Il 13 e il 14 aprile gli italiani sono chiamati alle urne per esprimere il loro voto. Ci andrò anche io, come sempre. Nonostante i mille dubbi e tutte le incertezze le idee sembrano essere chiare. Chissà. Alcuni giornali internazionali tendono a descrivere il nostro paese come il paese della continua emergenza, della continua agitazione, della continua incertezza. Qualcosa sta accadendo. Imbarazzo nel G7, il mondo si impoverisce. Perfino il mondo ricco inizia a impoverire? Non ci produce abbastanza? Già. Finché si produce molto è facile non preoccuparsi di alcuni che non consumano. I problemi nascono quando il rallentamento cogli tutti un po’ impreparati. Austerità. Ci vuole questo? Dobbiamo mettere l’orologio indietro di dieci anni? Troppo tardi. Dobbiamo svecchiare la classe dirigente? Se non suonasse come uno slogan e divenisse realtà sarebbe forse una delle più belle. Realtà. Nella città dove trascorro più tempo, cioè Lecce, sento molti che si lamentano. Proprio stamattina quando sono andato a comperare il giornale un uomo, prima di me, stava incazzato nero, rivolto all’edicolante “Se vince ancora la Sinistra siamo rovinati! Altroché, guardate come ci hanno ridotto!”. Poi l’uomo fa per andarsene e mi pesta il piede. La sua pianta aderisce al mio piede per un buon sessanta percento, saranno stati si e no settantacinque chili. “Ma si guardi le spalle piuttosto!“. Per non parlare della lista di proscrizione dei 162 professori che gira in questi giorni nella cache di google, ripescata dai blogger, letta e spammata un po’ dovunque. Che tristezza. A certi cretini il passato non ha insegnato nulla. Se solo imparassero a guardarsi le spalle. Ennio Flaiano scriveva “I fascisti amano il calendario. Quando non sanno che cosa celebrare si sentono infelici. Una volta celebrarono persino il primo anniversario di un cinquantenario”.
Archivi giornalieri: 9 febbraio 2008
Il mondo salvato dai ragazzini difficili.
Luciano Pagano
Il mondo salvato dai ragazzini difficili
su “Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te” di Patrizia Caffiero.
Patrizia Caffiero, leccese di origine, vive e lavora in Emilia. Il suo “Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te” è uscito di recente da Miraviglia Editore (Reggio Emilia), l’autrice è presente nell’antologia “Quote rosa”, dell’editore Fernandel. Il testo è una via di mezzo tra un resoconto narrato e un diario. Se lo leggiamo come diario la vicenda è individuata tra il settembre del 2003 e il giugno del 2004, ma ciò costituirebbe la riduzione di un lavoro che è molto di più. Le storie raccontate in questo libro si collocano in una zona che potrebbe essere definita di “limbo”. Tanto per cominciare la loro protagonista è una maestra non di ruolo (educatrice non qualificata) che svolge le sue mansioni con bambini negli orari che precedono e che seguono le lezioni, alcuni dei bambini in questione sono bambini difficili. Già questo sarebbe sufficiente per spalancare le porte di riflessioni infinite, dalla condizione degli insegnanti, molto spesso costretti a fronteggiare situazioni al di sopra dei loro mezzi, dei modi e dei tempi che vengono forniti, specie se si pensa che l’età dei bambini con cui hanno a che fare è quella che segue di poco l’infanzia e ogni avvenimento viene in essa amplificato. I media parlano sempre più spesso del mondo dei bambini, purtroppo quando questo mondo è scosso da eventi gravi, solitamente prodotti dal mondo degli adulti. Di recente la fascia d’età dell’infanzia si è ancora più ristretta, sono all’ordine del giorno le notizie riguardanti gang di “bulletti” come vengono spesso definiti dai giornalisti televisivi. Il fatto è che si parla in questi eventi di ragazzi che hanno tra gli 11 e i 13 anni, il che fa molto pensare sulle condizioni dell’ambiente in cui questi ragazzi sono stati costretti a crescere. Le vicende di cui parliamo si sono svolte invece in istituti di istruzione elementare. È ovvio quindi che l’istituzione scolastica viene chiamata ad assumersi un ruolo, oltre che formatore e educatore, anche di salvaguardia della crescita del bambino. Lo sa bene Patrizia Caffiero, costretta a fare i conti e con i ragazzi e con i professori a volte risucchiati essi stessi nella precarietà del loro lavoro alla quale si accompagna una instabile situazione emotiva. Capita che gli insegnanti descritti in questo bel libro a volte dimentichino di stare svolgendo un ruolo importantissimo, dato che hanno a che fare con il futuro del nostro paese, per dare sfogo a ansie e frustrazioni. Allo stesso modo non mancano veri e propri esempi (questi si spera non frutto di finzione) di insegnanti più consapevoli dell’altro bambino che hanno di fronte. La protagonista del libro cerca di fare tutto il possibile per dimostrare che è possibile fare scuola in modo differente e con gli stessi strumenti di partenza, a partire dalle possibilità che la fantasia offre, ancora oggi, per il riscatto dei bambini, anche dopo che questi sono stati letteralmente ‘bollati’ dagli stessi insegnanti. “Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te” è un libro che a mio parere dovrebbero leggere tutti, non soltanto chi fa l’insegnante o chi ha dei figli, per un motivo semplice, il mondo dell’istruzione negli ultimi venti anni ha subito un cambiamento radicale, tra riforme del sistema formativo, cambiamenti che hanno anche investito il sistema della formazione dei futuri docenti. Chi crede che alla fine i bambini non siano il termine unico si sbaglia, dato che tutto in realtà è studiato per dare un’istruzione ‘superiore’. I bambini guardano il mondo in modo diverso dal nostro, filtrandolo grazie alle informazioni che abbiamo dato loro, e soprattutto con le informazioni che loro stessi hanno reperito se i maestri si sono dimostrati carenti. I bambini hanno il diritto di odiare e chiudersi in se stessi, e ciò diviene dimostrazione della nostra incapacità di comprenderli. Patrizia Caffiero ha uno sguardo attentissimo a cogliere le sfumature di un’età nella quale i bambini si affezionano facilmente e con la stessa facilità possono provare delusioni e sconforti. Questo libro è interessante anche perché cattura la dimensione della scuola come laboratorio delle differenze culturali per bambini che provengono da diversi paese e vivono mondi diversi l’uno dagli altri. Ne suggerisco la lettura perché questo testo ha la capacità di generare interrogativi, e questo già sarebbe un grande merito, a ciò si aggiunga che il libro è scritto con un’ottima cura per descrizioni e dialoghi, come in un documentario in presa diretta, insieme a racconti che ci forniscono il contesto di ciò che accade. Un testo che esula da un cliché cui ci vogliono abituare certe operazioni editoriali dove la scuola viene confusa spesso o solo con una palestra per piccoli umoristi e professori satireschi.