco
La musica di Roberto Gagliardi e Massimiliano Ingrosso, Melting pot duo

2 gennaio
Le poesie di Guido Picchi e Maurizio Nocera che legge Totò
La musica di Raffaele Casarano e Marco Bardoscia
Ospite della serata l’arpa di Keti Giulietta Ritacca

3 gennaio
Il libro di Vito Antonio Conte, Fuori i secondi, Luca Pensa
La rivista, Palascia, l’informazione migrante
La musica di Emanuele Coluccia, Volo e di Claudio Prima, Dentro la città

4 gennaio
La poesia di Daniela Liviello con Il segno e il suono
per la musica di Rachele Andrioli e Donatello Pisanello

5 gennaio
La poesia di Anna Maria Mangia e Patrizia Ricciardi letta con
Giovanni Santese e Fernando Bevilacqua
La musica di Mauro Tre e Irene Scardia, Piano Duet

6 gennaio
Da Qui Salento, Salento da favola, storie dimenticate e luoghi ritrovati”
Letture di Andrea Contini, Antonella Iallorenzi, Ippolito Chiarello,
Angela De Gaetano, Piero Rapanà, Mauro Marino,
Simone Franco, Simone Giorgino, Fabrizio Saccomanno

Tutte le serate dalle h. 20.30

E di nuovo verrai di niente vestita


“Avrei potuto deliziarvi col mio silenzio
Se soltanto mi aveste usato
La cortesia di tacere”

da “e di nuovo verrai di niente vestita”
Vito Antonio Conte

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Sabato 23 febbraio 2008
, alle ore 19:00.
presso la Sala Consigliare del Comune di Lequile
in piazza San Vito, alla presenza del Sindaco, Dr. Fabio Lettere
e dell’Assessore alla Cultura, Avv. Antonio Filigrana

Mario Calcagnile  presenterà il libro “e di nuovo verrai di niente vestita” (Luca Pensa Editore, 2007) ultima raccolta di versi pubblicata da Vito Antonio Conte.

Le note del duo per chitarra e flauto di Patrizia Sambati e Stefania Palma armonizzeranno l’incontro.

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Vito Antonio Conte vive a Lecce. Suoi versi sono presenti in antologie e scritture corali: Vignacastrisi Caffè Letterario (Officina d’arte di via S. Francesco, Vignacastrisi); Pace e libertà (Ed. La Comune, Roma); I Quaderni di “Athena” (Circolo Cittadino “Athena”, galatina); Dolmen (Ed. Vitruvio, Lecce); Majanu (Ed. Calcangeli, Magliano); Canto Blues alla Deriva (Besa Editrice), Il Sibilo Lungo (BigSur, Lecce). Ha pubblicato quattro raccolto di (liberi) versi: Blues delle 14:30, Polvere di sesso ed altre (brevi) storie, Liberando pensieri e stanchezza, Di immutati respiri, e un romanzo breve: L’improbabile vera storia di un uomo chiamato Luna, tutti per i tipi di Luca Pensa Editore.