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Esce in Italia “Poesie che la guerra ha dimenticato in tasca al poeta”, la raccolta del poeta siro-curdo Jan Dost.


Musicaos Editore pubblica “Poesie che la guerra ha dimenticato in tasca al poeta”, di Jan Dost (con testo a fronte). Il volume è uscito nella collana “Fogli di Via”, diretta da Simone Giorgino e Fabio Moliterni per il Centro PENS (Poesia Contemporanea e Nuove scritture) del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento. La collana, che giunge al suo terzo titolo dopo la pubblicazione dei volumi dedicati alle poesie di Claudia Ruggeri (a cura di Annalucia Cudazzo) e Salvatore Toma (a cura di Luciano Pagano, con interventi di Benedetta Maria Ala, Lorenzo Antonazzo, Annalucia Cudazzo, Simone Giorgio), si apre così agli autori stranieri. Il quarto titolo, di prossima uscita, sarà “Dendrarium”, del poeta bulgaro Alexander Shurbanov (a cura di Valentina Meloni).

“Poesie che la guerra ha dimenticato in tasca al poeta”, Jan Dost
(Musicaos Editore, Collana Fogli di Via, 3)

«Jan Dost compone in questo libro, compatto per temi e forme, un diario esistenziale di acuta valenza poetica, nel suo farsi ‘altro’ da sé, nel suo trasformarsi da privato – lamento e sfogo, slancio di passione – in denuncia e condanna: la voce del poeta forse non ha, malgrado la potenza delle sue parole che si incidono nell’animo di chi legge, altro scopo che quello – lamento e sfogo, slancio di passione. Ma quanto sollievo possono dare le semplici parole del poeta, che racconta e si racconta, che si guarda intorno (e dentro) smarrito e cerca ‘compagni al duolo’, uomini desiderosi come lui di pace e fratellanza… La lezione della poesia non può che essere quel che è: parola che comunica e si comunica, messaggio che cerca e trova, esperienza che si fa conoscenza partecipata. Anche gli oggetti in questa poesia parlano, si confessano nella loro fragilità di impotenza, che diventa paradossalmente vita nuova offerta a chi guardandoli sappia coglierne il riflesso, l’ombra di ciò che sono o almeno furono: un orologio, una bicicletta, una porta, una finestra, un tetto, elementi di un paesaggio/ambiente che vivono ormai soltanto in queste parole, conservate per parlare di un tempo in cui vivevano davvero poiché erano parte della vita umana di chi li viveva e ne aveva parte.» dall’Introduzione di Giuseppe Napolitano

Jan Dost nasce a Ayn-al-Arab (Kobani) in Siria il 12 Marzo 1965. È un giornalista e scrittore curdo. Scrive in curdo e in arabo. Dopo il diploma studia biologia dal 1985 al 1988 presso l’Università di Aleppo. Le sue opere sono state pubblicate in Libano, Siria, Iraq, Turchia e Germania. In quest’ultimo paese, dove vive dal 2000 e di cui dal 2008 ha la cittadinanza, si è affermato per la prima volta per l’opera Kela Dimdimê – la Roccaforte di Dimdim.

Ha pubblicato undici romanzi, in curdo e in arabo, Mijabad (2004), Sê gav û sê darek (2007), Mîrname (2008), Martînê Bextewer (2011), “Asheeq il traduttore” (2013), “Sangue sul minareto” (2013), Kobani (2017), “Le campane di Roma” (2017), Korridor (2019), e i recenti “Il manoscritto di Pietroburgo” (2020) e Cordyceps (2020), e quattro raccolte di versi, Dîwana Jan. Avesta (Istanbul, 2008), Kela Dimdimê. (Bonn 1991; Istanbul, 2008), A Song for Kurdistan’s Eyes (Syria, 1996), Poesie che la guerra ha dimenticato in tasca al poeta (Amman, 2019), pubblicato in Italia da Musicaos Editore (2020, a cura di Giuseppe Napolitano, traduzione di Agron Argentieri).
Ha vinto diversi premi internazionali, Premio “Racconti brevi” (Siria, 1993), Premio “Poesia curda” (Essen, 2012), Premio “Libri Orientali” (Londra, 2013), “Premio d’Oro Hussein Arif. Gelawêj Festival. Sulaymaniya” (Kurdistan, 2014).

§

“Poesie che la guerra ha dimenticato in tasca al poeta”, Jan Dost
Collana Fogli di Via, 3, pagine 134, formato 12,7×20,3 cm, euro 15, isbn 9788894966862
introduzione di Giuseppe Napolitano
traduzione di Agron Argentieri

il volume può essere ordinato in tutte le librerie e nei principali store online, anche su:

https://amzn.to/3kwacyd

https://www.ibs.it/poesie-che-guerra-ha-dimenticato-libro-jan-dost/e/9788894966862

https://www.libraccio.it/libro/9788894966862/jan-dost/poesie-che-guerra-ha-dimenticato-in-tasca-al-poeta-biografia-poetica.html

https://www.mondadoristore.it/Poesie-che-guerra-ha-Jan-Dost/eai978889496686/

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https://www.lafeltrinelli.it/libri/jan-dost/poesie-che-guerra-ha-dimenticato/9788894966862

Venerdì 19 giugno 2020 – Lecce – Officine Culturali Ergot – Dario Goffredo presenta “Alfabeto affettivo”


Venerdì 19 giugno 2020 dalle ore 19 alle ore 21

Officine ERGOT
(Lecce – Piazzetta Falconieri 1/b)

“Alfabeto affettivo” (Musicaos)
di Dario Goffredo

Incontro con l’autore

Venerdì 19 giugno 2020, a Lecce, presso le Officine ERGOT (Piazzetta Falconieri 1/b), dalle ore 19 alle ore 21, si terrà il primo “incontro con l’autore” dedicato alla poesia di Dario Goffredo e alla sua raccolta di poesie (edita da Musicaos Editore) dal titolo “Alfabeto affettivo”. Un dialogo personale tra l’autore e i propri lettori, presso le Officine Ergot, un firmacopie che è anche un’occasione di approfondire i temi della raccolta con l’autore, tra emozioni dal vivo e pensieri, colloquio e lettura, per promuovere la poesia e la ripresa della circolazione culturale, nel rispetto dell’altro.

«Metti in versi la vita, trascrivi / fedelmente, senza tacere / particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.» i versi di Giovanni Giudici, autore posto in esergo a questa nuova raccolta di Dario Goffredo, costituiscono il dettato di questo «Alfabeto affettivo»: la persona, la linea che divide ciò che è pubblico da ciò che è privato, lo spazio poetico di ciò che riesce, ancora oggi, a smuovere un’umanità nell’incontro col reale, nelle esperienze e nelle inconsistenze di un mondo reso freddo, di un buio che non fa più paura.

Le assenze di mescolano ai rimandi della poesia recente, alle presenze di echi in una scrittura che mescola la materia dei cinque sensi al desiderio di fare ritorno in un luogo che era, un tempo, il luogo della serenità e della quiete. La vita non si impara vivendo, ciò che resta sembra essere un residuo poco soddisfacente rispetto all’azione intrapresa, senza morale, senza esito certo, nei segnali di un alfabeto che può essere interpretato e allo stesso tempo può allontanarci da ogni ricerca di significato possibile, dove simboli di questo spaesamento sono «Numeri, lettere. Parole segrete alfanumeriche. / Maiuscole a caso. / Infanzia sbiadita. / Idilli da poco.»

Dario Goffredo è nato nel 1974. Vive e lavora a Lecce. Sue poesie sono apparse su riviste e antologie. Nel 2016 ha pubblicato “Atti minimi di sopravvivenza” per Spagine.

(fotografia Francesco Sambati)

Informazioni
info@ergot.it | ✆ 0832.246074
Officine Ergot – Lecce – Piazzetta Falconieri 1/b

Musicaos Editore
info@musicaos.it | ✆ 0836.618232
Via Arc. Roberto Napoli, 82 | Neviano (Le)

Venerdì 7 settembre 2018 – Nardò (Le) – Vito Adamo e Fernanda Filippo ospiti della rassegna “A Franco sarebbe piaciuto”


Rassegna “A Franco sarebbe piaciuto”
3a edizione / Estate 2018

Venerdì 7 settembre 2018 – ore 20.30
Caffè “Il Melograno”
(Nardò – Via Pellettieri, 22)

La poesia di Vito Adamo, e “La costanza delle maree”
(Musicaos)
e Fernanda Filippo, “Cercando petali nel fango”
(Musicaos)

dialogano con i poeti

Loredana Giliberto
Luciano Pagano

Venerdì 7 settembre 2018, alle ore 20.30, presso il Caffè “Il Melograno” (Via Pellettieri, 22), a Nardò, si terrà un nuovo appuntamento della rassegna “A Franco sarebbe piaciuto…”, giunta alla sua terza edizione, coordinata da Loredana Giliberto, in collaborazione con la libreria “I Volatori”, di Angelo Lezzi, Musicaos Editore, e il Caffè “Il Melograno”.

Si tratta dell’ultimo incontro della rassegna, che per tutto il corso dell’estate ha accompagnato autori e lettori in un dialogo che ha riscosso un ottimo gradimento da parte del pubblico, non solo neretino. L’appuntamento, questa volta, è con la poesia di due poeti, Vito Adamo e Fernanda Filippo. Vito Adamo, ha da poco pubblicato “La costanza delle maree” (Musicaos Editore), sua seconda raccolta (Antica terra, viaggio sentimentale nel Salento è del 2014); che ha già vinto diversi premi, di cui uno, come silloge inedita al “Premio Città di Sarzana”, edizione 2018. Fernanda Filippo ha al suo attivo due raccolte di versi, “Brucia con gli occhi chiusi tutto il tuo mondo” (Musicaos) e, “Cercando petali nel fango”, anche essa edita da Musicaos, che verrà presentata durante la serata, in un dialogo che vedrà alternarsi i versi dalle raccolte di entrambi i poeti: dialogheranno con loro Loredana Giliberto e Luciano Pagano.

Ingresso libero.

Informazioni
Musicaos Editore
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Domenica 2 settembre 2018 – Corigliano d’Otranto – Il Castello Volante ospita la “La costanza delle maree”, di Vito Adamo, con Franco Simone, Gianluca Milanese


Domenica 2 settembre 2018 – ore 20.30
Il Castello Volante
(Castello di Corigliano d’Otranto)

“La costanza delle maree”
di Vito Adamo
(Musicaos Editore)

interventi musicali di:
Gianluca Milanese

con la partecipazione straordinaria di:
Franco Simone

letture di:
Vito Adamo
Silvia Gennaro

dialogano con l’autore:
Elisabetta Donno
Luciano Pagano

Domenica 2 settembre 2018, alla ore 20.30, presso “Il Castello Volante”, di Corigliano d’Otranto, si terrà la prima presentazione della nuova raccolta di poesie di Vito Adamo, dal titolo “La costanza delle maree”, edita da Musicaos Editore. La nuova silloge di Vito Adamo, di cui una versione inedita si è già aggiudicata il premio “Città di Sarzana” edizione 2018, giunge a quattro anni dall’esordio dell’autore, con il volume “Antica Terra. Viaggio sentimentale nel Salento”, edito nel 2014; sono diverse le poesie della raccolta che hanno già ricevuto, nel corso di questi anni, riconoscimenti e premi.

Per la prima presentazione de “La costanza delle maree” saranno due ospiti gli ospiti di eccezione, che impreziosiranno il dialogo tra l’autore, Elisabetta Donno e Luciano Pagano. Il maestro Gianluca Milanese, con il suo flauto, accompagnerà le letture dei brani tratti dal testo. È prevista la partecipazione straordinaria di Franco Simone.

“La costanza delle maree”, di Vito Adamo, ospita riflessioni sul tempo e sul paesaggio. Il passare del tempo è l’alternarsi delle stagioni, riflesse nel lavoro dell’uomo e nei ritmi della natura. La costanza è vissuta come attesa paziente di ciò che cresce e diminuisce. La sperimentazione quotidiana del paesaggio diviene filo conduttore: è proprio questo percorso, che dalla terra conduce al mare, a sviluppare una delle linee tematiche della raccolta. La coscienza dell’autore è per una terra che soffre, e che cerca di risollevarsi dal vituperio e dallo scempio. L’abbraccio è un luogo in cui fingere la condivisione è impossibile, perché lì si fa concreta la prima cellula di ogni comunità.

Nella seconda sezione della raccolta “La costanza delle maree” sono ospitate le poesie di una giovane autrice esordiente, Silvia Gennaro. La poesia, dialogo a due voci, reale e tangibile, è alternarsi di momenti che comunicano due mondi. La terza sezione è quella che dà il titolo alla raccolta. “La costanza delle maree” è l’unità di un pensiero poetico, capace di svolgere i temi del viaggio, della passione per i propri luoghi, della nostalgia e dell’importanza di un dialogo con una natura che è terra, vento, acqua, mare, silenzio, tuono.

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Vito Adamo

Vito Adamo nasce ad Alliste, in provincia di Lecce, il 29 novembre 1966. Si laurea in Scienze Politiche presso l’Università di Bari. Fin dall’età giovanile scopre la passione per la scrittura e in particolar modo per la Poesia, quale mezzo per esprimere con semplicità ed immediatezza le proprie emozioni. Esordisce con la sua prima pubblicazione, “Antica terra, viaggio sentimentale nel Salento” (Lupo Editore), nel 2014.
Antica terra è una raccolta di poesie, un viaggio attraverso la memoria, i luoghi, i sentimenti , che presenta una terra semplice, come semplici sono le storie vissute e raccontate.

Nel corso di questi ultimi anni le sue poesie hanno avuto vari riconoscimenti in tutta Italia. Nel settembre 2014, al Premio Internazionale Mazzarelli Art Festival di Ragusa, la poesia Vento di Tramontana si classifica finalista, tra le prime dieci. Nel novembre 2014, al Premio Nazionale Leandro Polverini di Anzio, ottiene l’assegnazione del sesto posto.
Nel marzo 2015, al Premio Nazionale Antonia Pozzi nella sezione Libri editi di poesia, tenutosi a Somma Lombardo (VA), riceve una Menzione Speciale dalla giuria per la cura editoriale del volume Antica terra.

Nel marzo 2016 riceve ad Imola una menzione speciale per il Premio Nazionale di Poesia e Narrativa Alda Merini. Nel 2017, presso la stessa manifestazione, ottiene il 3° premio.  Nel luglio 2017, Antica Terra si classifica al terzo posto al prestigioso Premio Internazionale Letterario Città di Sarzana (Liguria), con il Patrocinio della Camera dei Deputati. Nel settembre 2017, la stessa Raccolta Poetica riceve il Primo Premio al Premio Letterario Internazionale Città del Galateo (Galatone). Nel novembre 2017, con la poesia Una lettera d’amore, l’Autore riceve una Menzione di Merito al Premio di Poesia e Narrativa “I fiori sull’acqua”, contro ogni violenza sulla donna con la poesia, tenutosi a Imola. Nel mese di marzo 2018, con la stessa poesia, riceve una menzione speciale al Premio Letterario Internazionale “Poesia dell’anno”, a Quartu Sant’Elena (Cagliari).

Nell’aprile 2018, ottiene una menzione d’onore al Premio Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa Alda Merini, 3a edizione, con la poesia Vento e Mare, a Imola. Nel maggio del 2018, con la poesia E poi c’è il mare, ottiene il Premio Speciale “Arbëria”, al Premio “Voci nel deserto”, dell’Associazione Culturale Mecenate di Frascineto. Una sezione delle poesie contenute in questo volume, quella intitolata “La costanza delle maree”, è risultata vincitrice del primo premio ex aequo “Poesie dell’anima” al VI Premio Letterario “Città di Sarzana”, nella categoria Silloge Inedita.

Ai riconoscimenti ottenuti negli anni, con le sue poesie e con la sua attività di promotore culturale, si aggiungono la pubblicazione di alcune sue poesie inedite su importanti antologie poetiche nazionali. La sua poesia Una Lettera d’amore, nell’ottobre 2017, debutta in teatro, nello spettacolo Spogliati nel Tempo, di Renato Raimo ed Isabella Turso. Vito Adamo, ad Alliste, cura la rassegna letteraria Il Cortile Dei Libri Parlanti.

Silvia Gennaro.
Nata il 3 giugno del 2001 a Gagliano del Capo, frequenta il Liceo Classico “Rita Levi Montalcini”, di Casarano, dove grazie al laboratorio Teatrale ha potuto prendere parte al ‘Festival dei Giovani di Siracusa’ con la tragedia greca ‘Le Trachinie’. Nel 2017 ha preso parte allo spettacolo ‘L’Orestea’ nel chiostro comunale di Casarano e alla rappresentazione teatrale ‘Calipso’ avvenuta grazie alla collaborazione con il gruppo teatrale ‘Astragali’. Ha sempre avuto una grande passione per la poesia, iniziando a scrivere sin da piccola. Presente a Seclì (Le), negli anni 2016 e 2017, alla rassegna “Versi e Musica”, ha partecipato, sempre nel 2017, alla rassegna di incontri letterari ‘Il Cortile dei Libri Parlanti’, ad Alliste. È presente con una sua poesia nell’Antologia “Emergenza terremoto centro Italia”, una raccolta il cui ricavato è stato devoluto alle zone colpite dal terremoto.

Gianluca Milanese.
Flautista, compositore e didatta, ha compito gli studi musicali presso il Conservatorio “T. Schipa” di Lecce dove si e diplomato in Flauto, in Musica Jazz, in Musica Elettronica e dove ha conseguito con lode il Diploma Accademico di I e II livello in Musica Antica sotto la guida del M° L. Bisanti. Ha inoltre conseguito con lode la laurea in Beni Culturali – ind. Beni Musicali presso l’Università del Salento con una tesi di ricerca dal titolo “Il restauro informatico dei suporti sonori: Cantare la voce di Demetrio Stratos”.
Nel Luglio ’97 ha frequentato la Berklee Summer School at Umbria Jazz dove ha ricevuto l’Outstanding Musicianship Award come musicista emergente per le doti musicali messe in evidenza.
Da oltre 20 anni sulla scena musicale nazionale ed internazionale (Inghilterra, Belgio, Slovenia, Grecia, Portogallo, Cina, Germania, Lettonia, Danimarca) con repertori che spaziano dalla musica antica all’improvvisazione radicale al fianco di artisti di chiara fama quali: Riccardo Muti, Alirio Diaz, Jerome Correas, Richard Sinclair, Franco Battiato, Gianna Nannini, Francesco Di Giacomo, Piero Milesi, Lucio Dalla, Peppe Servillo, Lucilla Galeazzi, Carmen Consoli.
E’ inoltre l’unico flautista italiano ad aver suonato con Joe Zawinul, pianista austriaco e leader dei Weather Report.
Dal 2012 risulta nella top ten dei migliori flautisti jazz italiani redatta dalla rivista Jazzit.
Dal 2009 ricopre il ruolo di Direttore Artistico del festival Maggio Musicale Salentino.
All’attivita concertistica affianca, da oltre 20 anni, quella didattica. Nel 2016 l’AEDE (Associazione Europea degli Insegnanti) gli ha conferito il Premio di Qualita e Merito per l’impegno pedagogico-musicale in ambito europeo.

http://www.gianlucamilanese.it

Informazioni:
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Salvatore Nuzzo. “Pigramente cigola il tempo. Poesie 1972 · 2017”, Poesia 05


“Pigramente cigola il tempo. Poesie 1972 · 2017”,
Salvatore Nuzzo, (Musicaos Editore, Poesia 5)

Questo volume raccoglie le poesie di Salvatore Nuzzo, scritte tra il 1972 e il 2017. Quarantacinque anni di scrittura e ricerca di una forma che delinea la realtà con mezzi essenziali. È il “tempo” il protagonista assoluto in questa storia, come delinea Nicola Russi nella prefazione al volume. Salvatore Nuzzo, è “l’archeologo dei suoi luoghi dell’anima, pronubo d’una poesia che si fa epifania del nostro esistere da giovani: si fa autunno, colore di ottobre; si fa carnevale che fa incetta di urla, per strada, di fanciulli; la poesia si fa sogno che raccoglie gli anni del poeta “in una favola triste”; di un poeta “presente ad ogni umana vicenda”, un giullare, “il più triste giullare/ che scrive versi d’amore/ a una ragazza segreta”; si fa estasi davanti a un mare che gli regala l’estro dei sogni e il ripetere delle ultime cose ancora sue; si fa orrore perché s’empie di morte la terra, con tutti i cieli in fuga, con “oceani e mari senz’acque”. La sua poesia si avvia a correre il rischio di mitizzare un sentimento che adombra un’immagine che volge ad un’istanza: quella di rimanere “felicità incorporea, pura ombra”, come si esprimerebbe Pedro Salinas, nella sua poesia “Possesso del tuo nome”.

“Un labirinto di fatiche
l’umana esistenza,
un filo tenue
che lega e sostiene sequenze e stagioni,
accadimenti imprevisti
snodando una storia,
costruendo un’identità;

manoscritto
compilato giorno per giorno
con errori e abrasioni,
slanci e timori;

biografia inquieta e nervosa
con frenate e silenzi,
tristezza e fierezza,
lotta e resa,
dubbio e certezza,
passione e delusione.

Ordine e disordine
il tempo della vita.”

“La poesia di Salvatore Nuzzo va incontro ad un Oscillamento d’amore, ad una Assenza struggente; ad un Impegno d’amore; e prorompe in un turbinio di parole che si mescolano al vento che entra nei capelli scarmigliati della donna amata; alla pioggia che bagna i due corpi cadendo sulla loro allegria.” (Nicola Russi)

Nei versi di Salvatore Nuzzo è caratterizzante la presenza della natura, nella quale si inscrive l’uomo come partecipe del paesaggio, comprimario, c’è l’alternarsi delle stagioni con i diversi stadi del tempo in relazione agli stati dell’animo. L’acqua che lava, la pioggia che cade, una “ragazza segreta”, il distacco di un amore che non è raggiunto. La collocazione geografica precisa, sulle coste dell’Adriatico, con gli scogli, la natura, il tempo che passa, il fragore delle onde, il frangersi dei flutti, insieme alle atmosfere brumose del Nord Italia, negli anni Settanta. La poesia, in “Pigramente cigola il tempo”, è intesa come luogo di soluzione dell’essere, dove trovano compimento i pensieri dinanzi alla forza della natura. Lo scorrere del tempo attraverso lo scorrere dei momenti fotografati nei versi, un altro autunno, una sequenza, ad esempio, tra quello del 1972 e quello del 1973, “Sono io l’ottobre più triste,/brandelli d’uomo/senza tinte,/argilla pagana.”

La vicinanza a Ungaretti è una vera e propria influenza, un percorso appartato, una volontà di ascolto, presente in componimenti come “Il sogno” (“il libello sfogliare/pupilla tremula/al fragile rimorso d’amore”). “S’empie di morte la terra” è una delle poesie da cui l’autore incomincia il percorso di liberazione da ulteriori influenze, per acquisire una voce autonoma. “Svelamento”, “Impegno d’amore”, “Il vincolo”, “Entrava il vento”, i testi del 1974 e seguenti portano a una riflessione ancora più intensa, nella quale gli elementi del paesaggio fanno ancora da contralto a quelli dell’umore.

Importante anche il richiamo religioso, il ruolo dell’arca, la citazione dell’Ararat e delle Scritture. Il tema della pioggia, ricorrente in questi versi, trova nel tema simbolo dell’Arca e quindi del Diluvio, un punto di contatto tra la storia personale e la storia universale. “Fuori il buio si perde/in un labirinto di pioggia”. L’Arca di Noè è ciò che si salva dopo il disastro, ciò che racchiude quel che resta dell’umanità, il residuo, del sentimento e dell’individuo, ciò che ha ricevuto da Dio il permesso di restare, continuare la specie.

Salvatore Nuzzo (Marittima di Diso – Lecce, 1954) è Psicologo Psicoterapeuta a indirizzo cognitivo comportamentale nel Consultorio Familiare di Poggiardo, ASL Lecce, titolare di incarico di Alta Professionalità “Adozioni, Abuso e Maltrattamento minori”. Inoltre è coordinatore del Servizio Integrato Affido e Adozione dell’Ambito Territoriale Sociale di Poggiardo. Già Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Regione Puglia, è stato coordinatore della Commissione per l’Etica e Deontologia professionale e Direttore di “Psicopuglia”, Rivista – Notiziario dell’Ordine.
È perito del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese di Bari e CTU del Tribunale Civile e del Tribunale per i Minorenni di Lecce. È autore di diversi contributi su temi di psicologia clinica, psicologia dell’educazione e delle relazioni familiari e affettive, deontologia professionale, organizzazione dei servizi socio-sanitari, etc.
Svolge attività di formatore e di consulente rivolta a genitori, insegnanti, educatori e operatori socio-sanitari presso scuole, parrocchie, comuni, associazioni e istituzioni.

“Pigramente cigola il tempo. Poesie 1972 · 2017”, Salvatore Nuzzo,
Musicaos Editore, Poesia 5, ISBN 9788899315763, Pagine 178, €14
Prefazione di Nicola Russi

“Proiettili di-versi”, Marco Vetrugno


“Proiettili di-versi”, Marco Vetrugno
Musicaos Editore, collana Poesia, 02

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La poesia di Vetrugno è rapidamente e aspramente ritmata, in ottima armonia con il suo discorso robusto e violento, drammatico ed eversivo. Lʼaccusa costante rivolta al male del mondo e alla fatica del vivere è sostenuta da una visionarietà originale e possente”.
Tutto questo è “Proiettili di-versi”, per Giorgio Bàrberi Squarotti, uno dei maggiori critici letterari e poeti italiani viventi. I versi di Marco Vetrugno, autore poco più che trentenne, giunto alla sua quinta raccolta edita, non possono lasciare il lettore indifferente.

La scrittura di Vetrugno è una pratica quotidiana del vissuto, in prima persona, uno scandaglio e un microscopio del reale. Mauro Marino, in uno dei due interventi che accompagna la raccolta, sottolinea come questa poesia vada ben al di là dellʼesercizio letterario, per ricongiungersi a quel “domestico quotidiano far versi”, che accomuna lʼautore a Salvatore Toma, Antonio Verri, Ercole Ugo DʼAndrea. Secondo Luciano Pagano, nella sua poesia, Marco Vetrugno scrive dellʼEssere e della Mancanza, le sue poesie raccontano visioni che giudicano senza pregiudizio, che diventano etica della poesia nellʼattimo stesso in cui affrontano con crudezza la realtà, saltando a piè pari ogni ammiccamento di maniera; la sua scrittura ha un obiettivo estetico ben preciso, dire l’Essere e il suo cuore ravvicinato, intangibile. 49 componimenti, 49 proiettili mirati al cuore dellʼindifferenza, del quieto vivere, di tutta lʼinsensatezza dellʼoggi.

Marco Vetrugno è nato a San Pietro Vernotico nel 1983. Vive a Lecce.

Ha pubblicato le raccolte di versi “Poetico delirio” (Lupo, 2012), “Organismi cedevoli” (Manni, 2014), “Le mie ultime difese” (Manni, 2015). Per il Magazzino di Poesia di Spagine (a cura di Mauro Marino) è autore della raccolta “I versi del panopticon” (2014).

Proiettili di-versi” è il secondo titolo della collana di poesia di Musicaos Editore, e giunge dopo la pubblicazione di “A nuda voce. Canto per le tabacchine”, scritto da Elio Coriano.

Illustrazione di copertina:
Alessandra Dell’Anna Peccarisi

Interventi:
Mauro Marino, Luciano Pagano

“Proiettili di-versi”, Marco Vetrugno
Musicaos Editore, collana Poesia, 02
isbn 9788899315412, pagine 112, €13

Fernanda Filippo. “Brucia con gli occhi chiusi tutto il tuo mondo”


Fernanda-Filippo-Bruciacongliocchichiusituttoiltuomondo-MusicaosEditore“Brucia con gli occhi chiusi tutto il tuo mondo”
di Fernanda Filippo

§

“Per questo cuore immortale che io non detengo.
Tu credi di essere il dubbio e non sei che ragione.
Tu sei il grande sole che sale sulla mia testa
Quando io sono sicura di me.
Io ti amo per la tua saggezza che non è la mia.
Io ti amo contro tutto questo che non è illusione.
Io ti amo per tutti i tempi in cui non ho vissuto.
Io ti amo per amore.
Senza di te io non vedo altro
che una distesa deserta.”

§

Fernanda Filippo è una poetessa autentica, scevra da ogni meccanismo aulico, retorico, sintattico. Scrive di getto come un artista in preda ad un impulso irrefrenabile. Il suo è un lirismo lenitivo che guarisce da ogni malessere, non porta sollievo ma disillude dall’incanto che un verso ingannevole potrebbe suscitare. Libera dalle inibizioni di una vita attanagliata da dispiaceri e delusioni. Si interroga sul perché sia utile scrivere e con la sua innocente semplicità lo rivela: “Per urlare l’angoscia di un prigioniero […], per donare le emozioni sempre nuove […], per convincere che la vita la si può solo cambiare”. (Paola Bisconti)

Fernanda Filippo, cittadina salentina, appassionata di decorazione pittorica, esterna le sue emozioni scrivendo poesia da quando era adolescente

Fernanda Filippo, “Brucia con gli occhi chiusi tutto il tuo mondo”, prefazione di Paola Bisconti – Musicaos Editore, poesia, 03, isbn 9788899315443, €10, pagine 106

Informazioni
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tel. 0836.618.232

Novità: Elio Coriano – “A nuda voce. Canto per le tabacchine”


http://www.youtube.com/watch?v=npRx96vO5W0 Elio Coriano con questa sua opera intende restituire una voce alle tabacchine morte il 13 giugno 1960 a Calimera, a causa di un incendio nei locali della ditta Villani e Franzo. Questo canto si unisce a quello di una generazione di salentini che hanno lavorato, anche in condizioni disumane, per garantire un futuro ai propri figli. Introduzione di Ada Donno Interventi di Francesco Aprile, Luciano Pagano edizione italiana e inglese ElioCoriano-A-nuda-voce-canto-per-le-tabacchineElio Coriano è nato a Martignano nel 1955. Poeta e operatore culturale, insegna italiano e storia presso l’Istituto Professionale “Egidio Lanoce” di Maglie. Con Conte Editore ha pubblicato “A tre deserti dall’ombra dell’ultimo sorriso meccanico” (Three deserts from the shadow of the last mechanical smile – Premio Venezia Poesia 1996), nella collana Internet Poetry, fondata da Francesco Saverio Dodaro. Con “Le pianure del silenzio” tradotto in cinque lingue, ha inaugurato sempre per Conte Editore, E 800 – European literature, collana diretta e ideata da Francesco Saverio Dodaro. Nel 2005 ha pubblicato per “I Quaderni del Bardo”, “Dolorosa Impotenza. Il Mestiere delle Parole” con dieci disegni di Maurizio Leo e la prefazione di Antonio Errico. Nel 2006 per Luca Pensa Editore, nella collana Alfaomega, ha pubblicato “Scritture Randage”con la prefazione del filosofo cileno Sergio Vuskovic Rojo. Del 2007 è “H Letture Pubbliche (poesie 1996-2001)” con ‘i libri di Icaro’. Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare “Stella Grande e Anime Bianche” di cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre, negli ultimi due anni, ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, intitolata FÜR EWIG, accompagnato dal pianista Vito Aluisi. Nel 2010 pubblica, per Lupo Editore, “Il lamento dell’insonne”, vincitore nel 2012 del premio nazionale “Città di Mesagne”. Nel 2013, pubblica “Für Ewig 3” (Lupo Editore), presentato per il “76° Gramsci, Pensatore Unitario” il 27 giugno 2013 presso la Camera dei Deputati. I testi di “A nuda voce. Canto per le tabacchine” fanno parte di uno spettacolo teatrale e musicale realizzato con Stella Grande e Anime Bianche. Elio Coriano – A nuda voce. Canto per le tabacchine Musicaos Editore

“Finestra”, inedito di Paolo Ferrante


Finestra
Paolo Ferrante

Asfalto a ponente
e intanto le antenne
a sfidare
in un coito
le sgraziate
nuvole preziose,
scompaiono
i nei
dalla tua schiena
infinita:
Cassiopea, Eridano,
Gran Carro.

Il sorriso
della tua piega
a riposo
si fa largo
al tocco… aspetta.
Compare
più sotto
una timida alba ricciolina

Paolo Ferrante.
Nato il 7 novembre del 1984 in provincia di Lecce, Paolo Ferrante esordisce come poeta nel marzo 2006 pubblicando online la raccolta di poesie Gerogrammi sulla rivista musicaos.it. Dal gennaio 2007 è membro dell’associazione culturale “C-Arte” con la quale opera realizzando reading poetici e performance artistiche. Su internet è conosciuto con lo pseudonimo di Evertrip, ed è webmaster all’indirizzo www.evertrip.tk, nel quale sono raccolti i blog di musica e poesia.

Recensione de “Le commedie del buio”, primo libro di Paolo Ferrante.

(foto, Eridanus da Uranometria)

Apostolos Apostolou – La poesia e la filosofia come terapia


APOSTOLOS APOSTOLOU
LA POESIA E LA FILOSOFIA COME TERAPIA

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Filosofia e Psicanalisi

Comincerò con una domanda. Come si può oggi parlare di terapia, in un’epoca dove il termine terapia è così carico di un’articolazione burocratica ed è stabilito come un centro funzionale ed un modello di tutto il sistema della guarigione, la quale in sostanza si identifica con il potere? Tanto più che il relatore insegna la filosofia e tecniche terapeutiche per mezzo filosofia e della poesia ed è considerato come l’ispiratore dell’operazione poetico-filosofica. L’operazione poetica- filosofica che non ha per obiettivo di convincere e di impressionare, né di dimostrare, bensì di condividere le opinioni, le conoscenze, le esperienze teorizzate, che sono ricostruttibili e verificabili, rispetto alla responsabilità e la libertà, desiderando così di rendere il suo interlocutore aperto alla negabilità della sua ingegnosità. Come si può parlare oggi di terapia quando anche Sigmund Freud nel testo del «Pirata ed il non Pirata Analisi» annunzia la sua fine. Dicendo che la psicanalisi si stacca dall’obiettivo della terapia. [1] Ossia dalla formazione, noi diremmo sregolamento – nuova regolazione – adattamento, ed anche dalla formazione educazione – stato – terapia. Le domande per quanto riguarda la psicanalisi sono chiare. Chi e come si può determinare la perturbazione e la guarigione? In un’epoca dove il vantaggio comparativo suo, ossia la rappresentazione come processo di pensiero e fabbricazione della fantasia (Derrida dice che la rappresentazione funziona come una copia di qualcos’ altro che non e’ mai stato? Come principio del principio ) [2] si è identificata con l’immobilizzazione astratta, di modo che la filosofia, invece di seguire ogni ipotesi e presupposto, diventi sempre più imitazione di un linguaggio antico e sempre meno contemplazione. Le scienze della natura e dell’uomo diventano sempre più un fiscalismo che ci costringe invece di liberarci. L’arte diventa sempre più tecnica e decorazione. La letteratura e la teoria estetica è un semplice ciarlare e tutte quante messe insieme, sono sotto la pressione del successo e dell’utilità. Così, malgrado certi successi, dimostrano ugualmente le loro debolezze e portano la loro mitologia, rifiutando di vedere che tutte le soluzioni hanno in se’ la loro stessa problematica e rimangono problematiche. Non essendo quindi in misura di evitare la loro sorte, conoscono la loro morte nel pensiero vasto e ricco che sa giocare al gioco della conoscenza assoluta. Molte teorie parlano di vissuto come soglia della autoconoscenza, però come possiamo definire il vissuto? [3] Il vissuto, definito come il fissaggio di un espressione della vita tramite l’attenzione (vede psicanalisi) ed il nesso con processi nozionali, era una condizione per tutte le scuole psicanalitiche e psicoterapeutiche. Per la filosofia, il vissuto è un fare senza interruzioni, una risultante di funzioni e rapporti non qualcosa di costante e fisso mentre Rickert si riferisce al concetto del dopo-vissuto. L’errore sta nel fatto che attraverso il vissuto cercano di arrivare alla comprensione (non dimentichiamo la figura interpreto/capisco). Tuttavia Jaspers crede-dice, che ogni tipo di comprensione comprende un elemento di costruzione. Se vogliamo ricercare un approccio post terapeutico filosofico, questo deve procedere entro una filosofia del gioco. Il gioco come maschera della filosofia di Nietzsche, [4] come metafora/immagine – riferimento costituisce una sfida – invito all’attivazione del soggetto a procedere con la rottura con l’identità e l’unità. La maschera come passione assurda secondo Nietzsche e coesistenza di luoghi opposti della molteplicità e delle contraddizioni permette un avvicinamento pieno di tensioni delle sensazioni che capisce come il luogo dell’intermedio o meglio il luogo del’ insieme (per la prima volta incontriamo il termine nel Platone, quando usa la parola metaxy cioè insieme, Simposio e Filebo, ma anche a Heidegger, con il concetto Lichtung cioè Lucide) .

Il concetto dell’intermedio o di insieme è forse la causa del pericolo forse, la causa della maschera, del gioco, del luogo intermedio (legge oppure insieme) ossia della cultura, (secondo psicanalista Winnicott) della poesia (secondo Platone e Nietzsche). E questo perché come dice il Nietzsche per un poeta autentico la metafora è un immagine, un concetto e quello che vede il poeta è uno spettacolo che costituisce una rappresentazione teatrale dove le parole diventano maschere. Però non come il gioco come terapia che perde il suo taglio di inversione e del quale gli estremi sono definiti in una via di uscita sicura, (come sostiene F. Faun) ma invece un gioco con tutti i rischi. Il gioco è sinonimo del Questo (Cela) – Quello (Id) che può essere paragonato con l’inconscio. È aperto sul luogo/tempo delle risposte. E come dice K. Axelos il gioco non è un predicamento del mondo, il gioco gioca il mondo. (Per il gioco nella filosofia hanno parlato M. Heidegger, E. Fink, J. Granier, K. Axelos. J. Derrida). Il gioco conosce ogni comportamento nostalgico e reattivo, soffoca all’interno dei suoi stessi limiti, ogni opportunismo semplice e pulito perde tempo, ogni opportunismo scuro, o sopraccarico rimane plano e monolineare, mentre alle grandi domande non possiamo che rispondere senza rispondere. Non vede la vita come un labirinto di supplementi o sostituti (la vita come supplemento per ricordare Derrida) né una funzione dell’ellipse/desiderio, (secondo psicanalisi) che crea la metafisica della diaspora.

Poesia come Terapia

Poesia e filosofia del gioco, sono vicini senza che sia tuttavia stabilito che siano deducibili e spiegabili insieme. La poesia da alle cose un nuovo nome, (in letteratura greca antica triviamo il testo quando riguarda la poesia e il nome delle cose. «Ορφέως δε ός και τά όνόματα αύτών πρώτος έξηύρεν…») ma anche filosofia del gioco lo fa, ribattezza le cose. [5] Il poeta impara la dimissione, ci dira Stefan Georg, nel poema con titolo “ Das Wort “ un poema che distingue il M. Heidegger. Ma questo succede anche con il gioco filosofico che si esprime come una sistematica aperta e ci impedisce di giocare senza giocare, (K. Axelos) [6] visto che e’ aperto e insicuro e impone la dimissione rispetto a qualcosa che succede. Tuttavia tramite tutte le negazioni, sorge un’ affermazione. (La dimissione non è che il tutto per quel che si perde e la nuova nomenclatura il familiarizzarsi di uno sguardo nuovo oppure il riconoscimento della conoscenza secondo le teorie psicanalitiche e psicoterapeutiche) Così l’assoluta impasse senza uscita, il rischio esistenziale, l’insicurenza totale, l’esclusione multidimensionale, in una parola, il vuoto assoluto questa utopia della fisica ridotta da noi stessi ad una realta’ quotidiana, costtituisce una flida. Saremo all’ altezza simultaneamente alla corrente sotterranea che si muove all’ ombra nello spazio-tempo e all’ orizzonte degli orizzonti lontani che ci procura le sue luci, in fine questa è la scommessa dell’ uomo.[7]

Oggi le facoltà più profonde e piu’ sottili della psiche, quelle da cui dipende la conoscenza intuitiva che sola ci mette in rapporto con l’ essere, sono state distrute in gran parte da una cultura materialistica e tecnologica. Ma se la coscienza non guida la nostra emotiva, la nostra fantasia – tutto ciò che appartiene alla sfera di ciò che chiamiamo i’ irrazionale – queste facoltà degenerano, e degenerando si appropriano di noi in mondo nascosto e inosservato fino a sconvolgere la nostra vita. Ecco il ruolo della poesia. È quello di indicare l’ importanza dell’incoscienza in modo cosi particolare. Se il depressivo si deve rilassare, se l’ansioso deve dominarsi e l’inibito deve osare, la poesia può aiutare. Perché la poesia risponde alla corrente sotterranea che si muove all’ombra nello spazio e nel tempo, nelle situazioni e nei caratteri umani e all’ orizzonte degli orizzonti lontani che ci proccura la sua luci.

Il famoso ” dove’ era Es, deve diventare Io” di Freud, con la poesia diventa ”dove sono Io bisogna che emerga Es”. Questo non significa l’esaltazione di Breton dell’ Es come ” estremo rimedio”. Secondo poesia il mondo è ”un segno” (Goethe – Mefistofele, Rembaud, Mallarme ) il segno di cio’ che parla. La poesia sostiene che l’ altro parla mezzo di linguaggio. Lo stesso non dice con altre parole, anche S.Freud. ”L’inconsio non parla il linguaggio dell’Altro, ma parla molti dialetti, incomponibili e intraducibili in un linguaggio”. (Vede: S.Freud, Opere, Vol.VII, Ed. Boringhieri, Torino 1975, p.260. Anche qui possiamo vedere che cosa dice per l’analisi.” l’analisi non sarebbe dunque una pratica di trasformazione che, proprio spezzando il grande sasso della verita’ descrive le contraddizioni che questa componeva in una parola piena, totale, ma all’ opposto proprio la conferma della verita’ nella scoperta della parola dell’ inconsio.”)

Siamo davanti in una apertura culturale dove filosofia e poesia insieme (ricordate il pensiero presocratico che era un pensiero poetico-filosofico) dicono che l’ uomo puo’ cercare di imparare e di imparare di nuovo, riflettendo sulla vita e vivendo le nostre riflessioni.

Il gioco poetico-filosofico organizza , se possibile un pensiero interogativo che non sia ne’ scientifico, cioè funzionalità, né psicanalitico ossia narrativa e teoria delle proiezioni, ne’ micro-costruzioni sociologiche ossia ideologie prosaiche. La poesia ci dirà che la nostra epoca non ci appartiene , come una proprietà nostra , ma invece che siamo noi che apparteniamo ad essa come se fossimo suoi figli, in un’ apertura culturale. [8] Per questo dobbiamo essere aperti al fascino del tutto-nulla provando sia il tutto che il nulla.

[ 1] Abrams M. H., The Deconstructive Angel , Critical Inquiry 3 1977,p,425-438.
[2] J.Derrida, L’ Archeologie du frivole. Introduzione, in Essai sur l’ origine de la connaissance humaine, Paris, Galilee, 1973, p, 87.
[3] N. Abraham, L’ Ecorce et le noyau, Paris ,Aubier-Flammarion,1978, p.54.
[4] S. Kofman, Nietzsche et la metaphore,Paris, Payot,1972, p,67.
[5] J.Kristeva,Polylogue,Paris,Seuil,1977,p, 46.
[6] K. Axelos Systemattique ouverte, Paris, Editions de Minuit 1984, Problemes de l’ enjeu, Paris Ed. de Minuit 1979 , Le jeu du monde Paris, Ed. Minuit, 1969.
[7] Jean-Luc,Nancy, L’ Abosolu litteraire,Paris, Seuil,1978, p, 72.
[8] La poesia, natura e registra i sentimenti. Vede con altre parole l’ uomo come ‘possibile essere’, cioe,’ come lui esiste nella decentralizzazione, nell’ inizio dell’ incertezza, come volonta’ che non e’, per questo l’ uomo rimane un divenire aperto (ecco una nuova proposta con un significato analitico)

Apostolos Apostolou
Dr in Filosofia,

BIBLIOGRAFIA GENERALE
DE MAN PAUL, ALLEGORIES OF READING, YALE UNIVERSITY PRESS,1979
LACOUE-LABARTHE PHILIPPE- NANCY JEAN-LUC, LES FINS DE L’ HOMME: APRTIR DU TRAVAIL DE J. DERRIDA, PARIS GALILEE, 1981
TERRY EAGLETON, MARXISM AND LITERARY CRITICISM, LONDON METHUEN,1976.
TRILLING LIONEL, THE OPPOSING SELF, NEW YORK,VIKING,1955.

[in foto Ezra Pound a spasso nel bosco con la statua di James Joyce e Martin Heidegger a spasso nel bosco]

Sempre nuova è l’alba – IV ediz. 2009


SEMPRE NUOVA E’ L’ALBA IV ediz.
Libera notte di poesia

Venerdì 31 luglio ‘09
Ore 21.00
Scalinata della stazione
Noci (Ba)

semprenuovaelalba_2009

Nell’ambito della rassegna estiva “Nocincanta 2009”, organizzata dall’Amministrazione Comunale, anche quest’anno torna l’appuntamento con la Poesia. Ormai giunta alla sua quarta edizione la manifestazione “Sempre nuova è l’alba” diretta da Antonio Natile promette nuovamente di coinvolgere e stupire attraverso due personalità originalissime del panorama poetico nazionale e non solo: Maria Grazia Calandrone, poetessa e performer romana che conta numerosissime presenze su riviste letterarie tra cui Nuovi Argomenti, Gradiva, Sud, Le Fram e notevoli pubblicazioni, sua ultima fatica “ La macchina responsabile” Crocetti 2007 e Giovanna Marmo, attrice, poetessa ed artista figurativa napoletana autrice di “Fata morta” Emilio Mazzoli 2005 opera vincitrice del premio Antonio Delfini 2005 e del cd audio “Sex in Legoland” presentato alla BIG (Biennale Internazionale Giovani) nel 2002.

Altri autori presenti saranno Biagio Lieti, giovane poeta de “Le Battaglie i robusti no” del 2008 per Poiesis Edizioni e Luciano Provenzano autore di “Tempo liberato” , Pensionante de’ Saraceni , 1985 ).

Per concludere Irene Leo, autrice e performer di prossima pubblicazione il suo “Sudapest” Besa 2009, & Elisabetta Liguori autrice di “Il credito dell’imbianchino” Argo edizioni 2005.

Incursioni musicali a cura di Checco Curci.

[locandina ingrandita]

Le stranezze del buio. Su “Le commedie del buio” di Paolo Ferrante


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Sabato 18 Aprile alle 20.30, presenterò “Le commedie del buio”, di Paolo Ferrante, insieme all’autore presso il FondoVerri di Lecce, in Vico Santa Maria del Paradiso. Sarà l’occasione per porgli alcune domande e discutere di questa sua opera. Siete tutti invitati.

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Le stranezze del buio. Su “Le commedie del buio” di Paolo Ferrante

La prima opera in versi di Paolo Ferrante, dal titolo “Le commedie del buio“, è stata pubblicata circa un anno fa, per l’esattezza nel marzo del 2008. L’edizione esce per “Kipple Officina Libraria” (www.kipple.it), un associazione culturale futurologica che pubblica narrativa, saggistica e musica sperimentale, senza porre limite al genere di partenza, ovvero la science-fiction. La prima cosa che colpisce di questo testo, la prima ‘stranezza’, è la sua presentazione, infatti il formato è superiore nelle dimensioni a un foglio A4, cosa che secondo me impone al lettore una diversa ottica di ricezione del testo. È indubbio che la poesia, genere di espressione più alto e di difficile risoluzione per eccellenza, richieda il suo tempo. Io stesso non sarei qui a scrivere di un libro uscito più di un anno fa se non credessi nel fatto che spesso la poesia non si comprende solo perché non ci si affida ai ‘tempi’ che la poesia stessa richiede. Faccio un esempio. Chi abbia letto il poema pubblicato da Carmelo Bene nel 2000, “‘l mal de fiori“, non può non essere stato colpito dal formato scelto per l’impaginazione del libro (Bompiani, 2000). Un libro ‘grande’, un libro che reclama il leggio, un testo che già dalla sua posizione chiede al lettore un approccio differente, diverso da quello usa e getta, ai limiti del foglietto da bacio-perugina, cui la poesia spesso viene relegata. Procedere per ‘stranezze’ nella lettura del testo mi è utile perché un testo poetico, a mio parere, deve correre sul filo, conciliando la propria peculiarità e con la propria aderenza a un presupposto canone. Un’opera di poesia deve farsi portatrice della propria singolarità (il pensiero dell’autore, la lingua adottata, il linguaggio, etc.) senza perdere di vista l’appartenenza a una pluralità (il contesto, le altre opere di poesia, il modo di trattare determinati temi). Paolo Ferrante, nella prosa del testo introduttivo al volume, dichiara i presupposti teorici di questo suo “viaggio nel sé” sotto forma di poema. Nella lettura del testo l’approccio è misterico. Ci si rifa alla meditazione ascetica, al recupero della dimensione spirituale cui si può raggiungere con le tecniche meditative. Un varco si apre sull’oblio della mente, dal sonno all’ipnosi, fino a rendere tangibile il nucleo della nostra essenza. Un itinerario della mente verso l’uno che ci permette di scoprire l’Universale. Con un “ma” di rito. Che cosa succederebbe se nella nostra ricerca dell’universale condotta tramite la meditazione dovessimo scontrarci con i fatti del mondo materiale? La funzione di questo prologo è quella di favorire la sospensione del giudizio, creando nel lettore quello stato di credulità che si rende necessario per inquadrare l’opera e allo stesso tempo comprendere qual’è la rappresentazione/cornice entro cui inscrivere la lettura dei frammenti che compongono il poema, i quali altrimenti rischierebbero di risultare liriche disperse, per di più del genere più complicato da esprimere, quello dell’introspezione psicologica su sé. Lo sdoppiamento della persona (non della personalità) e il raggiungimento dello stato meditativo possono essere indotte dall’utilizzo di droghe. Qui si allude in eguale misura all’utilizzo di sostanze psicotrope e all’allontanamento dal sé che può prodursi, ad esempio, con l’autoipnosi.

Fatte queste premesse prima ancora di accostarsi alla lettura dei versi che compongono il poema è lecito pensare se la forma poetica non sia il pretesto per il racconto di un viaggio misterico. Ciò che importa dunque, oltre al verso, è indagare su quale sia il pensiero di questo poema, ancora prima del messaggio che vuole essere trasmesso. Da un lato c’è il nostro corpo che viene vissuto come una corazza che imprigiona uno spirito. Allo stesso tempo il corpo si fa medium, riuscendo quindi a captare i segnali del cosmo. Un universo di messaggi che ci rende partecipi della nostra partecipazione a qualche cosa di trascendentale che non viene vissuto né come “più grande”, né tanto meno come “sconosciuto”. Ciò cui si assiste è una ripresentazione del “sentimento panico della natura”, scomposto fino alla radice e senza le stratificazioni storiche (vedi D’Annunzio) della poesia novecentesca, malgrado poi l’utilizzo di certi termini si faccia evocatore delle stesse atmosfere, con inedite, moderne contaminazioni “L’alba tacque/in digiuno,/mani d’alabastro/e d’ozono/mi sorressero,/l’etere fu/il mio cuore,/e non pensai più/d’essere degno/del tuo nome,/basta,/te ne prego/sono sordo ti te”. Paolo Ferrante fa una scelta vigile, imponendo al suo versificare un tempo breve, netto, senza ridondanze. Ciò che ne risulta è un invito a concentrare la nostra attenzione sulla componente narrativa dell’opera, frammento dopo frammento, insieme all’evoluzione del pensiero che l’autore intende trasmettere. Ci si accorge quindi che il “buio” cui si fa riferimento è un buio misterico, una dimensione che forse rappresenta il timore di sperimentare la perdita del proprio ruolo di essere vivente calato nel macrocosmo. I versi si fanno allora portatrici di un’ansia del distacco e allo stesso tempo di un desiderio di recupero: “Farò ritorno/alla casa/dove sono nato;/le ali d’etere/offriranno strada,/nel cielo caligino,/e mi riposerò/una sera di pace/vicino/alle magnolie,/dove il cespuglio/e l’aroma,/il flauto stonato/mi daranno vitto”. Il viaggio del poeta, dall’universo, si chiude con il ritorno in sé.

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Nato il 7 novembre del 1984 in provincia di Lecce, Paolo Ferrante esordisce come poeta nel marzo 2006 pubblicando online la raccolta di poesie Gerogrammi sulla rivista musicaos.it. Dal gennaio 2007 è membro dell’associazione culturale “C-Arte” con la quale opera realizzando reading poetici e performance artistiche. Su internet è conosciuto con lo pseudonimo di Evertrip, ed è webmaster all’indirizzo www.evertrip.tk, nel quale sono raccolti i blog di musica e poesia.

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Le commedie del buio, Paolo Ferrante, Kipple Officina Libraria, fuori (collana) 2, marzo 2008, ISBN 9788895414089

Il ritorno de “l’incantiere”, lunedì 30 Marzo a Lecce.


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Ritorna “l’incantiere”, la storica rivista di poesia curata dal “Laboratorio di poesia” di Lecce, diretta da Walter Vergallo e redatta con il supporto infaticabile di Arrigo Colombo, Gino Pisanò, Fernando Cezzi. “L’incantiere” è stato uno dei momenti di incontro di coloro che fanno e apprezzano la poesia. Memorabili alcuni numeri monografici, come quello su Dario Bellezza.

Questo numero è dedicato a Carmelo Bene. Il numero si apre con una poesia del Maestro. Segue un saggio di Walter Vergallo, intitolato Per Carmelo Bene: l’ego, il tu, l’oggetto (-natura); il tempo; il manque. E’ la volta poi di un ricordo di Piergiorgio Giacchè, intitolato significativamente “Perdere un amico”; per concludere poi la sezione critica della rivista con un intervento di Luigi A. Santoro, dal titolo “Ricordo”. Completano questo numero due interventi poetici, “Sul tema della donna pensosa” di Arrigo Colombo e “nel viaggio: segno voce significazione simbolo”, di Walter Vergallo. Il numero è impreziosito dalle fotografie di Anna Maria Contenti.

La rivista verrà presentata con uno spettacolo di poesia Lunedì 30 Marzo, alle ore 19.30, presso la Sala Conferenze del Castello Carlo V.

Cliccando sull’immagine qui sotto potete leggere la prima pagina, contenente gli indirizzi per richiederne una copia o per effettuare un abbonamento della rivista.

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Mal di Primavera


Finalmente la Primavera, tra gli altri giorno dedicato alla Poesia, quella con la P maiuscola. I più si attrezzeranno, come al solito, citando la poesia di Alda Merini “sono nata il 21 a primavera“. Auguri a Alda, la più grande. Per tutti gli altri l’appuntamento è qui per le  RarefAZIONI futuriste. Riuscirà la poesia a farci dimenticare ciò che ci circonda? Oppure: riuscirà la Poesia a farci ricordare, verso dopo verso, tutto ciò che ci circonda?

Premio Turoldo 2008. Bando.


Premio David Maria Turoldo
6° edizione – anno 2008

‘Associazione Poiein, con il Patrocinio del Comune di Piateda (So), al fine di favorire lo sviluppo della cultura sulla rete Internet e per suoi scopi di solidarietà sociale, indice un concorso di poesia a tema libero, con le modalità esposte nei punti riportati di seguito.

1.  E’ indetta la sesta edizione del premio di poesia “David Maria Turoldo“, aperta ad artisti di ogni nazionalità e di ogni lingua, purché i testi in lingua straniera o in dialetto, siano accompagnati da traduzione (letterale o poetica).
2. Gli iscritti partecipano con tre testi mai pubblicati prima del 01 gennaio 2008.
Ogni singola composizione non deve superare i 50 versi (vedi nota).
Delle opere già pubblicate in volume o raccolte, sarà espressamente indicata la bibliografia (il volume, la rivista, il quotidiano, i siti Internet sui quali è apparsa).  I vincitori delle precedenti edizioni sono esclusi dalla partecipazione al concorso per i 5 anni successivi, ma possono presentare testi fuori concorso, editi o inediti.
Su specifica richiesta inoltrataci nelle scorse edizioni, l’organizzazione del premio accetta iscrizioni, inoltrate da parenti, di poeti deceduti dopo il 1. gennaio 2002.

Non si accettano opere firmate con pseudonimo o “nome d’arte”, ma soltanto con nome e cognome anagrafici.

La segreteria del premio, in considerazione anche della statura morale e spirituale del poeta al quale il concorso è intitolato, non accetta testi che siano lesivi della dignità personale, delle convinzioni filosofiche, politiche, religiose di chicchessia, della dignità del corpo umano e degli animali (Pulp, porno-erotismi ed espressioni di disprezzo e/o squalifica del corpo).

3.   Ai partecipanti è chiesto, a titolo di donazione, un importo in denaro oscillante da un minimo di € 16 a un massimo a discrezione, in considerazione delle finalità dell’iniziativa.

Tale contributo infatti, dedotti i premi in palio, è destinato allo sviluppo di attività educative e formative nei Paesi poveri, nella convinzione che lo sviluppo dell’istruzione e della cultura è direttamente connessa alla libertà della persona e alla sua auto-realizzazione. Il contributo non è richiesto ai membri dell’Associazione.

L’importo può essere:

a)  versato sul CC. bancario 000035650, Banca Popolare di Sondrio, ABI 05696 CAB 11000CIN “P”, intestato all’Associazione, (IBAN IT27 P056 9611 000)

b)  inviato tramite vaglia postale o assegno bancario non trasferibile a: Associazione Poiein, Via Bonfadini, 38 – 23100 – Sondrio,

c)  in ogni caso indicando nella causale di versamento o nello scritto per posta, la dicitura “partecipazione al Premio Turoldo – 6° edizione”.

4.   Le opere dovranno pervenire, entro il 31 gennaio 2009 in unica copia, a uno dei seguenti indirizzi  (a comodità del partecipante):

–   Indirizzo di posta elettronica  turoldo@poiein.it (come allegato Word o RTF)

–   Associazione Poiein, Via Bonfadini, 38 – 23100 – Sondrio  (con la copia su CD o Floppy Disk);

Si raccomanda vivamente di inviare i testi, se possibile, per posta elettronica o su supporto magnetico in caso di invio postale.  Tale modalità si rende necessaria per evitare possibili errori nella trascrizione dei testi da formato cartaceo a formato elettronico.

L’iscrizione diverrà effettiva all’accertamento del versamento bancario o al ricevimento del vaglia o dell’assegno di cui al punto 3).

Le opere saranno pubblicate per intero sul sito Internet,  www.poiein.it in apposita sezione, man mano che perverranno all’Associazione.   L’atto della pubblicazione equivale all’attestazione che l’autore è iscritto al concorso.  Le opere pubblicate rimarranno di proprietà dell’autore ma faranno parte del sito www.poiein.it sino a che esisterà l’archivio in rete Internet.

5   L’autore dovrà indicare nella lettera di invio o sul messaggio di posta elettronica:

a) cognome e nome, b)  indirizzo completo, c)  numero di telefono, d)  indirizzo di posta elettronica  (se posseduto), f)  breve curricolo  (circa 10 righe), compilando con precisione la scheda allegata al presente bando e allegandola al file contenente le poesie.

6.   Premi – Al primo classificato sarà corrisposto un premio che ammonta a € 1.000.

Un premio speciale, eventualmente cumulabile con il precedente, che ammonterà a € 400, sarà corrisposto all’autore che alla data del 31 dicembre 2007 non avrà ancora compiuto i 25 anni di età e che si sarà meglio classificato fra i partecipanti under 25.

L’organizzazione del premio si riserva di aumentare tali importi o di aggiungere un ulteriore premio ai due in palio, in vista di sponsorizzazioni e patrocini.

I titoli di premiazione di cui al punto precedente possono, a discrezione della giuria,  non essere attribuiti, ma in ogni caso vengono attribuiti gli importi corrispettivi in danaro agli autori che hanno un miglior punteggio nella valutazione della giuria.

7.   La Giuria del premio è composta da poeti e critici il cui nome sarà reso noto appena possibile sulla bacheca elettronica della presente edizione.  La segreteria organizzativa del premio è affidata a Gianmario Lucini.

La proclamazione del vincitore spetta al Presidente della giuria.  Il verdetto della giuria è insindacabile.  Ad ogni partecipante saranno inviate, tramite posta elettronica, la graduatoria finale e le motivazioni della giuria.

I nomi dei vincitori saranno resi noti con comunicato della Giuria in occasione dell’aggiornamento del del sito ai primi di marzo 2008.  I vincitori saranno avvisati per posta elettronica e per telefono.

La cerimonia di premiazione si terrà nel mese di febbraio presso il Centro Multimediale del Comune di Piateda (So), in data che verrà comunicata e con programma che verrà stabilito e pubblicato nella bacheca del concorso.  Gli autori premiati dovranno parteciparvi, pena l’annullamento dell’assegnazione del premio e/o del corrispettivo in danaro, tranne gravi motivi e a discrezione della giuria.

8. Ogni lettore che naviga sul sito, potrà esprimere un giudizio sui testi, con un messaggio che deve essere FIRMATO e inviato all’indirizzo turoldo@poiein.it (specificando ovviamente il nome dell’autore al quale si riferisce la critica inviata).

Non vengono presi in considerazioni giudizi non supportati da argomentazioni (si chiede espressamente di argomentare il “perché” un’opera sia apprezzata o non apprezzata).

9.   Per ogni aspetto formale non espressamente regolamentato, si fa riferimento alle decisioni della giuria, la quale le comunicherà sulla bacheca elettronica del concorso.

Per ulteriori informazioni:

a)   La bacheca del concorso

b)   Gianmario Lucini (0342.200.547 – 338.17.31.774 – gianmario@poiein.it

(preferisce l’uso della posta elettronica)

______________________________

Fac-simile della scheda di partecipazione

(copiare, completare e incollare nel corpo del messaggio con l’invio delle opere, sostituendo gli spazi sottolineati con le informazioni richieste)

[Cognome e nome] ____________________________________________________________

[Indirizzo (residenza, CAP, Città)] ________________________________________________

[Data di nascita] __/__/____  [Telefono] _________________  [Cell.] ___________________

[Posta elettronica] ____________@______________

Breve curriculum

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________

Versamento del contributo di € ___,00 tramite: CC bancario,   Assegno non trasferibile,   Posta, Altro (specificare) – [(cancellare le voci non pertinenti)]
La Segreteria, in ottemperanza alle disposizione di Legge, non divulgherà i dati personali se non ai fini dell’allestimento della pagina personale su Internet: nome, cognome, città di residenza, accenno generico alla professione (come nelle precedenti edizioni).  Le informazioni sul curriculum verranno impiegate solo per meglio documentare la presentazione delle opere in graduatoria finale.

Poesie nel cassetto. Edizione 2008.


Musicaos.it riprende le sue pubblicazioni dopo la pausa estiva. Approfittiamo di ciò per segnalare  con piacere un’iniziativa, “Poesie nel cassetto”, che negli ultimi anni sta riscontrando una buona crescita dal punto di vista dell’organizzazione e della qualità dei lavori, la cui selezione è affidata a una giuria di esperti presieduta dal poeta e insegnante Ivan Fedeli. Potete scaricare il bando completo in formato PDF cliccando sull’immagine.

in te dormiva…


4.

in te dormiva come un fibroma asciutto, come una magra tenia, un sogno;
ora pesta la ghiaia, ora scuote la propria ombra; ora stride,
deglutisce, orina, avendo atteso da sempre il gusto
della camomilla, la temperatura della lepre, il rumore della grandine,
la forma del tetto, il colore della paglia:
senza rimedio il tempo
si è rivolto verso i suoi giorni; la terra offre immagini confuse;
saprà riconoscere la capra, il contadino, il cannone?
non queste forbici veramente sperava, non questa pera,
quando tremava in quel tuo sacco di membrane opache.

Edoardo Sanguineti,
da Erotopaegnia, XVII poesie, 1956-1959

Il Salento (è) dei Poeti.


Associazione culturale Fondo Verri
Città di Lecce, Assessorato alla cultura e allo spettacolo
Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce
Amministrazione Comunale di Minervino



Lecce
Mediterranea – Estate 2008
giovedì 17 luglio
ore 21.15
Teatro Romano

Minervino di Lecce
domenica 20 luglio
ore 21,15
Piazza Umberto I

Qui, se mai verrai…
Il Salento dei Poeti
un concerto-recital dedicato al Salento e ai suoi poeti

Qui se mai verrai…” – un verso di Vittore Fiore, un invito ed un auspicio per i viaggiatori -è il concerto-recital che il Fondo Verri dedica al Salento e alle voci dei suoi poeti.

Le date del debutto, una a Lecce, scena di molti versi e di tanto poetare, giovedì 17 luglio alle ore 21.15 sul palcoscenico del Teatro Romano – per la stagione 2008 della rassegna dell’Assessorato alla cultura e allo spettacolo della Citta di Lecce, Mediterranea – e l’altra a Sud, a Minervino, sulla strada che ci avvicina a Finibusterrae, domenica 20 luglio alle ore 21,15, in Piazza Umberto I con il patrocinio e il sostegno dell’Amministrazione Comunale di Minervino e dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce.

Qui se mai verrai…” è anche un Cd ed un libro (in vendita a 10€ con QuiSalento), la proposta di un itinerario, di una visita che guarda il territorio cercando nei luoghi il riverbero della poesia: un audioguida poetica, nata dall’incontro di Piero Rapanà, Simone Giorgino, Angela De Gaetano e gli Adria di Claudio Prima, Maria Mazzotta, Redi Hasa, Emanuele Coluccia, Ovidio Venturoso.

L’opera, introdotta da Antonio Errico, è composta di due sezioni. Una ampiamente rivolta al capoluogo Lecce e l’altra al Salento con versi dedicati ad Acaya, a Roca, a Martano, a Otranto, a Castro, a Poggiardo, a Palmariggi, a Vitigliano, a Cocumola, a Porto Badisco, a S. Maria di Leuca e a Gallipoli. I poeti che costruiscono con i loro versi l’itinerario sono: Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Ercole Ugo D’Andrea, Rina Durante, Vittore Fiore, Vittorio Pagano, Claudia Ruggeri, Salvatore Toma, Antonio Verri.

La conferenza stampa di presentazione si terrà martedì 15 luglio alle ore 11,30 presso il Fondo Verri, in via Santa Maria del Paradiso 8, Lecce

La musica e la poesia di Vincenzo Mastropirro


Luciano Pagano
La musica e la poesia di Vincenzo Mastropirro

Vincenzo Mastropirro è nato nel 1960, a Ruvo di Puglia, attualmente vive a Bitonto. Musicista e poeta, la sua passione per la poesia si unisce alla sapienza posseduta nel fare incontrare alle parole i suoni, con la composizione di musiche interessantissime. Ha collaborato con Paolo Fresu & Alborada String Quartet e per il duo Sakis Papadimitriou e Giorgia Sylleou. Il tema dello “Stabat Mater” è uno dei topoi che acquisiamo dalle celebrazioni della Pasqua, “Mater Dolorosa. Stabat in nove quadri su laudi dialettali pugliesi” è il titolo di un’opera musicale scritta da Vincenzo Mastropirro e suonata dal Mastropirro Ermitage Ensemble. Seguire le musiche originali composte dal musicista di Ruvo di Puglia fa ripercorrere la vicenda umana che si lega alla passione e alla sua riproposizione rituale, in quest’opera avviene un percorso analogo a quello operato da Fabrizio De Andrè ne “La Buona Novella” (1970), dove la tematica religiosa classica si cala in sonorità che già dal primo impatto evocano le metropoli di oggi, dove il canto lirico ‘alto’ in dialetto si mescola agli assoli di chitarra elettrica (Figlio mie). Mastropirro, compositore, flautista, si autodefinisce non a caso, “personalità eclettica”; non nuovo a questo tipo di operazioni, nelle quali l’intento principe è quello di legare a filo la cultura popolare e contadina, contemporanea e passata, fino a quella sofisticata delle atmosfere classiche, con contaminazioni rock e progressive. “Songs” è il titolo di un suo lavoro nel quale partecipano come ospiti Patrizia Nasini, Gianni Coscia, Roberto Ottaviano e, anche lui poeta e musicista di prima categoria, Vittorino Curci; sono proprio le poesie di quest’ultimo (da “La stanchezza della specie”, Vittorino Curci, Lietocolle), a incontrarsi con la musica di Mastropirro, che in “Mater Dolorosa” affida la narrazione alle laudi dialettali. Un lavoro, “Songs”, che tocca le corde della sensibilità e che la stessa Giovanna Marini ha definito un “lavoro di alto livello”, un viaggio sonoro e poetico, ‘artisticamente onesto’. In ‘Songs’ si passa da una partenza sonora che unisce alle acquisizioni della ricerca di musica classica contemporanea la dolcezza della voce della Nasini. Le melodie affidate ai fiati creano una dimensione di attesa continua per ciò che verrà suonato, tipica di un’improvvisazione che ricorda l’atmosfera del jazz ma anche quella del tango. A ciò si aggiunge il passaggi tra gli stili, possibile anche grazie al virtuosismo dei vari ensemblers. Entrambe le opere composte da Mastropirro “Songs” e “Mater Dolorosa” sono incisi per la Essemmegi di Bari. Del 2007 è invece la sua prima opera in versi, intitolata “Nudosceno” (Lietocolle). I versi di Mastropirro si fanno portatori di una dimensione in cui la corporalità assume un ruolo centrale, con il ricorso frequente a immagini in cui l’ineluttabilità del tempo fa da sfondo alle vicende umane. Versi osceni, come ricorda il titolo, in cui l’oscenità è data più dallo squallore insito nella rappresentazione dell’esistenza, piuttosto che dalla vita stessa, dove l’amore si riduce a un esercizio ginnastico e la vecchiaia incede mutando il nostro corpo, lasciandoci l’unica certezza, nel percorso, delle due estremità, vita e morte. “Trasloco i miei ricordi con pazienza certosina/li avvolgo nel tessuto felpato senza far rumore/nessuno potrà godere la fragranza dell’amore appena sfornato/nelle ore passate i rintocchi delle campane erano assordanti/ora vanno protetti”. In questi versi c’è cinismo, autodissoluzione, forte critica nei confronti dell’ipocrisia, le poesie di Vincenzo Mastropirro possono in tal senso essere definite ‘immorali’, perché ogni suo componimento trova le parole per mettere a nudo e dare in pasto all’oblio i concetti cui siamo più affezionati, la pace, l’amore, il sesso, la bontà, perfino il mare, con il suo solito via vai; un processo che può essere portato alle sue conseguenze soltanto dalla poesia.

P come Poesia (2) – aggiornamento


sempre a proposito di “Sempre nuova è l’alba” (vedi il post precedente), aggiungo i link al blog ufficiale della manifestazione, per chi fosse interessato: http://semprenuovaelalba.splinder.com/ lì trovate anche l’indirizzo email (oltre che nel commento di Antonio Natile al post precedente). Mentre per quanto riguarda la poesia vi segnalo questa video poesia di Luigi Milani, visionabile sul Tubo, a cura di Scheletri.com.

P come Poesia


“Sempre nuova è l’alba”
(libera notte di poesia)
direttore artistico
Antonio Natile

Venerdì 1 Agosto
Noci – Scalinata della Stazione
dalle ore 21.00

Sono lieto di pubblicizzare dalle pagine del mio blog questa iniziativa curata da Antonio Natile, che con energia infaticabile promuove la poesia. Ogni anno a questa ‘libera notte di poesia’ hanno preso parte alcuni dei poeti più interessanti, non soltanto pugliesi, non soltanto già affermati, anche perché si da ampio spazio agli esordienti e alle sperimentazioni. Un’occasione da non perdere soprattutto per chi desidera leggere i propri versi, senza alcuna preclusione di sorta, in quel di Noci. La platea, ve lo assicuro, è calorosa. Tanto è che la differenza tra il pubblico di Noci e quello delle platee che spesso affollano i reading è presto detta: lì il pubblico è interessato, accorato, partecipe e molto spesso interveniente, anche perché non è composto dai soli ‘addetti ai lavori’. Per farla breve Natile (con l’aiuto di valenti collaboratori e di un’associazione) riesce in quel di Noci, a far vivere il corpo della poesia.

Un topolino mio padre comprò


Mercato rionale. Senza parole.
Tra i banchi affollati vago
In cerca della Grande Occasione.

Giulio Perrone. Un'antologia per raccontare la vostra PUGLIA.


Accogliamo e diffondiamo l’invito di Vincenzo Mastropirro, musicista e poeta, curatore di un’antologia che uscirà per Giulio Perrone Editore, rilanciando a tutti i lettori del nostro sito l’invito di partecipazione.

Nuovo appuntamento poetico, con il progetto Italie dedicato ad una splendida regione ricca di storia e di bellezze naturali come la Puglia a cura di Vincenzo Mastropirro

PUGLIA ovvero Gargano Murgia Salento per una rete di incontri, di vite e di storie che s’intrecciano, di fili che s’annodano in grandi e piccoli luoghi, con la flemma meridionale dove il sole c’è sempre e l’aria è frizzante. Questo succede soprattutto se viviamo in una grande regione. Una regione in movimento, un luogo intriso di luce, odori e sapori unici. Dietro le città che conosciamo, dietro i posti che percorriamo ogni giorno, si nascondono altre piccole realtà che spesso ci sono rimaste estranee. Scovatele con le vostre parole, scavate nel vostro immaginario.

Per partecipare è sufficiente inviare una poesia (in lingua o in dialetto) o un racconto di massimo 3 cartelle (ogni cartella 1800 caratteri) in un unico file word che contenga anche tutti i propri dati personali (nome, cognome, indirizzo, telefono, email) a mastropirro@libero.it

Ad Istanbul, tra pubbliche intimità. Enrico Pietrangeli


Alessandro Maria Carlini
su “Ad Istanbul, tra pubbliche intimità.” di Enrico Pietrangeli

Dalla diffusione del geniale epigramma “M’illumino di provvisorio” Enrico Pietrangeli potrebbe conseguire la fortuna letteraria che merita. Indovino un’intera generazione di precari pronta ad appropriarsene. E dello splendido ricordo di un anziano Ungaretti orco del carosello, in molti desidererebbero certo disporre in prima persona, e averlo potuto condividere. Un poeta è anche un conservatore di esperienze mancate da altri: per distrazione, assopimento precoce, o futilità nelle ossessioni.Pietrangeli è una specie d’apocrifo scapigliato. La contiguità di vincoli affettivi, orgasmo, riposo, morte, lo sgomenta, e come dargli torto? Un poeta è anche un nostro troppo simile. Pietrangeli, al pari di Ungaretti, patrono designato della raccolta, ci sa davvero fare con le città in quanto soggetti poetici. Con Roma e Istanbul, perviene a un rapporto vertiginoso di mutua esplorazione in cui forma urbis e forma mentis si conglomerano. La sua personalità letteraria ha qualcosa dello stratificato disordine delle due capitali dell’impero romano. Musicologo per vocazione, Pietrangeli è un poeta rock: non nelle pose, ma perché dalla musica popolare americana ha assorbito quel desiderio incessante e vitale di un altrove. Le varianti circolari e numerabili all’infinito del suo salmo sufi Re Mix, mi è venuta voglia di intonarle: non mi ha trattenuto la prossimità di estranei. Mi convince meno il Pietrangeli d’occasione, del suo Undici Settembre, ad esempio, o il neo futurista che sperimenta l’HTML come infrastruttura sintattico-semantica. Atteggiamenti che stridono col suo peculiare intimismo, il suo alchemico combinare estasi e sfinimento, orrore della morte e cupio dissolvi, esaltazione amorosa e sulfureo risentimento. Il Pietrangeli a nudo in pubbliche intimità nasconde habitus sottopelle. Taluni suoi passaggi possono dapprima sembrare meri riempitivi, acquisendo invece rilievo tornandoci sopra. Sollecitano con amicale premura riletture. Il senso antico e seventies della strofa di cui dispone, distoglie dall’affaticarsi in ricerche genealogiche per restituirgli poeti-fratelli della sua generazione. Laddove altri giocano innocentemente con le parole, Pietrangeli mescola pericolosamente umori. Le sue poesie d’amore si direbbero scritte sul comodino in quei momenti di lucidità altrimenti inattingibile tra il prodigio organico dell’orgasmo e il baratro atavico del sonno. Ci sono sillogi poetiche adatte alla vigilia di una battaglia; raccolte adatte al frammentato otium metropolitano; volumi atti a lenire le disillusioni con i loro poetri [mantengo il lapsus di digitazione] catartici; raccolte da tenere a portata di mano in libreria come un farmaco antisintomatico nel cassetto; altre -ancora- compilate per accompagnarci a lungo nella decomposizione. Ad Istanbul tra pubbliche intimità mi appare indicata per ciascuno di questi usi.

Ad Istanbul, tra pubbliche intimità, Enrico Pietrangeli,
Edizioni Il Foglio – 2007 – 10€

IL VOLO DEL CALABRONE. Un progetto di poesia performativa


IL VOLO DEL CALABRONE. Un progetto di poesia performativa
(postfazione di Gabriele Frasca, a cura de “Gli Ammutinati”, Battello stampatore)



È appena uscito

Il volo del calabrone. Un progetto di poesia perfomativa

postfazione di Gabriele Frasca, a cura de “Gli Ammutinati”, Trieste, Battello stampatore, 2008, euro 10.

Testi di:

Dome Bulfaro, Silvia Cassioli, Matteo Danieli, Luigi Nacci, Adriano Padua, Luciano Pagano, Furio Pillan, Silvia Salvagnini, Christian Sinicco.

***

Dalla nota dei curatori:

[…]

Pubblicare l’ennesima antologia non è di certo un esercizio di sopravvivenza, né per chi l’ha scritta, né per chi la leggerà. Il motivo che ci ha spinto a pensarla e a realizzarla è un altro: ci è parso di individuare nella poesia degli ultimi anni due tendenze, se non dominanti perlomeno più aggreganti rispetto alle altre: da una parte un sostanziale arretramento della lingua poetica a bisbiglio prosastico, privo di ritmo, di musicalità; dall’altra parte invece un rinsaldarsi delle posizioni post-avanguardiste attorno a una lingua experimentum, la quale a volte si ri-metricizza rigorosamente, a volte si fa canto, a volte si struttura quasi a simulare il rap. Non stiamo affermando che questi siano i filoni maggioritari o più importanti, sosteniamo soltanto, basandoci sul dato empirico delle nostre esperienze, che a noi queste due linee sembrano oggi nell’atto di venir marcate con più forza, anche grazie a riviste, case editrici, siti internet, blog e festival che prediligono più dichiaratamente l’una rispetto all’altra. Postulata tale visione come base del nostro ragionamento, a noi sembra che manchi l’attenzione verso la linea o l’incrocio di linee che ricercano una zona mediana tra le due sopracitate: un limbo in cui la parola riesca a stare, come un equilibrista, in bilico tra ricerca di senso, costruzione di una visione del mondo e ricerca metrico-prosodica (anche in direzione di nuovi spazi metrici) senza che nessuna di tali tensioni si sacrifichi per far spazio all’altra. Consci della pericolosità del nostro dire, non ci azzardiamo avanti in disquisizioni teoriche che potrebbero ricordare la prosopopea di certi manifesti del passato. Qui non vi sono proclami. Ci siamo sforzati di immaginare quella zona mediana, dopodiché siamo andati alla ricerca di coetanei (nati dopo il 1970) che a nostro personale modo di vedere possano rientrare in quella zona, quindi abbiamo chiesto loro di spedirci dei testi che a loro modo di vedere potessero rientrare in quella zona, infine abbiamo selezionato i loro testi cercando di farli stare nel cuore di quella zona il più possibile. Et voilà: ecco – sarà un caso? – un gruppo di autori che sa anche performare i propri testi!

Il calabrone vola tenendo come rotta la linea che taglia in due parti uguali (ma non per forza superfici fatte solo di angoli retti) quella zona mediana. Il calabrone simboleggia la parola carica di senso e di vitalità che crepitando/risuonando tiene la rotta senza abbandonarla mai: un calo del battito vorrebbe dire caduta/morte, la mancanza di una meta verso la quale volare genererebbe titubanza, cioè temporeggiamento, cioè caduta/morte.

[…]

***

(sopra, particolare della copertina: disegno di Ugo Pierri)

Per info o acquisti, scrivere a:
ilvolodelcalabrone@gmail.com

Viaggio a Panafon


santacesarea.jpg

Maggio: mi manchino pure gli stupidi sciami
di riso mi manchi l’andare i passaggi di coste
nel fresco o non so che non so le mie mani
alla nuca mi siano spettabile tramonto
di fuochi gli eppure di sole
un bel mese può esistere sempre, ma non è maggio
se come maggio intendo
un po’ di fresco, quest’arietta e
quest’ombra industrioso silenzio, solare.
Mastico gli scogli e dico santo vespro.
Più me, più poesia, più dire celeste
sanato dispero. Più me, più puntate sul tavolo
giusto, maggio:
mensile come arridere sfortune arate
al maggese che attende una semina
sporca si spetra nell’ibrido niente di pasto
comando un innesto ed il seme violato
nel cuore di seme frantumo. Impudente. Incanutente.
Incespicante. Manifesto di un’ousia passata,
risolto in un tutto scimunito, comando picchiare.
Comando improperio del gusto,
defungersi è buono, defungersi è meglio che dire bestemmie
e può darsi che il meglio è difforme.
Ballavi nascosta celata e davanti restava
l’arietta gentile, un bel mare, gommoni
e per questi ascoltavi il tramonto di maggio:
ahi maggio, dicevi turismo bestiale…

da “Il volo del calabrone” (Nota introduttiva di Aldo Nove, Postfazione di Gabriele Frasca, a cura de “Gli Ammutinati”, con poesie di Dome Bulfaro, Silvia Cassioli, Matteo Danieli, Luigi Nacci, Adriano Padua, Luciano Pagano, Furio Pillan, Silvia Salvagnini, Christian Sinicco)

L’antologia “Il volo del calabrone” verrà presentata Giovedì 20 marzo alle ore 21.00 a Lissone, presso la Biblioteca Civica in Piazza IV Novembre, 2

Ibridamenti. Due poesie.


La nostra redazione ha scelto due delle poesie selezionate per il primo tema “Amore virtuale”, nell’ambito della rassegna proposta da Ibridamenti.

vetro

ci siamo conosciuti
on line
sulla linea di fuoco
tra il mondo di carta
e la carta del mondo
dalla geografia precaria
e gli amori di vetro…
che scalda ore e ore
l’aria chiusa di una stanza
e di aria possiamo gonfiare
fare
sogni di Murano
personaggi fragili
in specchi di Saint Gobain
sebbene viviamo
a Milano
io, tu lassù nel grano,
ma dopo due anni
di treni ombelicali
da quando abbiamo perso
la guerra
perso te
perso me,
guardo ancora la tua casa
col mio occhio di vetro
nell’universo
un gelido satellite
una foto aerea su questo vetro,
perdonami
più vicino di così
non potevo

di Malacconcio


LA PIOGGIA NEL PINETO VIRTUALE

(ciò che è realmente accaduto a D’annunzio)
Taci, Ermione, offri la tua bocca,
schiudi conchiglia, il capo lieve piega
al dolce sguardo, mano che ti prega.
Dimmi che fremi quando tocca l’elsa

il filo ardente, d’umido bagnato,
che questa pioggia, a goccia a goccia, schiude
le labbra, gl’occhi, ancor di voglia nude,
nera pantera dal sorriso ambrato.

Queste tue lacrime gettate piano,
or che l’orgasmo come lampo viene,
sono per me lo stupore lontano,

virtuale la carezza sul mio pene,
il soffio di piacere che s’invola,
il gocciolar dell’acqua che trattiene.

di Marco Pellegrini

potete trovare tutte le poesie e le informazioni sullo stato attuale dell’iniziativa a questo link

Nel cristallo un vino astrale


NEL CRISTALLO UN VINO ASTRALE
di Alessandro Canzian

Sono figlia del cielo e della terra, / Pura ed impura come tutti, forse.
(M. L. Spaziani)

Sono questi i primi e bellissimi versi di un lungo percorso che prima d’essere costruito è stato amato, bevuto ed imbevuto nell’entusiasmo d’un brindisi, d’una ricerca della poesia oltre ogni facile etichetta. Nel cristallo un vino astrale è il primo progetto editoriale di Whipart onlus e conclude un ciclo di articoli che hanno avuto come oggetto d’interesse, appunto, il vino. Dal vino nell’antichità come strumento di conoscenza al vino nei tempi moderni come strumento religioso da una parte e mezzo per evadere la realtà dall’altra. Poi il vino come approfondimento di una particolare corrente artistica primonovecentesca italiana: il futurismo. Per concludere con uno sguardo all’oggi che si è rivelato, nel sodalizio tutto poetico che rappresenta questa antologia, un polisemico osservare la vita stessa.
Dallo sconforto benzoniano de roso / dallo sconforto, dall’ebbrezza di / un giorno rivederti alla dolcezza spirituale di Conte La mia anima è sulle mie labbra: / la cerchereste altrove invano. […] Inumiditela prima di vino, / e che sia libera di andare. Dalla malinconica verità di Piersanti ho pianto con la faccia dentro i vini / ché ogni cosa il tempo trascolora alla preghiera quotidiana di Buffoni Il vino bianco in cucina serve sempre / Sia lodato Gesù Cristo / Sempre sia lodato. Il vino acquisisce man mano colori e sfumature differenti, è il rosso / è il bianco / è bere un colore / come Van Gogh che si attaccava / ai pennelli afferma emblematicamente Cavalli nel suo testo. Il vino è Amico e nemico non so, / compagno del passato, / antico pensiero trasognato dice parimenti Cucchi.
Il vino come un simbolo del quotidiano, e della condivisione. Questa raccolta con la scusa di parlare del vino, vuole, a suo modo, raccontare la vita afferma il presidente Guido Roberto Saponaro nella sua prefazione. E leggendo questi versi è difficile non pensare al vino come a un leggero e inebriante strumento di navigazione attraverso la vita, una barca di Caronte, forse, attraverso il male e le aspirazioni umane. è ormai sfiorito il tempo delle rose: / la vita sa di tappo / e -come il vino- è solo da buttare afferma Mancini. Ma Le poesie vanno lette ubriachi […] solo così si colgono i respiri / gli affanni affacciati / dalle ampolle dei versi dice Cipriano quasi componendo un manifesto poetico. Vino, vita, e poesia, un trittico ed un unicum che ha come filo conduttore la voglia di bere e di brindare alla vita, osservandola, gustandola e rendendola sostanza umana calda e comprensibile, amicale. Perché la vita, come afferma Astremo nei versi scelti a conclusione di questo percorso, è forse questa poesia che serve o non serve, / ma è necessaria, come sangue che pulsa.

NEL CRISTALLO UN VINO ASTRALE
http://www.whipart.it/e-book/nelcristallounvinoastrale.pdf

Autori presenti nell’antologia Nel cristallo un vino astrale

Maria Luisa Spaziani, Maurizio Cucchi, Giuseppe Conte, Ferruccio Benzoni, Antonella Anedda, Umberto Piersanti, Paolo Ruffilli, Franco Buffoni, Silvio Ramat, Gian Mario Villalta, Giorgio Bàrberi Squarotti, Ennio Cavalli, Roberto Pazzi, Roberto Deidier, Rosaria Lo Russo, Erminia Passannanti, Maria Pia Quintavalla, Alessandro Agostinelli, Antonio Spagnuolo, Arnold de Vos, Claudio Mancini, Tita Paternostro, Giuseppina Tundo Carrozzi, Feliciano Paoli, Maria Luisa Bigai, Domenico Cipriano, Claudia Ruggeri, Rossano Astremo.

E di nuovo verrai di niente vestita


“Avrei potuto deliziarvi col mio silenzio
Se soltanto mi aveste usato
La cortesia di tacere”

da “e di nuovo verrai di niente vestita”
Vito Antonio Conte

***
Sabato 23 febbraio 2008
, alle ore 19:00.
presso la Sala Consigliare del Comune di Lequile
in piazza San Vito, alla presenza del Sindaco, Dr. Fabio Lettere
e dell’Assessore alla Cultura, Avv. Antonio Filigrana

Mario Calcagnile  presenterà il libro “e di nuovo verrai di niente vestita” (Luca Pensa Editore, 2007) ultima raccolta di versi pubblicata da Vito Antonio Conte.

Le note del duo per chitarra e flauto di Patrizia Sambati e Stefania Palma armonizzeranno l’incontro.

***
Vito Antonio Conte vive a Lecce. Suoi versi sono presenti in antologie e scritture corali: Vignacastrisi Caffè Letterario (Officina d’arte di via S. Francesco, Vignacastrisi); Pace e libertà (Ed. La Comune, Roma); I Quaderni di “Athena” (Circolo Cittadino “Athena”, galatina); Dolmen (Ed. Vitruvio, Lecce); Majanu (Ed. Calcangeli, Magliano); Canto Blues alla Deriva (Besa Editrice), Il Sibilo Lungo (BigSur, Lecce). Ha pubblicato quattro raccolto di (liberi) versi: Blues delle 14:30, Polvere di sesso ed altre (brevi) storie, Liberando pensieri e stanchezza, Di immutati respiri, e un romanzo breve: L’improbabile vera storia di un uomo chiamato Luna, tutti per i tipi di Luca Pensa Editore.

“Psicofantaossessioni” di Faraòn Meteosès


Luciano Pagano
su “Psicofantaossessioni” Faraòn Meteosès

Nella sua introduzione scritta per questo libro di versi edito da Lietocolle, Claudio Comandini ci mette subito in guardia sull’ipocrisia e sulla falsa promessa di veridicità insite in tutte le introduzioni. Elucubrazioni autoevisceranti per mettersi in mostra o viatici che sollevano dalla lettura delle stesse poesie? Un discorso che in modo analogo si potrebbe fare con le poesie, i romanzi, in un’infinita rincorsa che come meta finale avrebbe un unico termine, l’onestà intellettuale. Il libro di Stefano Amorese (che in arte utilizza il proprio anagramma eufonico Faraon Meteoses) è un libro che raccoglie la produzione di un autore che come testimoniano i diversi video rintracciabili su Youtube, scrive pensando con attenzione all’oralità della propria produzione. Una caratteristica che potrebbe costituire allo stesso tempo una forza o un limite. Una forza perché la poesia, legata alla performatività del proprio autore, dona un’espressività del risultato che utilizzato con assiduità appaga degli sforzi, anche in termini di espressione. Un limite perché una volta viste, ascoltate e eseguite dal vivo, le poesie per conservare la stessa tenuta devono essere eccezionali. Come ad esempio lo sono quelle di Mariangela Gualtieri. Le assonanze e i rimandi vocali all’interno dei testi sono molti. I componimenti sottendono una vulcanica protervia compositiva, i più riusciti sono ottimi spartiti. Basta leggere poesie come “Verso il Bo”, “L’alternativa” o ancora “KM 1999” per accorgersi che dietro alle intenzioni di coinvolgere la poesia in tutti i sensi ci sia dell’altro. Anzitutto un forte sentimento di critica nei confronti della società delle convenzioni, non solo ritmiche, con le quali siamo abituati a confrontarci. Queste poesie aiutano a risvegliare i sensi del lettore dall’intorbidimento. Può la poesia una rivoluzione? Una materia così ostica eppure sempre capace di rinnovarsi nella sfrontatezza del sapersi proporre, può rivelarsi ancora in qualcosa di interessante, nuovo? Mi vengono in mente certi versi del pasoliniano “Trasumanar e organizzar”, così forti e prepotenti da cercare il bisogno dell’essere detti, malgrado così privi di musicalità, tutti senso e sensazione che non c’è mai abbastanza tempo per raccontarlo, il tempo. Stefano Amorese, poeta, musicista e performer riesce nell’intento di dare materia di canto a un tempo sfuggente, e lo fa senza sbavature “sulla spalla e la cervice del bombardiere/precipitato sulla puleggia/del tuo condilo occipitale, femminile cerniera/che chiude il solco del dente/del crotalo canilicolato, secreto digerente/di un veleno esfoliante/che picchietta la ghiandola,/sul pelo incarnato nel tuo segreto/placcato da squame nella tua formula incognita/di grado secondo”. Un dettato che è in cerca di una soluzione e che resta in armonia con il suono e con il senso dell’invettiva. Ha suoni e talento da vendere, Stefano Amorese, che malgrado la dichiarata latitanza di Virgilio, come dice in una poesia, possiede gli anticorpi per affrontare il mare magnum della poesia di un tempo post-avanguardista. Per lettori curiosi.

Psicofantaossessioni, Faraòn Meteosès
Lietocolle, 2007, €10